Nuovo tour a seguire il secondo disco solista di Benvegnù, ogni data che fa nella Capitale c’è sempre più pubblico della precedente, segno che la buona musica fa proseliti.
Roma, Circolo degli Artisti, 29/03/2008.
C’è una forte vitalità nelle canzoni e nelle esibizioni dal vivo di Paolo Benvegnù: non più esordiente ma ormai una realtà solida nel cantautorato italiano, quello più propenso alla scrittura per immagini, al riaffiorare dei sensi e di conseguenza il più distante dai proclami e dai recinti.
Oggi sembra aver trovato l’equilibrio perfetto con la band che lo accompagna in tour e con la quale ha inciso un ottimo disco, “Le Labbra”, dal quale sono estratti la maggioranza dei brani in scaletta. Sono versioni energiche, anche quando si tratta di ballate, e nonostante qualche problema tecnico (una corda che si spezza proprio durante il primo brano, La schiena), il gruppo è affiatato e riesce a trasmettere brividi a fior di pelle. Le canzoni nuove sono similari nell’arrangiamento alla loro controparte su cd, ricche di sfumature e con un gusto orientato al pop neopsichedelico. Si diceva della band: Guglielmo Ridolfo Gagliano (chitarra, violoncello), Luca Baldini (basso, tastiere), Igor Cardeti (chitarra), Andrea Franchi (batteria) cesellano trame sonore ideali per sorreggere i testi di Benvegnù, fra i più capaci a far combaciare le parole con i sentimenti.
In un ora e mezza di live c’è spazio per i brani del primo disco (tra cui una Suggestionabili quasi irriconoscibile ed una Cerchi nell’acqua cantata a gran voce dal pubblico), un paio di graditi ricordi degli Scisma (una giocosa Troppo poco intelligente ibridata nientemeno con Back in black degli Ac/Dc!) ed una cover di Modugno (Cosa sono le nuvole), ben due i bis a suggellare l’intensità che Benvegnù riesce ad instaurare con chi lo ascolta.
Ma sarebbe ingiusto non ricordare gli intermezzi di puro cabaret che il cantante (bresciano d’origine ma toscano d’adozione, diciamo apolide e facciamo prima!) è solito inventare per dare il giusto pezzo alla leggerezza, alla soavità del suo ironico modo di porsi.
Non stupitevi allora se, a fine concerto, si presenterà dicendo: “alla voce, Federico Zampaglione”! Per nostra fortuna, è molto più bravo e non gioca tiri mancini.
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