Intervenire artisticamente in uno spazio pubblico è modificarne le modalità socio-relazionali. Trasformare i luoghi (o non-luoghi) di passaggio e di svago in zone di dialogo e di riflessione sociale con azioni artistiche, crea quell’effetto sorpresa che ne rende la fruizione “un’avventura” (citando U. Eco). Non solo perchè i segni vengono proposti in maniera inconsueta, ma perchè cambia il rapporto tra luogo e pubblico e senso della sua frequentazione, che diventa esperienza di altro.
ARTINTERFERENZE A BARCELLONA
Intervenire artisticamente in uno spazio pubblico è modificarne le modalità socio-relazionali. Trasformare i luoghi (o non-luoghi) di passaggio e di svago in zone di dialogo e di riflessione sociale con azioni artistiche, crea quell’effetto sorpresa che ne rende la fruizione “un’avventura” (citando U. Eco). Non solo perchè i segni vengono proposti in maniera inconsueta, ma perchè cambia il rapporto tra luogo e pubblico e senso della sua frequentazione, che diventa esperienza di altro.
A Barcellona il rapporto tra cittadini e tessuto urbano è complicato dalla continua espansione e i problemi che ne conseguono (politica degli affitti, diffusa demolizione di edifici, tra cui l’eclatante vicenda del quartiere Poble Nou, dal quale i numerosissimi artisti che ivi avevano gli studi, sono stati letteralmente cacciati per dare spazio alla costruzione di lofts e palazzi ultra tecnologici). A ciò si affiancano la polemica tra arte urbana e politica di “tolleranza zero”, l’accentuato controllo sociale e le nuove legislazioni proibizioniste.
Proprio nella capitale catalana, ha avuto luogo nella scorsa estate il festival di arte pubblica “Interferencia”, che ha visto numerosi artisti intervenire in diverse zone del centro cittadino. Oltre alle installazioni, ci sono state varie conferenze sull’arte pubblica e il rapporto tra arte e società, per discutere sulla creatività che interviene nello spazio pubblico come operatrice di trasformazione sociale: l’intervento culturale si connota in questo modo come intervento politico.
A dire il vero, il festival ha proposto artisti che non hanno interagito con le problematiche peculiari della città, ma l’effetto di suddetta creazione di un differente relazionarsi con il luogo, è riuscito.
Appoggiarsi su un blocco di cemento in attesa degli amici a piazza Catalunya (una delle piazze principali della città), e poi scoprire di essere poggiati su blocchi, che creano la scritta “barricata”: interferenza n.1.
Passeggiare a piazza de la Mercè e scoprire, in alto come tettoia posta sulla piazza, un curioso assemblaggio di fili, abbastanza brutto se visto da lontano, ma che visto dal basso creava un effetto suggestivo e quasi poetico, una sorta di mappatura del cielo: interferenza n.2.
Si tratta di due degli interventi artistici (“Barricadas”, di Ramon Mateo e “Rasgo”, di Thomas Engelbert) che hanno interferito nella consueta fruizione dei luoghi barcellonesi, creando nel caso del primo uno spunto di riflessione, nel caso del secondo, di suggestione.
“Enredade”, l’intervento di Anita Serrano, prevedeva la possibilità di giocare a “twister” (quello di: “piede destro su cerchio rosso, mano sinistra su cerchio giallo”). Interferenza n.3: concettualmente povera, purtroppo, ma divertente ed efficace a livello interattivo.
Ironiche e pungenti, nonché affascinanti, le proiezioni Di Kamila Richter e Michael Bielicky sul palazzo della Caixa Madrid, in cui sagome in stile fumetto di aerei, macchine, teschi, teste di Bin-Laden e bombe, si affollavano e precipitavano sulla facciata del palazzo della banca madrilena (importante simbolo di potere economico). Armati di laptop, proiettore e loquace semplicità: interferenza n. 4.
Peccato aver perso la performance teatrale itinerante dei “La invenciò”, prevista nell’area portuale, ma cancellata il terzo giorno per evitare disordini in seguito allo sbarco di un’importante nave italiana, carica di bei marinaretti, impegnati in manovre di abbordaggio fanciulle straniere sulla Rambla.
A distrarre dalle attività turistiche, proprio dove termina la passeggiata della Rambla (il corso principale della città), uno schermo inserito in una sorta di abitazione effimera in miniatura, proponeva un video in cui una comunità di Playmobil (i Playmobil! Chi, della mia generazione, non li ricorda?), si indaffarava nella costruzione di un’abitazione in una terrazza condominiale. Successive foto ricordo dell’azione, precedevano la parte di video che mostrava persone “vere”, impegnate nella reale costruzione di una “abitazione dignitosa”, in una terrazza nella città di Siviglia. Progetto artistico irrealizzabile volto alla denuncia della situazione di crisi economico-abitativa, o rivoluzione nel campo di un serio problema sociale?
E’ così che ho scoperto il mondo di Santiago Cirugeda, architetto di Siviglia che considera la propria professione come azione, anche illegale, per trovare soluzioni a problemi reali, senza scendere a compromessi con istituzioni, politica, società costruttrici e immobiliari. Per costruire città, anche con strumenti non architettonici.
E la passeggiata nella via più turistica di Barcellona, si trasformava così, nella scoperta di soluzioni interessanti ai problemi legati al caro prezzi immobiliari. Costruiamo case nelle terrazze condominiali! Come afferma lo stesso Cirugeda, “ben più rischioso è compromettersi con un mutuo ipotecario!”
Come? Per avere una casa di 45 m2 con una spesa di 24.000 euro, bisogna affittare una terrazzo con il consenso dei vicini e subaffittare acqua e luce da uno di essi. In seguito, l’architetto indica dove comprare il materiale e fornisce indicazioni sul montaggio. Per costruire una sorta di casa da montare tipo sorpresa Kinder gigante: interferenza n. 5.
E’ un progetto molto interessante, ironico e socialmente forte, che pone di fronte a problemi importanti con leggerezza e soluzioni paradossali, ma concrete nello stesso tempo. O, almeno, finchè qualcuno non denuncia per abusivismo.
Continuando il mio percorso in bicicletta attraverso il centro di Barcellona, con la mappa del festival in mano, delusa dalla cancellazione di alcune performances durante il terzo ed ultimo giorno, mi sono fermata a guardare il video di Antoni Muntadas. Proiettato in un piccolo cinema all’aperto allestito per l’occasione in una piazzetta del quartiere Born, mostrava immagini che non riuscivano a lasciarti indifferente. “Fear/Miedo” è un video in cui una serie di persone americane e messicane abitanti nei pressi della frontiera Messico-USA, vengono intervistate sul concetto di paura (fear). Il video fa capire come per entrambe le parti in causa, la paura sia un’emozione indotta, una costruzione socio-culturale, ordita da ragioni politiche ed economiche. Viene spontaneo pensare a quanto ciò si estenda ad un ambito sociale ben più vasto e alla politica di controllo sociale, operato soprattutto attraverso i media, ma anche a livello culturale istituzionale. Tutto il lavoro di Muntadas si basa sull’indagine sui canali di informazione e diffusione di idee e sull’interazione tra ambito pubblico e privato. Interferenza n. 6: paurosamente rivelatoria.
L’unico intervento di pittura murale, o meglio, graffiti, è stato operato da Matteo Lara, scelta che dimostra la poca conoscenza degli organizzatori del festival, di ciò che è avvenuto sui muri di Barcellona durante gli ultimi anni. Può la bravura tecnica dell’artista (perché tecnicamente Lara è bravo), costituire una ragione sufficiente per giustificare tale mancanza?
In una città un tempo meta del graffitismo mondiale esibito su muri legali in pieno centro, ora perseguitato e pesantemente multato, tale intervento sembra una presa in giro di quegli artisti, tra cui molti davvero bravi, che continuano imperterriti a colorare muri di palazzi in rovina ed edifici abbandonati, o quei pochi spazi grigi che di notte sfuggono agli occhi vigili del controllo urbano.
Spero ogni mattina, quando faccio colazione sul terrazzino del mio appartamento barcellonese, di vedere qualcuno impegnato nella costruzione di un’abitazione sul terrazzo del proprio palazzo. Non è ancora successo.
Nel frattempo quasi quasi contatto io l’architetto “ribelle” e magari cerco una terrazza con vista mare.
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