Rogelio Lòpez Cuenca. Ultimi interventi nella sfera pubblica
Il 3 marzo 2006, presso Istituto Cervantes di Roma si è svolta la conferenza di Rogelio Lòpez Cuenca, organizzata nell’ambito del Seminario ROMA 77 della Fondazione Baruchello, a cura di Carla Subrizi e Anna Cestelli Guidi.
Il progetto nato con la collaborazione dell’Istiituto Cervantes e con il sostegno della Regione Lazio, si articola in tre fasi: la conferenza e il seminario (prima settimana di marzo 2006), un secondo periodo per la messa a punto del progetto, una fase conclusiva (novembre 2006) per la presentazione. La conferenza si concentra sui recenti progetti di Rogelio López Cuenca realizzati dal 1998 in diverse città e nati in una stretta collaborazione con studenti, gruppi di abitanti, rappresentanti di associazioni attive sul territorio, artisti.
Rogelio Lòpez Cuenca è un artista che da molti anni realizza uno studio dal carattere storico-antropologico sul tema della città. La città quale luogo dell’attuale indifferenza, contrapposta alla coscienza dell’identità che in passato l’ha contraddistinta. La riflessione di Cuenca si inoltra sui terreni esplorati dalla filosofia contemporanea: i concetti di luogo e non-luogo, di abitante e cittadino, di identità sociale e di multi-culturalismo. Nozioni, che, a suo parere, necessitano ancora di essere messe in discussione in seno ad una ricerca che corra parallelamente all’ideazione dell’intervento artistico progettato, on site specific, per le città, i quartieri, le periferie, che di volta in volta, vengono prese in esame. Parliamo di esame, di processo analitico, che si svolge precedentemente rispetto al momento creativo, all’azione riconoscibile dell’artista o dell’architetto nel contesto cittadino.
Cuenca ci mostra alcuni esempi del proprio procedere: l’intervento dal titolo No/w/Here sulla città di Hospitalet, un piccolo comune vicino Barcellona, e quello su San Paolo.
In entrambi i siti l’artista ha applicato la medesima metodologia: ha preso in considerazione un contesto determinato nello spazio e nel tempo, ha focalizzato le caratteristiche specifiche della realtà socio-culturale selezionata, ne ha evidenziato i tratti, i momenti cruciali sia da un punto di vista strutturale che sovra-strutturale (condizioni economiche, divisione in classi sociali, tessuto relazionale), ha raccolto la documentazione relativa al periodo storico individuato avviando un rapporto con le biblioteche e gli archivi del posto. Attraverso queste fasi principali si sviluppa un metodo di lavoro che chiama l’arte contemporanea al ruolo di testimonianza del vissuto, di un trascorso di fatti, eventi politici e culturali, azioni pubbliche e individuali che hanno segnato la vita della città.
L’intervento dell’arte, allora, si configura come una forma di riappropriazione dell’identità e come un percorso di lettura dei segni accumulati o dimenticati a causa di una rimozione.
E la rimozione, si sa, può agire sulla formazione della personalità anche quando si tratta di una personalità pubblica. Proprio questo sembra costituire il fulcro, a nostro avviso più interessante, del progetto di Rogelio Lòpez Cuenca: l’indagine dei fattori che hanno determinato la rimozione della coscienza di un luogo, che, pur ostentando i requisiti amministrativi e le strutture produttive che ne giustifichino l’esistenza, galleggia oggi nel magma dell’omologazione burocratico-consumistica.
In questo senso il ruolo dell’artista e del curatore sembra quasi assumere la valenza di compito sociale mediante l’assunzione di una responsabilità pubblica, manifestata nella presenza sul territorio e nella scelta di un’elaborazione culturale che traduca il linguaggio dell’inconscio collettivo. Attraverso un nuovo codice potrà essere raccontata la storia e l’identità e affrontata la rimozione.
Ecco che, insieme agli archivi, si apre il racconto della città, vengono fuori i documenti e, contemporaneamente, si rendono leggibili le tracce che la storia ha lasciato sul terreno.
Gli strati che vengono illuminati dalla scoperta lasciano vedere i volti dei personaggi che hanno tentato di imprimere il proprio profilo sulla città, le immagini e le parole che ne hanno segnato il destino.
Il metodo della ricerca è sicuramente l’aspetto fondamentale del lavoro di Cuenca e ad esso fa seguito l’assemblaggio e l’elaborazione dei dati.
Ciò che ci mostra, durante la conferenza, è la documentazione delle installazioni in galleria e degli interventi ambientali, in entrambi i casi è lui a descrivere e commentare le immagini che vediamo.
Attraverso la sua spiegazione iniziamo, non senza difficoltà, a decifrare i segni che ci presenta come risultato finale dell’operazione compiuta sul territorio.
Ci appare subito chiaro che si tratta di un discorso che si realizza attraverso immagini e parole che sono state decontestualizzate per risignificare in modo diverso.
La linea rossa che segna il percorso della metropolitana o del treno, i nomi delle fermate, i nomi dei personaggi e dei luoghi, le parole chiave attraverso cui è possibile fornire una lettura della storia: tutti questi elementi, sono stati riformulati per funzionare in una nuova comunicazione.
Può essere considerato un esperimento meramente linguistico?
Cosa parlano questi frammenti che si ricompongono sotto gli occhi del fruitore dell’arte e del cittadino di cui si occupa Rogelio Lòpez Cuenca?
Parlano un linguaggio? Saranno, in tal caso, le parti di un codice regolamentato? E si può regolamentare e rendere attuale, veramente, la lingua, soprattutto se mette in campo i simboli di una rimozione collettiva e politica?
Chiediamo a Cuenca di parlarci del pubblico, dei fruitori, di coloro che, messi di fronte (poiché ancora è di fronte al segno che si tenta di collocarli) al lavoro ultimato hanno l’onere di leggere e interpretare.
La risposta è chiara e sicura:
“I segni (immagini, parole, poesie, nomi…), gli elementi che abbiamo utilizzato per l’installazione e tutti gli interventi in generale, sono semplici e riconoscibili per la popolazione che vive in quella specifica città, meno per il pubblico dei critici d’arte, meno per i turisti, che hanno difficoltà a identificare l’origine dei riferimenti proposti. La gente comune, quella che conosce il luogo in cui abita, legge senza alcun problema il racconto fantastico che le viene proposto, riconoscendo immediatamente i passaggi realistici e quelli ironici o immaginari.”
Aggiungiamo noi che è proprio l’intreccio tra la documentazione reale e quella inventata l’idea che più si avvicina ad altri esperimenti portati avanti nei contesti pubblici da artisti e curatori che hanno scelto di relazionarsi allo spazio delle relazioni umane attraverso lo studio e la propria creatività. Ed è l’idea situazionista della Psicogeografia quella che ci ricorda Rogelio Lòpez Cuenca, in certi passaggi della propria esposizione. Sembra che la matrice concettuale comune ai movimenti degli anni ’50 ritrovi oggi, nella rielaborazione in corso dell’Arte Pubblica, la sua concreta visualizzazione. Non basta la vista, però, per creare la realtà, ci aspettiamo dagli artisti di tutto il mondo la forza propulsiva che modifica i ruoli sociali, che sposta le categorie e rivoluziona il rapporto tra committenza e pubblico.
Attendiamo la sua elaborazione del progetto per Roma per riaprire il dialogo con l’artista e approfondirne, su un territorio a noi familiare, la conoscenza.
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