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Music - Musicians - Interview | by SuccoAcido in Music - Musicians on 20/07/2013 - Comments (0)
 
 
 
Luca Sigurtà

Tra la passione per il silenzio e il noise

 
 

SA: Ciao Luca! Benvenuto su SuccoAcido. Com’è nato il tuo interesse per il noise?
LS: Fin da teenager ho sempre avuto la passione per i suoni ‘raccolti’. Quando i miei genitori mi regalarono la prima radio a cassetta, mi divertivo ad andarmene in giro a registrare le cose più disparate. Mettevo su nastro qualsiasi tipo di rumore (devo averle ancora quelle cassette). Con il passare del tempo la cosa mi interessava sempre di più, ero attratto sia dal ‘silenzio’ (suoni piccolissimi) che dal frastuono. Quando acquistai il primo computer cominciai a riversare le cassette su hard disk e con primitivi programmi cercavo di mixare tutto il materiale che avevo. Un giorno comprai il primo numero di Blow Up e lì mi si aprì un ‘nuovo mondo’, conobbi band e progetti che mai lontanamente avrei pensato che potessero esistere. Cominciarono così gli scambi, gli acquisti pre-internet (con soldi spediti ben nascosti in busta), fino alla spedizione del mio primissimo demo per la prima recensione nella rubrica ‘homemade’ di quel magazine. Ecco, da lì in poi credo nacque seriamente l’intenzione di buttarmi nella sperimentazione. Parallelamente cominciavano a nascere forum, gruppi su internet, così finalmente avevo la possibilità di fare network con molti che sarebbero poi diventati amici. In quel periodo (a differenza di ora che la scena locale sta cominciando a raccogliere qualcosa) il posto in cui abitavo, ovvero Biella, non era esattamente popolata di sperimentatori.

SA: Quanto è importante l’improvvisazione nelle tue performances, sia in studio sia live?
LS: Trovo l’improvvisazione molto importante nel mio lavoro sia per quanto riguarda le esibizioni live che il lavoro in studio. Quest’ultimo varia a seconda anche dei progetti a cui lavoro, il tipo di impronta, ecc. Per quanto riguarda invece le esibizioni live, l’improvvisazione è fondamentale direi, un po’ perchè da una parte non sono molto avvezzo alle prove lunghe e precise. Sì, è un mio difetto quello, ho una soglia di attenzione piuttosto bassa e provare tre, quattro, cinque volte un brano, una performance mi annoia da morire. Preferisco ‘sperimentare’ soluzioni diverse ogni volta, provare passaggi in maniere totalmente differenti. Nell’ultimo periodo ammetto che sto migliorando dal punto di vista della ‘pigrizia’, vuoi perchè con i Luminance Ratio ad esempio l’approccio è più rock diciamo così e quindi necessita di prove più intense, un po’ perchè (e parlo anche dei miei set in solo) la struttura della perforrmance diventa sempre più complessa per cui ho bisogno di lavorare molto sui particolari, mettendo parzialmente da parte la parte più improvvisata. La quale però dal vivo viene sempre fuori.

SA: Come scegli i rumori, gli strumenti analogici ed elettronici che utilizzi nei tuoi brani?
LS: Sono ormai anni che uso praticamente quasi sempre gli stessi strumenti. Mi trovo a mio agio con un tipo di set up e non mi ci allontano mai. A volte provo nuove soluzioni, provando pedali o vari aggeggi, ma di base la strumentazione è la solita. Cominciai usando il laptop anni e anni fa, lo mollai dopo non molto. Capii che non faceva per me prima di un concerto a Roma per Dissonanze, quando il sistema andò in crash. Ecco lì realizzai che quella sarebbe stata la mia ultima volta con un computer. Da allora rivoluzionai il mio approccio e lavoro e cominciai ad usare solamente strumenti analogici.

SA: Recentemente hai realizzato uno split con i Panicsville, leggendaria noise band di Chicago. Ci parleresti del vostro incontro?
LS: I Panicsville sono sempre stati uno dei miei punti di riferimento della scena noise mondiale. Avevo veramente voglia di pubblicare qualcosa con loro, ma pensavo sarebbe stato sempre e solo un gran bel sogno. Un giorno, mi decisi di scrivere a Andy Ortmann (che è il deus ex machina della band) e gli proposi di fare uno split in cassetta con me con il suo progetto solista. Lui accettò e poco dopo uscì appunto la tape per la Tulip di Claudio Rocchetti. Successivamente, visto che ci eravamo trovati molto bene dal punto di vista umano, gli scrissi chiedendo se era interessato a darmi un brano a nome Panicsville per un vinile 12” che avevo intenzione di realizzare. Andy si dimostrò felice della proposta e nel giro di un paio di giorni mi mandò un pezzo. Chiesi a Gianmaria Aprile, che oltre a suonare con me nei Luminance Ratio gestisce anche l’etichetta Fratto9, se fosse interessato a co-produrre il 12” insieme alla mia micro etichetta Kinky Gabber. Gli piacque molto l’idea che gli portai, ovvero quella di avere un lato del vinile serigrafato (dall’artista francese Sanair) e così anche grazie all’aiuto di Simone Grillo di Frohike (che si occupò del layout e della serigrafia) il disco è stato prodotto.

SA: La tua prossima uscita è il frutto della collaborazione con il sound artist Francisco Lopez. Ci daresti qualche anticipazione?
LS: Con Francisco Lopez è capitata più o meno la stessa cosa dei Panicsville. Se però questi ultimi erano un punto di riferimento del noise, Lopez lo è sempre stato del ‘silenzio’ (ecco tornare il dualismo di cui parlavo prima). La differenza è che con Francisco eravamo già in contatto da alcuni anni e avevamo già scambiato qualche nostra rispettiva release. Quando gli proposi di lavorare ad un progetto insieme, venne fuori l’idea di usare gli stessi suoni e campioni di partenza e creare due brani distinti, io elaborare le sue ‘mutazioni’ e lui le mie. Sono venuti fuori due pezzi molto diversi tra loro, nonostante i campioni siano in alcuni punti riconoscibili. Il disco uscirà a metà giugno per Fratto9 e la cosa interessante è che si occuperà della promozione una delle agenzie leader in campo sperimentale, ovvero la tedesca Dense.

SA: Insieme a Luca Mauri, Gianmaria Aprile e Andrea Ferraris fai parte del collettivo Luminance Ratio, che ha coinvolto anche musicisti internazionali come Paul Bradley, Steve Roden e Oren Ambarchi. Come sta andando il progetto? Pensate di realizzare dei live anche all’estero?

LS: Il progetto Luminance Ratio procede molto bene direi. È in uscita il disco nuovo. Uscirà nel mese di giugno per l’etichetta polacca Bocian Records. Siamo molto soddisfatti, la Bocian è un’etichetta che sta producendo moltissimo materiale di alta qualità con grandi artisti internazionali. Presenteremo ufficialmente l’LP al Nofest di Torino a fine mese. Stiamo anche lavorando al terzo episodio della serie di 7’’, dopo i risultati ottimi di precedenti, con Steve Roden e Oren Ambarchi, per ora l’ospite è top secret ma presto verrà reso noto. Dall’autunno sicuramente faremo date sia in Italia che all’estero, Germania e Polonia per cominciare.

SA: Perché la scelta di incidere in vinile la discografia dei Luminance Ratio?
LS: Nella vecchia formazione il disco di esordio dei Luminance Ratio uscì in cd per Boring Machines. Con la nuova line-up diciamo che avevamo puntato sulla serie in 7’’, ma a dire il vero per il full length non avevamo pensato solo ad un’uscita in vinile. È stata una piacevole casualità che la Bocian si sia interessata a noi e che ci abbia proposto di stampare il lavoro in vinile invece che cd.

SA: La scena experimental-noise-elettronica internazionale vista da Luca Sigurtà…
LS: Beh, specialmente negli ultimi anni la scena sperimentale gode sicuramente di ottima salute, vuoi per la qualità e vuoi per il feedback che è in evoluzione. La cosa positiva è che si sta ritagliando sempre più spazio, raggiungendo anche un pubblico che fino a pochi anni fa sembrava distantissimo mentre ora si dimostra curioso e, forse, più ricettivo. Quello che però mi preme più far notare è la condizione della scena italiana rispetto a quella internazionale. Recentemente in un’altra intervista avevo già detto che a mio parere la musica sperimentale nostrana è tra le migliori d’Europa. Questo grazie ad una qualità indiscutibile dei progetti, dell’estetica e delle sonorità proposte. Ripeto, non abbiamo nulla da invidiare ad altre scene europee, le quali hanno alcune volte dalla loro, più appoggio in fatto di ‘luoghi’ dove suonare, strutture ecc. Qui in molti casi ci si deve rimboccare le maniche, crearsi spazi e situazioni.

SA: Trovo che la tua musica evochi forti suggestioni visive. Comporresti mai per il cinema? Per quale genere di film o per quale regista?
LS: Ho avuto in passato qualche piccola esperienza in ambito cinematografico, lavorando con il regista Manuele Cecconello ad alcuni suoi cortometraggi e lungometraggi. La cosa interessante del lavoro con Cecconello è stata la versatilità dei suoi lavori, che coprono tutto lo spettro dalla videoarte al documentario. È stata un’esperienza molto formativa e spero in futuro di poterla ripetere. Se mi è permesso sognare ad occhi aperti credo che impazzirei dalla gioia a sonorizzare dei lavori di Matthew Barney ad esempio...

SA: Puoi regalarci un tuo pensiero, un’immagine, un intento relativi ai tuoi brani pubblicati in Bliss?
LS: Mi piace la definizione che è stata data in una recensione a Bliss, ovvero che è un disco ‘soul’. Sono completamente d’accordo con tale affermazione. Bliss è molto autobiografico, rappresenta uno spaccato di un momento molto particolare della mia vita. La cosa più interessante è che tutta l’introspezione che è scaturita dai brani è molto spontanea, senza forzature. Nella prima versione ‘demo’ era presente un brano molto oscuro, non in linea con il fil rouge del disco. Tale brano è finito in seguito in Decay, fratello malvagio di Bliss, uscito qualche mese fa per l’etichetta di Tom Smith dei To Live and Shave in LA.

SA: Quali sono per te le criticità del sistema italiano della promozione di musicisti che si muovono come te nel campo della ricerca pura? Tu che problematiche vivi? Avresti dei suggerimenti da dare al circuito dell’informazione?
LS: Questa è una domanda piuttosto complessa. Si presta infatti a molteplici sfaccettature. Da una parte ti direi che spesso l’informazione non segue come dovrebbe la sperimentazione italiana. Ci sono casi di musicisti italiani bravissimi che vengono bellamente snobbati, vuoi per un discorso di ‘esterofilia’ (per carità questo è anche un luogo comune però alcuni indizi esistono in tale direzione) o vuoi per un discorso di ‘appeal’. D’altra parte però esistono molte realtà, quali webzine, fanzine e via dicendo che si occupano in maniera molto attenta e puntuale della scena italiana. Quindi dualismo anche in questo caso. Il suggerimento che mi sento di dare è quello che darei anche ad un fruitore di musica ovvero di ‘indagare’ e ‘andare alla ricerca’ di nuove realtà, nuovi dischi e non fermarsi ai primi ascolti o alle cose hype.

SA: Se vuoi, fatti un’autodomanda spiazzante!
LS: Luca, perché non hai mai imparato a suonare uno strumento? Quando ero un ragazzino avevo cominciato ad andare a lezione di pianoforte. Dopo 3 o 4 lezioni a base di solfeggio ho capito che non faceva per me. Da allora non ho mai più avuto la tentazione di imparare a suonare nessuno strumento musicale.

SA: Che rumore fa SuccoAcido? Quale dei tuoi brani dedicheresti ai nostri lettori?
LS: SuccoAcido mi ricorda il rumore di una band della scena no(w) wave degli anni novanta, tipo gli US Maple insomma, per capirci... Se dovessi scegliere qualcosa di personale da dedicare ai lettori direi i brani contenuti nella cassetta realizzata insieme a Claudio Rocchetti per Sincope dedicato a Chloe Sevigny...

 


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Reg. Court of Palermo (Italy) n°21, 19.10.2001
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Bibliography, links, notes:

di Emilia Calabria, Marc De Dieux
foto © Frohike
soundcloud.com/sigurta
kinkygabber.wordpress.com
www.luminanceratio.com
www.harshcore.com
www.fratto9.com/releases

 
 
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