The attempt to create an aura of “romantic depression” and “melancholic deterioration” of human body which would have to directly and emotionally involve the spectator, has not been succesful. Though the audience's great expectations, due to the decorated and promising introduction to the developed work, in which Daniel Birnbaum himself persevered on the different turn of his curatorial project supposing a clear theme as leitmotif, the general impression was that the public concerned to the curatorial field expected something different, really eloquent, perhaps more involving.
The attempt to create an aura of “romantic depression” and “melancholic deterioration” of human body which would have to directly and emotionally involve the spectator, has not been succesful. Though the audience's great expectations, due to the decorated and promising introduction to the developed work, in which Daniel Birnbaum himself persevered on the different turn of his curatorial project supposing a clear theme as leitmotif, the general impression was that the public concerned to the curatorial field expected something different, really eloquent, perhaps more involving. Especially when one face with the work of the next curator of the so expected Venice Biennale. Maybe the overload of commitments is the cause of a missing accurate revision otherwise the intentionally given impression is the one of a disorienting and chaotic fusion of completely different worlds and ideas, with no limits. A fragmentary exhibition of artists, deprived of a global and unambiguous narration in which the curator tends to disappear, leaving the works to speak, as they were wrapped by a melancholic feeling conveied by those celestial bodies on which they are supposed to reflect on.
Therefore from the curator it is remarkable the radical choice that grazes the inconvenience and confuses the spectator who, even for an instance, is forced to leave the political and social themes that the Art of today costantly evokes. Starting from a widen analysis of Saturno's frame (called “melancholic star”) developped in several fields, from the sciemtific to the philosophical one, Birnbaum calls us to reconsider the condition of our age, characterized by instability and anxieties, as perfectly positioned under the cosmic influence of a pulsar that seems to be ruled by a precarious and controversial nature. The artists' view is the fulcrum, free from fashions or commercial interests.
The Triennale is arranged in three sites, thanks to the abundance of the artists' presences, it involves the main centres for contemporary Art in Turin: the Building of the Fine Arts promoter society, Sandretto Re Rebaudengo Foundation and Rivoli's Castel. At the last one the great Olafur Eliasson shows a new environmental installation that turns out from astronomical studies and mathematical calculations on Saturno's mouvements and sizes. At the basis of every Eliasson's work there is always an accurate research dedicated to the pure spectacularization of natural phenomenon and a careful planning that remains invisible to the spectator's view. In fact we face with a work of art apparently very simple whose effectiveness is proved by something different and more powerful: the audience's constant staying while enjoying the experience. By means of apparently minimal acts the artist recreates an artificial, lyrical nature. The set up environment allows the spectator to reflect upon the experience sharing it with the others. Only thanks to this aspect the work takes on its meaning and exhistence, playing with the audience's senses Eliasson doesn't aim a passive inmersion, but a more intense reaction. The nature, the way in which it speaks to us and how the man look at it, has always hold his interest. Sofisticated “artificial projects”, fruit of the collaboration with international architects, enable the multi-sensory experience offered at Turin, conceived to encourage the reflection on the identity of the object.
Completely different is the erotic and grotesque approach of Paul Chan, at Sandretto foundation. By means of videos, animations, installations, drawings and collages he collides with a strong visual imaginary used by the artist, born in Cina and grew in America, across subtle quotations, from Beckett to Pasolini to the chinese pornography, in order to recreate scenographies of monstrous figures, catched in unusual and ambiguous attitudes that skim dissipation and corruption.
During an age where excessive emotions are the agenda and quotidianity is characterized by extreme situations and iniquities, into the Artworld we have to face with great international exhibitions, fairs and Biennali now present almost everywhere. Inevitably we find ourselves suffering from “megalomania” and pervaded by wide fragility and precariousness, always waiting to be astonished and maybe comforted by the certain heaviness of ordinary problems. Perhaps this why we feel a little disappointed and embittered when facing with an exhibition whose aim would have to be to create a dialogue among young artists with their most experimental proposals and those artists who have already achieved their plain language maturity but that, at a first sight, doesn't seems to happen.
T2 - Triennale d'Arte Contemporanea @ Torino
Il tentativo di creare un'aura di “romantica depressione” e di “malinconica corrosione” dell'animo umano che potesse coinvolgere direttamente ed emotivamente lo spettatore non sembra essere giunto a buon fine. Nonostante le grandi aspettative del pubblico date da una decorata e promettente introduzione al lavoro svolto, nella quale lo stesso Daniel Birnbaum insisteva sul fatto di aver lavorato a favore di un progetto curatoriale diverso dal solito festival o dalla tradizionale collettiva di artisti, ponendo una tematica precisa come filo conduttore, l'impressione generale è stata che il pubblico più interessato all'ambito curatoriale presente all'inaugurazione della T2 si aspettasse qualcosa di diverso, di veramente eloquente, magari un poco più coinvolgente.
Il tentativo di creare un'aura di “romantica depressione” e di “malinconica corrosione” dell'animo umano che potesse coinvolgere direttamente ed emotivamente lo spettatore non sembra essere giunto a buon fine. Nonostante le grandi aspettative del pubblico date da una decorata e promettente introduzione al lavoro svolto, nella quale lo stesso Daniel Birnbaum insisteva sul fatto di aver lavorato a favore di un progetto curatoriale diverso dal solito festival o dalla tradizionale collettiva di artisti, ponendo una tematica precisa come filo conduttore, l'impressione generale è stata che il pubblico più interessato all'ambito curatoriale presente all'inaugurazione della T2 si aspettasse qualcosa di diverso, di veramente eloquente, magari un poco più coinvolgente. Soprattutto di fronte al lavoro del prossimo curatore della nostra tanto attesa Biennale di Venezia.
Forse l'accumulo eccessivo di impegni non ha reso possibile una revisione più attenta o forse l'impressione che si vuole dare è proprio quella di una disorientante e caotica fusione di mondi ed idee diversissimi tra loro, senza alcun limite. Una rassegna di artisti molto frammentaria, priva di una narrazione univoca e globale, dentro la quale il curatore tende a sparire, lasciando parlare le opere, come isolate ed avvolte da un sentimento malinconico trasmesso da corpi celesti sul quale sono chiamate a riflettere.
Notevole dunque da parte del curatore la scelta radicale che sfiora il disturbo e che mette a disagio: anche se solo per un attimo lo spettatore è costretto ad allontanarsi dal tema politico-sociale che l'arte di adesso tende costantemente a richiamare.
Partendo da una approfondita analisi della struttura fisica della stella di Saturno (detta “stella della malinconia”) sviluppata sotto vari ambiti, da quello scientifico a quello filosofico, Birnbaum invita a considerare la condizione della nostra epoca, caratterizzata da instabilità ed irrequietudini, come perfettamente posizionata sotto l'influsso cosmico di un astro che appare regolato da una natura instabile e controversa. La visione degli artisti rimane perciò al centro, libera da mode o interessi commerciali.
Distribuita in più sedi, grazie all'abbondanza degli artisti presenti, la Triennale coinvolge le tre sedi principali dell'arte contemporanea a Torino: la Palazzina della Società Promotrice delle Belle Arti, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo ed il Castello di Rivoli. Presso quest'ultima il grande Olafur Eliasson, presenta una installazione ambientale che è il risultato di studi astronomici e calcoli matematici sulle dimensioni e sui movimenti del pianeta Saturno. Alla base di ogni suo lavoro c'è sempre una ricerca volta alla pura spettacolarizzazione di fenomeni naturali ed una attenta progettazione invisibile allo sguardo dello spettatore che si trova di fronte ad un opera apparentemente molto semplice, la cui efficacia è dimostrata da qualcosa di diverso e di più potente: la costante permanenza del pubblico che si gode l’esperienza. Con interventi apparentemente minimi l’artista ricrea una natura artificiale, lirica. In questo modo l'ambiente creato permette agli spettatori di riflettere profondamente sull'esperienza e di condividerla con gli altri. Solo grazie a questo il lavoro assume significato ed esistenza, giocando con i sensi dello spettatore Eliasson non vuole una immersione passiva, ma una reazione più intensa. La natura lo ha sempre interessato, il modo in cui ci parla e come l’uomo la guarda, ma con sofisticati progetti "artificiali", frutto della collaborazione di architetti internazionali, a Torino offre una esperienza multisensoriale per riflettere sull'identità dell'oggetto.
Diversissimo l'approccio erotico e grottesco di Paul Chan, presso la Fondazione Sandretto. Attraverso video, animazioni, installazioni, disegni e collage, ci si scontra con un immaginario visivo forte che l'artista, nato in Cina e cresciuto in America, attraverso sottili citazioni, da Beckett a Pasolini alla pornografia giapponese, utilizza per ricostruisce scenografie di figure mostruose colte in atteggiamenti insoliti ed ambigui che sfiorano la sregolatezza e la corruzione.
In un'epoca in cui le emozioni eccessive sono all'ordine del giorno e la quotidianità è caratterizzata da situazioni ed ingiustizie estreme, anche nell'arte dobbiamo fare i conti con grandi mostre internazionali, fiere e biennali ormai presenti ovunque. Ci troviamo perciò inevitabilmente affetti da “megalomania” e pervasi da grande fragilità e precarietà, aspettandoci sempre di essere stupiti e magari sollevati dalla inevitabile pesantezza dei problemi quotidiani. E' per questo forse che ci sentiamo un poco delusi ed un poco amareggiati di fronte ad una mostra il cui obiettivo sarebbe quello di creare un dialogo fra le proposte più sperimentali dei giovani dell’arte contemporanea ed il lavoro di artisti che hanno già raggiunto una piena maturità di linguaggio, ma questo non sembra accadere ad una prima occhiata.
Olafur Eliasson The mediated motion ( Il movimento mediato), 2001 Acqua, legno, terreno compresso, macchina per la nebbia, metallo, foglio di alluminio, Lemna minor e Lentinula edodes Dimensioni variabili Kunsthaus Bregenz, Austria, 2001 Courtesy l
Olafur Eliasson Your space embracer (Il tuo spazio avvolgente) , 2004 Specchio di vetro, cavo, motore, lampada HMI, diagramma, trepiede, lenti Brändström & Stene, Stockholm, Sweden, 2004 Courtesy l’artista; neugerriemschneider, Berlino; e Tanya
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