Talvolta, attratti da avvenimenti ed eventi rilevanti, ci si ritrova ad apprezzare, discutere, approfondire maestri ormai indiscussi, e inevitabilmente a scrivere recensioni che si sommano ad altre di altrettanti giornali, riviste, telematiche e cartacee. Poi un giorno, come in un agguato, ci si trova a visitare una mostra di un artista che si sconosce, ma che regala forti emozioni e riannoda antichi percorsi. Una sorpresa, il lavoro di Lucci. Una sorpresa materia e luminosa.
Arezzo. Prima domenica del mese di ottobre, destinazione: mercato dell’antiquariato, uno dei più interessanti e ricchi tra quelli che si svolgono in Italia. Mentre mi aggiro tra chincaglierie, drappi, vestiti vintage, divise militari, palloncini e quant’altro vengo rapito dal manifesto che pubblicizza la mostra di Raffaello Lucci presso la Galleria Comunale d’Arte Contemporanea. Il manifesto in grigio porta il nome dell’artista e il titolo dell’evento: Walls. La curiosità mi spinge a visitare la mostra. Gli ampi spazi della Galleria ospitano una vera e propria retrospettiva dell’artista, che coniuga ricerca materica ad un continuo confronto-scontro tra luce e ombra. Pittura. Niente istallazione o eccesso di concettualismo. La prima impressione è invece un lirismo puro, una musicalità diffusa, un fare i conti con il mestiere nobile del colore, le sue infinite vibrazioni. I grandi maestri evocati sono molti, da Mark Rothko a Barnett Newman, da Nicolas De Stael a William Congdon, ma tanti altri risuonano negli impasti del maestro aretino. Così Le pulsioni arroventate della tela “all’Arte” riscaldano oltremisura lo sguardo dalla lama di buio che il giallo solare costringe al bordo del dipinto. Silenziosa scende verticale una fenditura che non tocca terra negli opachi violacei e bluastri che annottano l’opera “alla Scienza”. Sicuramente il cuore della nutrita mostra risulta la parte dedicata alle “pitture musicali”, Kyclos, dove il buio e la luce che si confrontano e si generano vicendevolmente dell’acquaforte di “Si B”, esplodono in un tripudio di carne pittorica e colori iridescenti, come nel dipinto “Mi E”. E’ uno spartito emotivo quello che Lucci ci presenta, ha le variazioni del tempo che passa, il ciclo solare, la nascita e la morte, la natura che regola e segna scadenze, metamorfosi, gradini dell’esistere.
Le pennellate diventano così polarizzazioni, tumulti iridescenti, esplosioni di cieli smagliati, di mura immaginarie che risplendono come gemme preziose. Non si può non percepire il lavoro dell’artista senza sentirne il profondissimo dialogo con la poesia. Il verso è rappreso dentro le luminescenze e i bui assoluti proposti, talvolta fa capolino un frammento di testo, un inciampo di senso che invece indirizza e struttura, ruba per un attimo l’attenzione allo sguardo che continuerebbe a scorrere da un capo all’altro del pulsante colorito delle opere.
Come non citare l’autore stesso che nel catalogo della mostra afferma: “dipingere è ascoltare l’assolo delle cose…le domande sono colori e il disegno l’emozione di un foglio” e ancora: “oltre il quadro l’orizzonte vacilla, si sposta, modifica sempre parole sicure…”.
Ecco dove la pittura riallaccia nodi antichi, diviene piattaforma assoluta in cui il significato del testo brilla di colori che suonano, risuonano. Ciò che rapisce in queste tele è senza dubbio la quantità di echi percepiti. Voci, suoni, il crepitare di un universo in continua eruzione, il battito del cuore, ritmi che dai muri della memoria rivelano l’immensità del Creato e l’incessante lavorio della creazione. Prima di lasciare la Galleria mi imbatto nell’artista, scambiamo poche parole, ma mi rapisce il suo sguardo, brillante e misterioso come le sue opere, la breve discussione sui maestri dell’astrattismo e le sue pause tutt’altro che silenti.
Raffaello Lucci
Walls
Dal 23 Agosto al 3 Novembre 2008
Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Arezzo
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