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Music - Musicians - Interview | by SuccoAcido in Music - Musicians on 17/06/2008 - Comments (0)
 
 
 
Sandrominà

Il fiore dello sberleffo è risorto. Ha trovato un humus fertile tra le distese collinari di vigne che disegnano lo skyline di un angolo di Sicilia, la parte più ad occidente del golfo di Castellammare. È qui, ad Alcamo, che da un anno circa agita la stagnante scena musicale locale un combo di cinque giovani uomini che nella vita di ogni giorno sono tutti “operatori del diritto”, mentre nel migliore dei mondi possibili, ossia quello dei suoni, menano l’ennesimo fendente al cuore della canzone italiana.
La Sandrominà ( questo il curioso nome del gruppo ) è composta da Mauro R. (chitarra e voce), Sandro (basso, batteria e voce), Gaspare (tromba, chitarra, fisarmonica, percussioni e voce), Domenico (chitarra) e Mauro T. (batteria, percussioni, basso e chitarra). Nel loro teatrino impazzito più di mezzo secolo di stereotipi musicali (folk, jazz, pop, world music) e ritmi vengono centrifugati e riassemblati, senza scollamenti armonici, in una giostra di gags sonore da far girare la testa; il tutto, naturalmente, filtrato alla luce di una vitalissima e rivendicata sicilianità.
In fondo, si tratta di una tecnica di cui pioniere e massimo esponente fu Frank Zappa a metà degni anni sessanta: ovvero, fondere in un unico brano diversi clichè musicali e sovrapporvi testi satirici (conditi, a volte, da trasfigurate e spassose citazioni letterarie e arricchiti da punte di geniale non–sense) e piccoli sketch teatrali.
È una tecnica che la Sandrominà porta a nuove spettacolari vette, contando soprattutto su una straordinaria capacità di sfornare a getto continuo melodie memorabili che in un’altra vita diventerebbero subito degli hits radiofonici: basti pensare all’incalzante “Ta fì” (Manzoni e Carducci con la coppola in testa, mentre una chitarrina alla Noir Dèsir va a schiantarsi contro un muro bandistico a metà strada tra Zappa e le processioni funebri di tutti i Sud del mondo), o alla rumba cubana di “Renato” (con un testo che è un capolavoro di sarcasmo sull’assistenzialismo sociale imperante); e ancora le splendide “Pornodivo” (con un intro disco – funk che, dopo una serie di sincopi e stacchi ritmici vertiginosi, memori del rock’n’roll dei primordi, degenera in un’accorata litania da ballata cantautorale italiana anni ’70) e “Cumpé” (dub – reggae trafitto di colpo da granate ritmiche punk mentre Mauro R. vomita su chi ascolta una celebre filastrocca dialettale: ossia crossover in salsa sicula ).
Vi sono casi poi in cui l’intento sembra caricaturale nei confronti della musica di consumo, come in “Up the conca”, danza sfrenata in technicolor che alterna stacchetti degni di Augusto Martelli e Pippo Caruso con esplosioni free della tromba, tanto da legittimare l’aspettativa che da un momento all’altro si materializzino Baudo ed un paio di procaci vallette per presentare Sanremo, aspettativa che non viene disattesa dal finale del brano in cui i nostri eroi citano espressamente il leit motiv della kermesse festivaliera.
Si arriva così alla più esplicita delle parodie, ossia la ballata corale alle falde del Vesuvio di “Unn’è bberu” (forse il loro motivo più limpido, con un call and response nella strofa, degno di uno spiritual da catechismo, che cresce, cresce sino a librarsi in un epico ritornello di purissima matrice neomelodica).
Si diceva dei testi, a dir poco esilaranti. La scrittura presenta un taglio essenzialmente sociologico: si tratta per lo più di bozzetti di rara efficacia comica su personaggi e figurine che popolano un mondo tra il grottesco ed il patetico, cui però alla fine viene riservato quasi sempre un moto d’affetto.
Anche quando ad esser preso di mira è il “nemico – amico” numero uno dei siciliani, come ne “Il boss” (il brano in cui l’eco teatrale è più forte) l’approccio non è mai dichiaratamente politico, ma si pone a metà strada tra rappresentazione antropologico – criminale e analisi di costume.

 
 

Incontro la Sandrominà durante una session di prove alla vigilia di un importante appuntamento live: li trovo entusiasti, ma al tempo stesso tesi e concentrati sulla resa dei pezzi.

SA: La prima domanda è da “manuale del buon intervistatore musicale”…Come è nata la Sandrominà?

SM: Il nucleo originario della formazione era composto dai due “Mauri” e da Sandro, a cui poi si sono aggiunti Gaspare e, più recentemente, Domenico. Prima della Sandrominà alcuni di noi militavano in altre formazioni: Sandro, ad esempio era in un gruppo noise…Abbiamo cominciato suonando Carosone, Capossela…

SA: La Sandrominà nasce, dunque, come cover band…In questo senso, scorrendo i titoli dei brani altrui che compongono il vostro repertorio, appare evidente la volontà di omaggiare tutta una tradizione canzonettistica che ha percorso trasversalmente il mondo della musica leggera italiana, ovvero quella dell’ironia pungente, della parodia, direi del cabarettismo che va, con gli inevitabili distinguo, da Carosone al primissimo Concato… Cosa potete dirmi…?
SM: Da un lato era inevitabile che l’umorismo, la goliardia ed il gioco che hanno da sempre caratterizzato i nostri rapporti umani (ci conosciamo quasi tutti da un bel po’ di tempo prima della nascita della Sandrominà) arrivassero a connotare anche le nostre scelte musicali; dall’altro c’è stata una precisa volontà di recuperare una tradizione un po’ dimenticata della musica leggera italiana. E poi le cover rappresentano sempre un momento di crescita importante nella formazione di un musicista…

SA: Vi si deve riconoscere una rara capacità di stravolgimento dei pezzi, attraverso una riscrittura in fase di arrangiamenti, e addirittura, in qualche caso, penso a “Portofino”, di testi, con effetti a dir poco esilaranti…Raccontatemi un po’ come affrontate la riscrittura di un brano…
SM: A volte parte tutto dal caso, dall’istinto, dal giocare sulle parole e più in generale dalla voglia di storpiare affettuosamente brani altrui. Noi siamo riusciti dove Leone di Lernia non è mai arrivato…(risate, n.d.r.). A parte gli scherzi, il concetto di fondo da un punto di vista strettamente musicale è quello di personalizzare il pezzo con un continuo utilizzo di variazioni ritmiche all’interno dello stesso brano, vedi “Portofino” o “Guarda che luna”…

SA: La riscrittura di brani altrui investe anche il modo di cantarli?

SM: Sì, cerchiamo di personalizzarli anche sotto quel punto di vista, sebbene un’inevitabile libertà nell’approccio vocale si manifesti maggiormente quando affrontiamo pezzi da noi composti.

SA: Come è avvenuto il passaggio dalla riscrittura di brani altrui alla scrittura di pezzi vostri? Avvertivate un limite nel proporre solo cover?

SM: Nessun limite…A dire il vero, sin dall’inizio abbiamo avvertito un forte desiderio di creare cose nostre, tant’è che “Cumpè” e “Unn’è bberu” risalgono agli albori della Sandrominà…

SA: I testi, che credo nascano tutti, o quasi, dalla penna di Sandro (il bassista), sono, a parere di chi scrive, una delle carte vincenti della vostra proposta musicale…Si tratta spesso di parodie comicissime dal taglio sociologico…Penso ai ritratti di “Pornodivo” e “Renato”…

SM: Anche i testi sono frutto dell’istinto…Abbandonare il senso, i filtri…ecco la benzina che solitamente alimenta la scrittura dei pezzi…dare risalto alla bellezza delle parole, anche a quelle definite oscene…A volte tutto nasce da una sorta di sketch vocale improvvisato casualmente, a volte la scrittura prende l’avvio da un episodio di vita quotidiana o da un tratto distintivo colto in una persona realmente esistita…poi si sviluppa da sé…È un po’ l’arte che si confonde con la vita e viceversa…

SA: Lo sguardo, seppur ironico, tradisce, però, quasi sempre un bonario affetto per i personaggi che a volte popolano i pezzi…Penso sempre a “Pornodivo” o alla spassosissima coppia di adolescenti partenopei di “Unn’è bberu”…

SM: Lo sguardo bonario probabilmente è dettato dal fatto che in un modo o in un altro questi personaggi sono oramai delle nostre creature…

SA: Parlavo di tratto sociologico... Ma scriverete mai un pezzo dichiaratamente politico?

SM: In termini puramente ideologici, crediamo di no. Forse “Il boss” è un pezzo che ha in sé una matrice politica, o forse no…è un’altra cosa…

SA: Al di là dell’aspetto testuale dove è molto presente, pensate che la vostra sicilianità si rifletta anche nella musica?
SM: Indubbiamente sì, i suoni sono anch’essi un riflesso del nostro modo di essere, del nostro sentire profondamente l’appartenenza ai luoghi in cui siamo nati e viviamo. E poi, c’è proprio un amore per la tradizione musicale siciliana, basta pensare a Rosa Balistreri…

SA: Personalmente sono convinto che i vostri pezzi, penso ad esempio ad un brano come “Ta fì”, debbano moltissimo, e spero lo prendiate come un complimento, ad un genio della musica del Novecento, che, guarda caso, ha origine siciliane, ovvero Frank Zappa? In particolare mi riferisco allo Zappa autore di ‘stupid songs’…ma anche al suo periodo bandistico…
I ragazzi non rispondono, ma mi scrutano con sguardo interrogativo e stupefatto… Forse non si aspettavano che qualcuno li accostasse ad un gigante come Zappa… (n.d.r.)

SA: Ho sempre pensato che alcuni dei vostri pezzi potrebbero diventare degli hits radiofonici…Hanno un fortissimo appeal pop…ritornelli contagiosi…ritmica spesso ballabile…

SM: Forse è vero, ci capita di incontrare persone che appena ci vedono cominciano a canticchiare i nostri pezzi con il sorriso sulle labbra…È una cosa che ci stupisce e ci gratifica.

SA: Avete mai pensato di comporre brani esclusivamente strumentali?

SM: Indubbiamente, affrontare pezzi strumentali richiede un grande lavoro di squadra, ma consente anche un affinamento nell’approccio che ciascuno di noi, ha con il proprio strumento. In un certo senso, “Up the conca” è un pezzo strumentale, sebbene anche dietro ad esso vi sia una storia, una sorta di aneddoto della tradizione alcamese: “Up the conca” è il nostro modo di tradurre, rivestendola di una patina di internazionalità, l’espressione “’ncapu li conche” che ad Alcamo sta ad indicare le donne che ad una certa età non hanno ancora trovato marito…

SA: Immagino che i vostri amori musicali non si esauriscano nella scelta delle cover che compongono il vostro repertorio…Quali sono gli artisti che apprezzate di più?

Mauro T.: Gli Area, Vinicio Capossela, Pino Daniele, Lucio Battisti…
Mauro R.: Paolo Conte, Capossela, Van Pelt, Karate, Ascanio Celestini…
Sandro : Rino Gaetano, Area, Primus, Nirvana…
Gaspare: Corde Pazze, Roy Paci, De Andrè, Rino Gaetano…
Domenico: Nirvana, Radiohead, De Andrè…

SA: Di solito i gruppi si sciolgono per questioni di donne o di ego… Anche se siete agli inizi, credete possa capitarvi una cosa del genere…?

SM: A volte ci sono eccessi di protagonismo da parte di qualcuno, a volte ci si vuole imporre caratterizzando in modo troppo personale i pezzi…Nonostante ciò, però, non commetteremmo mai l’errore di scioglierci, siamo riusciti con fatica a creare degli equilibri… Prima, forse, c’era meno sintonia, ora siamo tutti più vicini l’uno all’altro in termini di sensibilità musicale, e poi la componente umana, l’amicizia che ci lega ci fa superare anche i momenti critici.

SA: Cosa ne pensate dell’autarchia in musica? Oggi imperversa il do it yourself: artisti o presunti tali che, in preda ad una bulimia compositiva, producono dischi a mai finire, soprattutto in ambito underground; ciò dà luogo a volte a risultati straordinari, ma troppo spesso genera pessime cose…
SM: Sicuramente non pubblicheremmo mai tutto ciò che ci passa per la testa…Il fattore emotivo, per quanto fondamentale, non potrebbe mai di per sè determinare le nostre scelte in questo senso.

SA: Nonostante siate già un piccolo culto, almeno in quella parte di Sicilia dove vivete, non avete ancora fatto un disco… È nei vostri programmi a breve termine?
SM: Ci piacerebbe… Allo stato, non abbiamo problemi a confessarlo, il problema è soltanto di natura finanziaria…

SA: Rifiutereste mai un contratto discografico da una multinazionale per ragioni ideologiche?
SM: Non rifiuteremmo mai a priori…La musica è cultura e ben venga che sia diffusa nel modo più amplio possibile…

SA: Non avendo ancora fatto un disco, ciò che immagino conti molto per voi è la dimensione live… Ho assistito a diversi vostri concerti e ciò che penso, e ne ho ogni volta la conferma, è che il vostro sia più che un concerto un vero e proprio happening…Vedi il finale collettivo di “Unn’è bberu”…
SM: Per noi più che un happening è una vera e propria convention…(si ride, n.d.r.). A parte gli scherzi, rappresenta il momento massimo di partecipazione e di scambio…

SA: Rimbaud diceva che da un punto di vista creativo l’uomo dà il meglio di sé nei primi trent’anni di vita…Se così fosse, vi rimane poco tempo…Che ne pensate?
SM: Stando alle parole di Rimbaud, qualcuno di noi sarebbe quasi fuori gioco…Il Poeta, però, non sapeva che in Sicilia il tempo scorre lento, lento, lento…

SA: Ultima curiosità: da dove nasce il nome del gruppo…?
SM: Una sera si scherzava tra di noi a storpiare dei nomi…Ad esempio, Chico Buarque diventò ‘Cicco Buatta’… Poi, improvvisamente, venne fuori dal nulla Sandrominà… e divenne il nostro piccolo amico immaginario…

 


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pen: Davide Romeo

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