La poesia e la magia, questo potrebbe essere il sottotitolo più appropriato per le due esposizioni dedicate a due grandi protagonisti dell’arte italiana. Ma procediamo con ordine e soprattutto con cautela.
Parmiggiani @ Pistoia
Il fastoso Palazzo Fabroni di Pistoia, che oggi accoglie una collezione permanente di arte contemporanea è una sede perfetta per l’Apocalypsis cum figuris dell’artista emiliano Claudio Parmiggiani, anche se il lavoro dell’artista sembra più un Apocalisse delle immagini. Apocalisse del creato e del creare, e perché no della Creazione. Il teatro del mondo implode in “semplici”, niente di più complicato, oggetti e interventi ponderati dal maestro in perfetta simbiosi con la realtà circostante. La prima ampia sala accoglie con la maestosa biblioteca in negativo, il bianco e nero assoluto, l’odore del passato che ardendo ha annerito lo spazio, lasciando visibili solo i contorni delle strutture e dei volumi. Annottamento che ricorda tragedie che hanno inghiottito biblioteche lontane nello spazio e nel tempo. Ogni singolo vuoto si aggruma subito a seguire lungo il percorso in un piedistallo formato da libri parzialmente morsi dalle fiamme e sovrastati da una antica ed enorme campana che troneggia impietosa nel proprio silenzio. E così lo scorrere della visita ritmata dal susseguirsi delle stanze è un profondo addentrarsi nel mistero dell’immagine, dell’oggetto, quando si tramuta in senso assoluto, in idolo. Il cuore resta sospeso, il mare di vetro fragile naufraga in un angolo mentre sospesa un’ancora incide l’aria in un dialogo muto con le onde immobili del tempo. Sembra che tutta l’opera di Parmiggiani sia una sottrazione al tempo per rendere l’istante assoluto, necessario e in quel momento gli oggetti quotidiani, utilizzati dall’artista, si scardinano dal loro ruolo per divenire reliquie preziose. In questo processo la luce gioca un ruolo fondamentale. Luce che cela, rivela, acceca, taglia, avvolge, ruota. Un continuo insinuarsi di ombre nel candore, uno scorrere di fasci luminosi tra i muri ustionati, tra le composizioni di pani in ruggine radunate negli angoli. Ogni singolo particolare è stato scelto con cura e dovizia proprio per rendere evidente il senso di precarietà ma al tempo stesso di assolutezza che è proprio dello scorrere del Tempo. Divideva infatti l’esperienza del Tempo in due il filosofo Gaston Bachelard; ossia tempo verticale e tempo orizzontale, e a proposito del tempo orizzontale, nel suo testo l’intuition de l’istant, affermava: Ecco dunque i tre ordini di esperienze successive che devono liberare l’essere incatenato nel tempo orizzontale:
1. abituarsi a non riferire il proprio tempo al tempo degli altri – cioè spezzare i quadri sociali della durata.
2. abituarsi a non riferire il proprio tempo al tempo delle cose – spezzare cioè i quadri fenomenici della durata.
3. abituarsi – duro esercizio – a non riferire il proprio tempo al tempo della vita – non sapere più cioè se il cuore batte, se la gioia preme – spezzare i quadri vitali della durata.
De Dominicis @ Torino
Sempre con lo Spazio e il Tempo si confrontava l’artista anconetano Gino De Dominicis. Le sue opere spesso note quanto le sue trovate spiazzanti ed inusuali e la sua vita extra-ordinaria brillano di una luce quasi unica nel panorama dell’arte italiana. Opere patafisiche e osmotiche, erroneamente a volte considerate concettuali, sono celate in un alone misterioso che le sottrae all’attualità del nostro guardare; lo stesso De Dominicis affermava che non erano le opere a offrire se stesse allo spettatore ma era lo spettatore ad offrirsi alle opere.
I lavori esposti all’interno dell’interessante spazio della ex Lancia ora Fondazione Merz sono prevalentemente dipinti e realizzazioni grafiche, quindi una selezione che sposta l’accento più sulla ricerca grafico-pittorica che su quella performativo-istallativa. Questa scelta però non influisce assolutamente sulla qualità delle opere selezionate che regalano ai visitatori uno straordinario frammento del poliedrico mondo di GDD. Enigmatiche figure dai nasi affilati e allungati emergono dalle profondità di abissi pulsanti di colore. Il colore stesso sembra emanare presenze siderali, apparizioni di divinità smarrite nei secoli andati. La lamina d’oro serrata addensa nuvole che minacciose sembrano voler lasciare la parete per librarsi nell’aria. Le tecniche ricercatissime suggeriscono una riflessione continua da parte dell’artista che calibra ogni singolo movimento, ogni singola forza all’interno della propria creazione. Così la sensazione finale che si impone allo spettatore è che le immagini realizzate dall’artista siano opere energetiche, magnetiche, in grado di penetrare gli sguardi e radicarsi dentro. Idoli moderni (nel senso rovesciato; ossia precedenti, giovani, quindi antichi) dagli occhi stirati, lucenti, svuotati dalla vista sono i veri protagonisti di una malia che incuriosisce e stupisce. L’arte di GDD si potrebbe considerare un’arte ridotta all’osso, un midollo della creazione. Come ad esempio si può evincere dallo scheletro giacente, immobile, attrezzato al moto, dai pattini ai piedi, con al guinzaglio un altro scheletro, questa volta di un cagnolino e l’eterna “lancia cosmica” che fa da perno all’Universo, che inchioda la vita ma le permette di defluire verso l’ignoto. La morte è in pericolo e l’asse di rotazione la immobilizza, ma solo all’artista è concesso lo spazio del sacro, spazio in cui il moto è interiore non visibile ma energetico e magnetico. D’altronde nel fondamentale testo Vita e morte dell’immagine di Régis Debray troviamo scritto: Guardare non è ricevere ma ordinare il visibile, organizzare l’esperienza. L’immagine trae il suo senso dallo sguardo, come lo scritto dalla lettura, e questo senso non è speculativo, bensì pratico.
Così De Dominicis pone se stesso e la sua stessa vita, ancor prima delle sue opere nel vuoto contemporaneo della creatività come sacerdote, imperatore, artefice, generatore di immagini che cambiano attraverso lo sguardo il modo stesso di vedere e come affermava un grande poeta la densità stessa del sangue degli spettatori.
Mostra di Claudio Parmiggiani
fino al 23/03/2008
martedi-sabato 10.00-16.00 - domenica e festivi 12.00-16.00 - chiuso lunedi, 25 dicembre, 1 gennaio www.parmiggianiapistoia.it
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