Giorno 1 dicembre si è inaugurata la sesta edizione della Biennale Internazionale dell’Arte Contemporanea di Firenze, presso la Fortezza da Basso. I numeri di questa edizione sembrerebbero promettere un grande appuntamento nell’ambito dell’arte contemporanea, appuntamento che finalmente vedrebbe Firenze al pari di altre città-faro per la cultura delle arti visive, come Roma, Milano, Venezia. 2.500 opere, 840 artisti partecipanti, 76 paesi, ma anche circa 2 mila euro di adesione per singolo artista partecipante.
La rassegna è stata organizzata da Arte Studio di Piero e Pasquale Celona e dal direttore artistico Emanuel von Lauenstein Massarani, critico d’arte e soprintendente del patrimonio culturale del Parlamento di San Paolo del Brasile, vede come ospiti d’onore gli artisti inglesi Gilbert & George, assieme al direttore della White Cube Gallery Tim Marlow, e conferenze dedicate a celebrità dell’arte al femminile quali Frida Kahlo e Tina Modotti.
Gli artisti Gilbert & George presentano il loro film “the world of Gilbert & Gorge” e ricevono il prestigioso premio “Lorenzo il Magnifico” alla carriera che venne conferito l’anno precedente a Christo e Jean-Claude e Richard Anuszkiewicz e nel 2003 a David Hockey.
Però è da segnalare che gli inglesi Gilbert & George espongono nei medesimi giorni più di duecento opere presso il Castello di Rivoli; il Castello, per chi fosse interessato a visitare la mostra, non si trova a Firenze, ma nei pressi di Torino.
Tornando alla Biennale e ai suoi partecipanti non mancano interessanti sorprese, come ad esempio lo spazio dedicato all’Ars Electronica Center di Linz, il più “antico” museo di arte digitale del mondo, che propone alcuni video interattivi di forte impatto che coinvolgono in alcuni casi i visitatori in vere e proprie performance visivo – sonore.
Da segnalare il lavoro di Sonia Cillari, che coinvolge fisicamente gli “spettatori” tramutandoli in veri e propri protagonisti, in un gioco sensuale che altera le figure su due pannelli-schermi rispetto ai movimenti compiuti attorno ad una ragazza immobile che funge da perno all’intero reticolato energetico. Un’interazione futuristica ed enigmatica che sorprende per le sue variegate estensioni e crepitii sonori.
Ma l’attenzione viene rapita anche dal lavoro “Noise and voice” di Tmeta in cui la voce e i suoni emessi dagli spettatori si trasformano in flussi colorati sui maxischermi che li sovrastano creando dei percorsi cromatici fantasmagorici.
Sul versante della scultura colpiscono le opere di Marian van Essen che si compongono di materiali naturali ricomposti in strutture fortemente simboliche come la piroga di piume o la roteante scultura “placuna” costituita da centinaia di conchiglie importate dalle Filippine. Immagini che rendono il senso profondo di un’appartenenza al fare artistico come vero e proprio lavoro meticoloso e manuale. La riflessione sulla natura è protagonista anche nelle opere dell’artista olandese Saskia van Dijk, che realizza con seta colorata piccoli insetti realmente esistenti, giocando su di un realismo spietato e un’attenzione entomologa giocosa.
Teche in vetro simulano le bacheche di un vero e proprio museo della rielaborazione del microcosmo naturale in un microcosmo “virtuale” ma al tempo stesso realizzato con cura maniacale.
Per quanto concerne la pittura l’attenzione non può non essere catturata dall’unico lavoro presentato dalla tirolese Gabriela Proksch. Una pittura di velature e trasparenze, vibranti nelle tonalità a volte calde, altre acide, che si scompongono e compongono in segni grafici che indicano, disseminano indizi, creano percorsi che a volte divengono brandelli di frasi, singole parole inghiottite dal fluttuare delle morbide geometrie sfumate.
Sempre nell’ambito della pittura “geometrica” si segnalano le opere di Michel-Philippe Lehaire, che giocano con i paini visivi dello spettatore, creando corridoi visuali inaspettati e multiprospettici. I toni caldi e freddi servono così all’artista per catapultare l’attenzione in un mondo sospeso ma pulsante di energie enigmatiche.
Così indugiando ancora tra gli stand si possono incontrare artisti intenti a confrontarsi, critici, giornalisti incuriositi e molti giovani, a questo proposito penso proprio la loro presenza sia una grande vittoria dell’organizzazione nei confronti del disinteresse e della distrazione dei nostri adolescenti.
A giro ultimato, si tirano le somme e la valutazione dell’evento si biforca: da un lato si notano tanti interventi di ottima qualità, come la zona dedicata all’Ars Electronica, o gli artisti sopra citati, per non menzionare ovviamente i grandi nomi intervenuti, mentre per quel che riguarda il potenziale inespresso, che rende questa Biennale fiorentina ancora troppo simile ad un agone tra artisti forse un pò troppo eterogenei nella qualità delle proprie opere, ci aspettiamo un sforzo ulteriore per rendere questo appuntamento imperdibile e ricco di ulteriori sorprese.
La Giuria Internazionale, costituita da autorevoli personaggi, sarà chiamata girono 9 dicembre ad assegnare i premi ed i riconoscimenti agli artisti vincitori di questa sesta edizione della Biennale dell’Arte Contemporanea di Firenze; un’occasione comunque da non mancare.
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