Goodmorning Boy, Guignol, Hat Melter (Hess/Klatt/Mueller/Turner), I/O, Il Generale & Toni , Kammerflimmer Kollektief, Ken Ishy, Kopernik, La Betoniera, Luxluna, Mara', Masha Qrella, Massimo Aiello, Meanwhile Back In Communist Russia, Memoria Zero, Militia
Goodmorning Boy, Guignol, Hat Melter (Hess/Klatt/Mueller/Turner), I/O, Il Generale & Toni , Kammerflimmer Kollektief, Ken Ishy, Kopernik, La Betoniera, Luxluna, Mara', Masha Qrella, Massimo Aiello, Meanwhile Back In Communist Russia, Memoria Zero, Militia.
Goodmorningboy / Song = epitaph: outtakes /Urtovox
All’inizio dell’anno gli Elle ci hanno regalato quello che a mio parere è destinato a rimanere uno dei migliori album prodotti in Italia nel 2003.
Marco Iacampo (alias Goodmorning Boy), voce e chitarra degli Elle, ci offre ora un minicd che raccoglie alcune outtakes del suo album d’esordio come solista ed alcune new songs. Un album suonato in punta di voce ma che allo stesso tempo ha la forza e la personalità di un’opera di cantautorato non seduta sugli italici cliché del genere.
Deliziosa “The Soldier Bleeds” solo voce e chitarra acustica arpeggiata, mentre “Snowfall” e “Hannover” cantate a due voci ricordano molto i primi Flaiming Lips, ancora attaccati alla tradizione country pop americana.
Un cd da ascoltare nei momenti di relax, un musicista ed una band (gli Elle) da seguire con attenzione nelle loro prossime uscite.
Roberto Baldi
Hat Melter (Hess /Klatt / Mueller/Turner) / Unknown album / Crouton
Il nome di questo gruppo temporaneo è quasi letteralmente quello formato dai nomi dei musicisti. quasi ma non del tutto. Il nome di questo album va dritto al cuore del suo contenuto musicale. Cosa stanno facendo? Che roba è? Due violoncelli e due set di percussioni? roba sconosciuta. Io almeno non lo so. Le parti dei violoncelli, Matt Turner è uno dei più importanti violoncellisti impro della scena mondiale (tutte le registrazioni di partenza sono originarie di set suonati dal vivo), sembrano fare il lavoro delle percussioni, mentre i percussionisti (entrambi i suonatori di percussioni sono dell'area di Chicago, voi sapete che musicisti post arrivino da quelle parti...) sembrano fare le veci di armonie e melodie. Strano ma in realtà poi ci sono riusciti... Solo due tracce. Solo 35 minuti. Ma che suono sperimentale! Un disco vibrante con suoni caricati e arricchiti dalle trame degli archi e dalle stranezze delle percussioni. E' strano, e alla stessa maniera è il disco. Un disco non per moltissimi. Da scoprire ma con cautela rispetto ad emozioni non usuali. Questo è un altro esempio di come oggi (e in futuro sempre più) le libere e caotiche cose fatte dall'anima, dalla psiche, dal cervello, dalla cultura, dall'esperienza degli uomini e dai loro strumenti e mezzi, siano riarrangiati con l'aiuto dell'uso di intelligenze artificiali che stanno provando a ordinarle per darle un senso.
Giovanni Vernucci
Homelife / Flying Wonders Wobbly Jack EP / Ninja Tune
Homelife / Seedy EP 10" / Madwaltz
Homelife / Unknown EP 12" / Madwaltz
Homelife / Too Fast EP 12" / Ninja Tune
Visti per caso nemmeno una settimana fa a Vendome mi son piaciuti. Una famiglia numerosa sul palco, strumentazione larga ed allargabile, composizioni strette e poppeggianti, un senso di astrazione anche se ogni arrangiamento è curato nei minimi particolari. Una cover di Sun Ra (il suo lato pop-soul) mi ha rimesso tutto in chiaro. Ho ripetuto per tutta la sera a chi mi chiedeva perché mi fossi comprato questi quattro dischi che non l'avevo fatto per quello che avevo ascoltato, ma per quello che mi faceva venire in mente. Non sto a commentarvi i brani uno per uno. C'è pane per molti denti qua dentro, hanno pubblicato anche svariati cd, ma a me che me ne frega, si ossideranno tutti. I vinili, a meno di una catastrofe solare, resteranno ascoltabili per molti anni a venire. E penso che questa tripletta ripasserà spesso sul mio piatto, anche fra quindici anni.
Jacopo Andreini
Il Generale & Toni / “Più che mai” / Heartcore records
Alì Babà / “Alì Babà” / Sana Records
Era un sacco di tempo che non ascoltavo con piacere un disco di raggamuffin. Ricordo l’entusiasmo un po’ infantile agli inizi della stagione delle posse, hip-hop e reggae in italiano nei primi anni novanta, con la sua pioggia di mix. Ricordo da una parte “Stop al panico” dell’Isola Posse e dall’altra “Fuecu / T’à sciuta bona” del Sud Sound System”. E subito prima c’era stata l’Onda Rossa Posse… e subito dopo Speaker Dee Mo’, Papa Ricky, Lou X… poi una sovraesposizione dell’intera scena… poi gli Articolo 31… i Gemelli Diversi…
Qualche altra sporadica uscita degna d’interesse c’è stata, sì, nel corso degli anni, ma veniamo ad oggi. Due cd intiepidiscono il mio lettore, di recente: l’ultimo cd de Il Generale, che si intitola “Più che mai” e l’album omonimo degli Alì Babà.
Di questi ultimi non so quasi niente. Sono siciliani, della provincia di Enna. Hanno una certa passione per il sole, il caldo e la libertà. E’ la musica che parla, ben suonata e adeguatamente danzereccia. Brani più accattivanti: “Raggamuffin Raggamaffia” e la cover di “Let It Be”, direi.
Del Generale, invece, so molte cose. Innanzi tutto, Stefano Bettini è in pista da oltre 20 anni, prima negli I Refuse It!, esponenti del Granducato Hardcore degli Ottanta, per poi dar vita con qualche amico a uno dei primi esempi di reggae in italiano (qualcuno si ricorda di “Non è un miraggio Roberto Baggio”? Roba del 1989, nientemeno). Dopo un lungo silenzio è tornato con un cd, realizzato con Toni (che proviene dal giro dei Pitura Freska) e i collaboratori di sempre, da Jaka a Irie V, Ludus Pinski e Miss Linda e molti ospiti, tutti accomunati dal fatto di vivere in Toscana. La sua città è al centro delle canzoni: quella positiva del Social Forum (“Quanto mi sei piaciuta Firenze”), quella negativa dei bottegai (“Non è la mia Firenze”) e quella calcistica di “Più che mai viola”, il mini cd uscito in contemporanea all’album, consigliato più che altro ai soli tifosi. Qualche pezzo è davvero buono: su tutti, “Semina amore”.
E io mi diverto molto, sotto quest’ombrellone che ho piantato in salotto. Niente bagni, per carità. Solo una doccia ogni tanto.
Guido Silotto
I/O / s/t / Ebria Records
Impossibile descrivere adeguatamente sia la dialettica suono-vs-silenzio operata dagli strani rantoli della voce e - in parallelo - dalle timide note degli strumenti, sia le conseguenti metamorfosi ritmiche e proto-strutturali nel loro svolgersi minimale e catatonico. Inadeguato tentare di decifrare quei piccoli atomi di rumore e cacofonia capaci di creare da soli sfumature cupe, claudicanti, schizofreniche, assurde. E’ lecito invece evidenziarne la cifra stilistica attraverso quei “nobili” paragoni che sembrano schiudersi e rivelarsi dai suoni stessi: Starfuckers, NmperigN, StormAndStress, Slint, minimalismo, Demetrio Stratos, radical-impro.
Se è vero che ci troviamo di fronte a un codice sonoro non ancora del tutto “nuovo” – strettamente legato a quell’avanguardia rock “de-strutturativista” e oltranzista che durante tutti gli anni ‘90 ha trovato nel lavoro di bands quali Royal Trux, Starfuckers, Us Maple, StormandStress la sua massima espressione – dovremo senz’altro notare che la nascita di un’etichetta quale Ebria Records, con la conseguente pubblicazione di un disco non del tutto inaccessibile ma strettamente sperimentale quale il debutto degli I/O, può davvero rappresentare un nuovo promettente tentativo di incanalare quella fetta di pubblico indipendente interessata sia agli ardui intellettualismi della Fringes, sia al riflusso post-rock della Wallace, verso un’unica nuova grande realtà.
Per ora possiamo quindi fare i complimenti a questi ragazzi, facendogli notare in tutta umiltà che manca loro un solo piccolo appunto cromatico da porre tra il bianco e il nero, i due non-colori che Ebria e gli I/O hanno scelto per la loro veste grafica (e ideale): il colore in questione si chiama “futuro”, e sarà certo difficile – ma non impossibile – da trovare. e-mail: info@ebriarecords.com
BakuniM
Jaga Jazzist / The stix / Ninja Tune
Li avevo conosciuti lo scorso anno grazie alla ristampa curata dalla Ninja Tune del loro ottimo “A livingroom hush”, disco uscito originariamente nel 2001 per la Smalltown Supersound, e li ritrovo ora con il nuovo “The stix”, frutto proprio di una collaborazione tra Ninja Tune e Smalltown Supersound. Loro sono i Jaga Jazzist, collettivo norvegese composto da 10 elementi che in patria arriva ad occupare le posizioni alte delle classifiche di vendita e che invece qui da noi potrà tutt’al più fare la felicità di quanti amano quelle forme di musica strumentale nelle quali il jazz va a braccetto con la musica elettronica. Volendo fare qualche nome i Jaga Jazzist potrebbero essere considerati l’ideale anello di congiunzione fra le acrobazie ritmiche dei Tortoise e le atmosfere di celluloide della Cinematic Orchestra. Questo “The stix” conferma i Jaga Jazzist su alti livelli qualitativi anche se la band norvegese dà l’impressione di aver voluto consolidare le strutture del proprio sound anziché andare alla ricerca di nuove soluzioni stilistiche: dopo aver amalgamato tra loro gli ingredienti più disparati (l’elettronica, il funk, il free-jazz, il mondo delle colonne sonore, il post-rock), i Jaga Jazzist continuano a sfruttare una formula combinatoria che si è rivelata vincente rinunciando ad esplorare più a fondo le ulteriori potenzialità espressive dei singoli elementi di partenza. Il disco, è giusto ripeterlo, funziona molto bene sia nel suo impianto complessivo che nei suoi singoli episodi (su tutti l’accoppiata “Day”/“Another day” e “I could have killed him in the sauna”), ma il mio entusiasmo si stempera inevitabilmente un po’ constatando che i Jaga Jazzist non sono quel gruppo che credevo capace di sorprendermi ad ogni nuova uscita discografica.
Guido Gambacorta
Kammerflimmer Kollektief / Cicadidae / Staubgold
Ancora un disco dalla Germania che mette insieme musica suonata e campionatori, ancora meditazioni sull’interazione tra programmazione e improvvisazione, ancora canzoni che creano atmosfera, solo musica e niente voci, ancora una copertina che evoca ambienti misteriosi. Che palle!, direte voi. E no, dico io. Questo disco – il quarto dopo “Maaander” del ’99, “Incommunicado” del 2000 e il mini “Hysteria” del 2001 per il “collettivo” formato da Thomas Weber (chitarra, piano e computer), Heike Aumuller (soundprocessing), Christopher Brunner (batteria e vibrafono), Dietrich Toth (sax), Johannes Frisch (basso) ed Heike Wendelin (violino) - va ascoltato dall’inizio alla fine, tutto in una volta e a luci basse. Perché non è la solita cosa. Come dire, ci sono sfumature che lo fanno fascinoso. “Uber die Wasserscheide” è un jazzino alla Badalamenti che fa resuscitare Laura Palmer; “Blood” resta sospesa fino all’amorevole delitto, mentre fuori piove; “…denn Nacht ist jetzt schon bald!”” è blues in un’estasi glitch; il violino di “Sie Tranken Regen” fa scricchiolare la porta del cuore; “Mantra” va bene per una festicciola subacquea. C’è una sola parola per definire questo disco. Indovinate qual è?
Guido Silotto
Ken Ishy / Future in light / Exceptional
Ebbene : da oggi abbiamo il nostro lustrissimo Etienne De Crecy giapponipponappon.
Tempovision, Future in light. Speriamo bene.
Giovanni Vernucci
Richard H Kirk / Richard H Kirk presents TWAT v. 04 The war against terror / Intone
L’ex Cabaret Voltaire Richard Kirk scende in guerra. Questo disco vuole essere lo specchio d’un campo di battaglia della guerra globale al terrorismo. E’ continuo scambio complesso fra continenti. Africa, Stati uniti, Medio oriente, Europa. La complessità però viene resa da una forma che all’orecchio può parere piuttosto semplice. E soprattutto al corpo, visto che questo è un disco per il corpo. Colonna sonora d’un rave a questo punto forzatamente multietnico? Manifestazione pacifista? Presa di posizione politica? Libera partecipazione nell’interpretazione (storica) del nostro tempo? Speranza (di festa, di pace)? Paura per l’avvenire?Rabbia da sfogare? Ritorni del passato un po’ rimosso? Abbandono all’estasi biomeccanica ed elettronica? E’ l’inverno 2003.
Giovanni Vernucci.
Kopernik / Kopernik / Eastern developments
Ultimamente sento interi album ke usando l'elettroakustica realizzano nuovi, almeno per me, mondi che fanno skonfino di ambient new age, post rock strumentale akustico e kameristico, minimalismo dilatato (tutto questo senza seguire troppi cliché o soluzioni semplicistike, in effetti pare dietro ci sia un grosso lavoro di kostruzione ed una ispirazione adeguata), una improvvisazione placida e ispirata, tesa alla deskrizione di luoghi astratti e vagamente sognanti, kome arkadie pseudo orientaleggianti (kalma, meditazione, respiro, tempo naturale, va da sè) e inesistenti, paesaggi primitivi, lande deserte montane ghiacciate, luoghi fioriti del'anima celebrale, visti kome dall'alto del planare fintamente avventuruso di una telecamera filmika. Cos“ tra frasi di korno, bassi incisivi, aperture violoncellistiche, alte larghezze kitarristiche e sintetiko digitali, scie allungate e vaste aperture neoklassiche avvoltolanti ma non tiepide, assenza di ritmika e melodiare semplice, prendono forma questi luoghi visionati in otto tracce ke sul sito di Piero Scaruffi vengono indikate, per ora, kome secondo disco rock dell'anno. A me mi pare di rock abbiano poco. Vedete un po' voi.
Giovanni Vernucci
La betoniera / La sfera bianca / autoprodotto
A volte la bruttezza è insita nel suono. Le idee giuste, canzoni frizzanti, ma bastano 3 secondi perché la mente concepisca il pensiero che tanto si vorrebbe evitare. Brutto. A questi musicisti consiglio vivamente di abbandonare il progetto La Betoniera (brrrr) e di dedicarsi a una qualche attività part-time. Molte offerte sono disponibili all’indirizzo internet www.interinaleitalia.it
BakuniM
Marà / If you only knew / C.H.O.O.
Restando sempre nel panorama Break, i Marà stanno cercando di farsi spazio con “If you only Knew”. L’album è molto completo…non vi annoierete perché varia dalla Break alla Deep al Pop. Dubbia la voce…!?A parte questo album, è uscita da poco anche una White su C.H.O.O. ancora per spingere di più “If you only Knew”. Due remix di “Shake that think” di Gene Carbonell e “Satisfyme” di Shafunkers, relativamente le tracce n° 9 e 5 dell’album.
Etta ’74
Masha Qrella / Luck / Monika
Due note suonate alla chitarra, un inceppamento, poi la voce che parte e spezza il loop creando una melodia che ti resta nella mente anche ore dopo l’ascolto: questo pezzo è “I want you to know” che apre il cd e grazie al quale ho conosciuto Masha Qrella, bassista nei Mina e se non erro anche nei Contriva, qui al suo esordio da solista. Si tratta di un disco per convenzione “minore”, uscito fra l’altro un po’ di mesi fa, ma la sua scarna bellezza mi ha spinto a parlarne, del resto su Succo non è la prima volta che si pesca nel passato recente. Ogni brano di “Luck” è una piccola perla acustica arricchita da samples molto essenziali e dalla timida voce di Masha, davvero ammaliante e a tratti toccante come nel sincero omaggio “To Mr. Wyatt”. In chiusura, la bonus track “Vertikal”, nientemeno che una cover dei Rechenzentrum che riesce a migliorare l’originale, già grande in partenza. A questo punto spero che il disco non resti un caso isolato, in pochi riescono oggi a rivitalizzare il cantautorato senza apparire passatisti.
Italo Rizzo
Meanwhile back in communist Russia / My elixir; my poison / Truck
L’attimo in cui il dolore prende forma. In quell’attimo la musica dei Meanwhile Back in Communist Russia. Soffi elettronici, suoni campionati, tastiere ombrose, i colpi cadenzati della batteria, i monologhi di Emily Grays. Senza alcuna autoindulgenza. Se Lydia Lunch avesse cantato negli Slint. Se i God Machine avessero fatto un terzo disco. Se i Sigur Ros fossero inghiottiti da una voragine. Ogni singola nota una ferita non cicatrizzata.
“Th5” è il torpore del risveglio.
“Anatomies” è il caldo abbraccio delle proprie ossessioni.
“Chinese lanter” è il tuffo da un trampolino sospeso nel nulla.
“Realization” è un battito di ciglia.
“Heliotrope” è il sapore della morte in bocca.
“Cusp” è un pianto ininterrotto, per niente consolatorio.
“Roses for her” è un assurdo balletto con le ombre della notte.
“Holomovement” è il sangue che scorre nelle vene.
“New adventures” è un rantolo strozzato in gola.
“Heatstroke” è tutto ciò che non può essere spiegato a parole.
P.S. : Non ancora distribuito in Italia, “My elixir; my poison” è un disco IMMENSO: cercatelo su www.truckrecords.com
Guido Gambacorta
Militia / 4:48 / Materiali Sonori
“4:48” è la colonna sonora di una performance audio-visiva commissionata ai Militia dalla rassegna di animazione grafica "Cartoombria” ed eseguita per la prima volta all’Auditorium Santa Cecilia di Perugia nel dicembre del 2002. Dopo aver incontrato il poeta Macdara Woods ("Above Pesaro", 1999) e dopo aver musicato per il teatro un’opera del francese Marcel Schwob (“La crociata dei bambini”, 2001), i perugini Militia (per loro una carriera ormai ventennale alle spalle) si confrontano nuovamente con il mondo della letteratura traendo questa volta ispirazione da “4:48 Psychosis”, ultima opera della grande drammaturga inglese Sarah Kane morta suicida nel febbraio 1999. Incentrato proprio sul tema del suicidio filosofico - suicidio come fuga dal dolore - “Psicosi alle 4 e 48” può essere considerato il testamento spirituale della Kane, la sublimazione artistica di quel gesto con il quale l’artista inglese si tolse la vita pochi mesi dopo aver consegnato alle stampe questo dramma: per la Kane la scelta della morte è ineluttabile e deriva dalla consapevolezza che già in vita si è dei moribondi, poiché la vita non è altro che una malattia dell’anima. Purtroppo non ho avuto la fortuna di assistere alla presentazione della performance dalla quale è poi nato questo lavoro dei Militia licenziato dalla Materiali Sonori, ma quello che posso dire dopo aver ascoltato “4:48” è che la musica del gruppo perugino si è fatta una cosa sola con l’angoscia esistenziale del testo della Kane: i monologhi e i dialoghi di “4:48 Psichosis”, qui affidati alle voci di Elena Okechukwu e Roberto Biselli (attore del Teatro di Sacco), assumono la forma di uno spoken word ora scandito da rumori post-industriali (traccia 1 e 3), ora dilatato in un canto soul apocalittico (numero 4), ora incalzato da ritmi proto-dance (la drum’m’bass stilizzata del quinto brano). Stupisce la profondità di ciascuna delle sei tracce qui contenute e stupisce la compiutezza di un lavoro che pure si esaurisce in meno di 30 minuti (26 per l’esattezza). Il vero e proprio nuovo disco dei Militia, di cui questo “4:48” rappresenta un ottimo antipasto, è attualmente in fase di lavorazione e vedrà tra l’altro la prestigiosa partecipazione di Nobukazu Takemura.
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De Dieux /\ SuccoAcido