Breakfast, Bugo, Buzzcocks, Candies, Cinerama, Claude Cambed & The Headlines, Comma22, Dave Devil, David Bowie, De Void, Debord, Demi Project, Devics, Di Malta, Diaframma, Dilatazione, Dilemma, Dilute, Discom, Dj Mreux, Dll, El Guapo, Exp.
Breakfast, Bugo, Buzzcocks, Candies, Cinerama, Claude Cambed & The Headlines, Comma22, Dave Devil, David Bowie, De Void, Debord, Demi Project, Devics, Di Malta, Diaframma, Dilatazione, Dilemma, Dilute, Discom, Dj Mreux, Dll, El Guapo, Exp.
BREAKFAST / Promo 2003
Tornano i Breakfast: a distanza di quasi due anni dall' ottimo LP d'esordio uscito per la Santeria/Audioglobe, appunto giugno 2001. Pare che alcune vicissitudini negative intercorse con l'etichetta ne abbiano bloccato attività live, promozione ed altre funzioni vitali, e in questa fogna di mondo non ti puoi fermare un attimo!... Nonostante ciò il duo italo-australiano effettua alcune date importanti che culminano con la partecipazione al festival indipendente Tora!Tora! - 2002. Questo promo, che è parte del materiale per il nuovo album, riparte da dove ci avevano lasciati... si tratta di un nuovo viaggio lisergico verso le radici del Pop, conservando inalterate le caratteristiche salienti che avevano fatto della precedente prova un gioiellino di rara fattura... Credibilità delle liriche, parliamo di inglese - per un gruppo italiano può diventare un lusso! -, un sapore retrò fatto di sapienti manipolazioni analogiche - stesse tecniche sixties - e di intimismi psichedelici. L'imprinting all'ascolto, per me inequivocabile: Revolver versus Kruder & Dorfmeister... Infatti, alla spontaneità delle dinamiche pop, viene correlato un sapido contrappunto di ambiente viennese, un elemento quasi esotico, considerando le coordinate quasi "classiche" della forma/canzone cui si fa riferimento costante... I Breakfast coniugano familiari echi Barrettiani e frattali di musica da club in modo fresco e quasi sperimentale... L'esemplificazione quasi didascalica di questo ibrido culmina nel remix di "Varanasi Baby" degli Afterhours, B-side del nuovo singolo del gruppo milanese in uscita a febbraio. I Breakfast sono uno dei pochi esempi credibili in Italia di cosa significhi la connessione ad un approccio cosmopolita, superprovinciale del semprevivo fenomeno Pop. Il Rock'n'Roll non si parla, si vive. Contano di far uscire il nuovo lavoro entro giugno 2003, e noi glielo auguriamo di cuore.
Joele Valenti
BUGO / Dal Lofai Al Cisei / Universal
Molto si è detto sul fatto che la major rischiasse di rovinare Bugo si è detto invece sul bene che Bugo avrebbe potuto fare alla major. Il mio è forse un discorso superficiale, ma al di là della riuscita del disco di Bugo su Universal, penso sia una buona cosa per un adolescente trovarsi in TV un tipo irriverente che gli va a dire che vorrebbe essere GG Allin. Sì perché questo è anche un disco major che parla di GG Allin. Musiche bugattiche come al solito, si rimane sul discorso beck-spenceriano intrapreso con La Prima Gratta, con meno lo-fi e più rap ed elettroniche, e forse un po' di stanchezza che spunta qua e là ad appiattire un poco questo suo marasma creativo-cantautorale. Penso però che la fase d'oro di Bugo inizierà proprio ora, che l'unico rischio che corre il nostro è quello di ritrovare tra i suoi fans categorie di non esatta appartenenza, che se la Universal vorrà mai che il Bugo sia un Bugo buffone sarà ora che il nostro faccia - forse i tempi non sono ancora maturi? - il suo Sea Change, per sbollire gli animi. Un disco carino invece questo, qualche inno già riposto nell'immaginario (questa storia è qualcosa di... di spettacolaaaaare), qualche rammarico per una registrazione un po' piatta (io mi rompo i coglioni), e l'addio alla provincia con storie e sguardi rivolti a Milano e alla "città". Va bene così, voltiamo pagina.
BakuniM
BUZZCOCKS / Spiral Scratch EP / Mute
BUZZCOCKS / Time’s Up / Mute
Chi ha amato il primo punk inglese non potrà trascurare queste attese ristampe su CD che hanno il merito di rendere nuovamente disponibili due rari reperti di quegli anni d’oro in cui il punk faceva terra bruciata di tutto ciò che lo aveva preceduto. Tra la fine del 1976 e l’inizio del 1977, i Buzzcocks di Howard Devoto e Pete Shelley divennero un punto di riferimento per la nascente scena indie creando (forse senza saperlo) una matrice alla quale decine di bands si sarebbero ispirate negli anni a venire. Le 4 tracks di Spiral Scratch, primo singolo dei Buzzcocks, furono suonate, incise, stampate e distribuite dal gruppo stesso in totale aderenza agli ideali un fieramente naif del Do It Yourself, che, visti col senno di poi, hanno costituito uno dei punti fermi dell’etica/estetica del movimento punk. Riascoltando le parole rabbiose di Boredom, il messaggio è ancora oggi forte e chiaro: un calcio negli stinchi alla noia e una gran voglia di buttarsi tutto alle spalle, senza certezze o sicurezze, contro le istituzioni, la famiglia e ogni forma di ordine precostituito. Gli stessi quattro brani, ma in una versione lievemente diversa, sono inclusi in Time’s up Reperire questo disco è stata finora un’impresa ardua e costosa: dopo numerose ristampe su bootleg di scarsa qualità, oggi ci si potrà accostare nella maniera migliore a queste incisioni che traboccano velocità e melodia. Uno dopo l’altro, undici eccellenti esempi di come si può creare un piccolo classico anche senza saper suonare. Pochi mesi dopo queste sessions, Howard Devoto, il piccolo ed inquieto frontman, lasciò la band per formare i grandi ma sottovalutati Magazine. I Buzzcocks continuano a suonare ancora oggi, proponendo un live-set ricco di citazioni di quei giorni irripetibili. Ma questa è un’altra storia.
Raffaele Zappalà
CANDIES / Dense Waves Make Your Eyes Wider / Turn-Suiteside
Nervosi, di quella scomposta nevrosi quasi ai limiti con l'epilessia che sgorgava dai vasi ematici della new wave più dislessica. Chitarre che scagliano fendenti, bassi metallici, la voce di un Robert Smith (il cervello di Device Power o il cuore di Statue, trafugati dal frigo di Three Imaginary Boys, NdLYS) perso nel suo ultimo incubo, il peggiore. Wire, Fall, Gang of Four, P.I.L. ma anche Blonde Redhead, Ulan Bator, Unwound, God Machine, Fugazi (l'elettricità statica di No Edge) a riflettersi in una camera di specchi deformanti. La schizofrenia di >Leaving our homes è diventata inquietudine isterica, convulsa, affannosa e la musica dei Candies ha preso fuoco, ha centrato il bersaglio, sanando la crepa che fendeva le mura del loro debutto, cicatrizzando quella frattura tra congestioni noise e quiete da rifugio postatomico che costituivano l'ossatura di quel disco. Ora il sound si è fatto sorprendentemente omogeneo, organico, compatto e la furia del trio che prima pareva sbandare, viene fatta convergere in un calco sonoro che sa di termoioni, plastilina, polveri d'amianto e polistirene. Ascoltato su un etto di vinile anziché immerso nel silenzio digitale sarebbe stato un vero delirio. Così è "solo" il primo grande disco di questo 2003. Essere una band grandissima e dimostrarlo senza riserve.
Franco "Lys" Dimauro
CINERAMA / Torino / Scopitones
David Gedge è un vecchio amico, di quelli che perdi di vista e poi, quando per caso li incontri, sono tante le cose da raccontare. Fino a pochi anni fa ha guidato una straordinaria formazione di culto, gli Wedding Present, una band apprezzata in Gran Bretagna, importante almeno quanto gli Smiths per ridefinire il pop inglese degli anni ottanta, ma che qui da noi non è mai riuscita ad emergere del tutto, chissà poi perché. Eppure ha pubblicato dischi eccellenti, senza parlare dei primi fulminanti singoli, caratterizzati dall’affascinante miscela tra la particolarissima voce di David, i suoi testi intelligenti, un chitarrismo frenetico di stampo punk – e debitore di Velvet Underground e Fall - e le copertine in odore di pop art. Mi si perdoni, ma non conoscevo questo suo ultimo progetto, intrapreso col vecchio compagno di strada Simon Cleave e la moglie Sally Murrell, anche se siamo già al terzo capitolo (dopo "Va Va Voom" del ’98 e "Disco Volante" del 2000, senza contare la raccolta di singoli "This Is Cinerama" e una "Peel Sessions"). E la vergogna arriva al culmine se confesso che il cd in questione è stato pubblicato nel luglio dello scorso anno (!). Registrate da Dare Mason e dall’ormai fido Steve Albini, le 13 tracce dell’album sono splendide e commoventi, con efficaci trame di chitarra e un largo uso degli archi, sempre pronti a sottolineare i momenti in crescendo, che rendono il tutto vigoroso e coinvolgente. I testi sono brevi trattati sulle relazioni amorose: dall’amante rassegnato di "Get Smart" ("That's a price that I'll pay to stop you going away / Keep telling your lies, I won't criticise if it means you will stay") a quello indeciso di "Two Girls" ("But she charms me, she harms me, she fights me, delights me / She breaks me, she takes me, she eats me, she defeats me"), fino a quello tradito di "Close Up" ("Again, oh please just tell me again / And this time don't fail to give me every last detail / I'm sincere, I really do want to hear / What was in your head when you had a stranger in our bed"), per poi chiudere col rimpianto della struggente "Health and Efficiency" ("You don't appreciate the joy until you lose it"). Il tutto, con la solita capacità di affrontare dilemmi universali nel breve spazio di una canzone, fino a comporre una sorta di concept-album sui rapporti tra uomo e donna. E poi la voce, quella voce… e l’eco del passato… e lo smalto da maestro che una personalità artistica così forte non perde mai. Bentornato nella mia stanzetta, David.
Guido Siliotto
CLAUDE CAMBED & THE HEADLINES / Good Sixtie Pops / Happy Man Music + Great Machine Pistola + Shinseki
Beh, già il titolo dice tutto: cori, coretti, tante melodie, trombe e fiati solari e squillanti, chitarre dal mood sbarazzino e canzoni di ottima fattura. Vi verranno in mente a tratti i Beach Boys e a tratti i Beatles ascoltando questo gustosissimo disco da spiaggia, surf pop riuscito e divertente, a tratti abile nello sconfinare in territori Soul (Let you go) o muoversi addirittura sulle linee di un’ipotetica soundtrack di 007 (Not forever, Mr Bond). Il suo unico limite è proprio quello di non aggiungere nulla di nuovo alle influenze sopra citate. Ma sarà di sicuro un ottimo compagno per l’estate, e penso che la loro intenzione fosse proprio questa.
BakuniM
CLAUDE CAMBED & THE HEADLINES / Good sixtie pops / Happy Man Music + Great Machine Pistola + Shinseki
Terzo disco firmato dal revivalista Claude Cambed dopo "Home tapes vol. I" del 1993 e "Marcello’s wife’s cake" del 1999. "Good sixtie pops" è un collage di citazioni sixties e seventies, un vero tributo goliardico nel quale il puro piacere di fare musica spazza via qualsiasi possibile accusa di plagio, accusa che del resto sarebbe completamente fuori luogo visto che è lo stesso Claude Cambed a mettere a nudo nel libretto del cd le varie influenze confluite in ciascun pezzo. E così anche il più volenteroso tra i recensori si troverà di fatto senza lavoro semplicemente sfogliando il booklet, vero e proprio diario (i 20 pezzi raccolti nel disco sono nati in un periodo piuttosto ampio che va dal 1995 al 2002) nel quale Claude Cambed rivela aneddoti sulle varie canzoni citando tutti i propri numi tutelari: a farla da padrone sono ovviamente i Beatles, ma c’è spazio anche per il Paul McCartney solista, per i Beach Boys, i Led Zeppelin, gli Who, i Rolling Stones, per il primo Elthon John e per David Bowie, per un omaggio a Burt Bacharach e per un saluto a Giovanni Ferrario dei Micevice (batteria, chitarra e voce in "Piggie suicide"). Evitabile la nota buonista contro l’uso di droghe in "Fly away"; spassosa la nota di accompagnamento a "Matilda loves me": "Molti uomini non riescono a spiegarsi la logica femminile. La fidanzata che passa con velocità straordinaria dal Cucci Cucci amore mio al devo riflettere e ti molla inesorabilmente." Disco consigliato a chi è abituato ad iniziare la propria giornata canticchiando sotto la doccia "Ob-la-di ob-la-da".
Guido Gambacorta
COMMA22 / Casual Sex / Cosabeat Produzioni
Lounge oscura ed ipnotica (loops, sintetizzatori, sax, chitarra), di buona fattura, viene tristemente stuprata (e rovinata) da una voce orrenda e sommessa che spara cyber-cazzate per mezz’ora. Quattro brani registrati live, capaci di intrigare e stupire a livello musicale, e incapaci di convincere a livello testuale-vocale. Ma i margini di miglioramento ci sono, ragazzi, eccome.
BakuniM
DAVE DEVIL / Interference / Gothic LTD
Di nuovo un promo firmato dalla medesima etichetta italiana Gothic. Restiamo sullo stesso genere trance italiano con i relativi intrecci di produzione…c’è sempre lo zampino di Piero Zeta e Manuel Es. Come mai Dave non si è fatto chiamare Dave D. invece che Dave Devil? Forse per rompere la monotonia dei progetti. Solite due tracce, invernale e destiva, A-1 original mix e B-1 Kraftune rmx…stesso commento del primo: Goa continua ad essere lontana!
Etta'74
DAVID BOWIE / Heathen / ISO-Columbia
Un sogno irrealizzabile: arrivare a cinquant’anni con la serenità spirituale di Sting, il conto in banca di Michael Jackson, il fisico di Iggy Pop e la voce di David Bowie… Prodotto da Tony Visconti - lo stesso di "Young Americans", "Heroes" e "Low" - "Heathen" fotografa un David Bowie meno disposto ad osare rispetto al passato anche recente (penso a dischi come "Outside" ed "Earthling"), ma sempre assolutamente unico nell’interpretare con gran classe canzoni rock che spaziano dall’eleganza composta di "Slip away" alle insolite soluzioni ritmiche di "5:15 the angels have gone", dal clima decadente di "I would be you slave" al pop caramelloso di "Everyone says Hi". Ben tre covers - "Cactus" dei Pixies, "I took a trip on a Gemini spaceship" dei Legendary Stardust Cowboy e una notevole "I’ve been waiting for you" di Neil Young - arricchiscono questa prova che registra una lieve caduta di tono nel finale, con due pezzi non certo memorabili come "A better future" ed "Heathen (the rays)". Aggiungo che ospiti alla chitarra sono in "Slow burn" Pete Townshend e in "I’ve been waiting for you" Dave Grohl, che al violino c’è Lisa Germano e che al basso, oltre a Tony Visconti, compare anche Tony Levin. "Heathen" non è né il migliore né il peggiore dei dischi di David Bowie. E’ solo il nuovo disco di David Bowie. Se questo vi può bastare.
Guido Gambacorta
DE VOID / Maldad / Autoprodotto
Ecco un gruppo che ha tutte le carte in regola per farsi notare anche a livello nazionale e non solo nei pub di provincia o nelle feste di paese. Partiti nel 1999 come trio (Ivan Franzini alla voce e alla chitarra, Alexandro Lombardi al basso; Massimo Palazzo alla batteria) i De Void hanno in seguito allargato la formazione al percussionista Vito Cardellicchio, il cui contributo si sente eccome in questo secondo validissimo demo del gruppo (il primo - "Democidio" - risale al maggio del 2000). "Maldad" racchiude sette tracce di rock etnico nelle quali vengono innestati spunti arabeggianti, sonorità folk e abbondanti dosi di funk nero. Dalla loro Formia, in provincia di Latina, i De Void gettano uno sguardo gioioso e cosmopolita su tutto il bacino del Mediterraneo, con il cantato di Ivan trasformato in un incontenibile impasto linguistico che fonde voci dialettali, lingue latine, suoni di pura invenzione e accenti maghrebini. Richiedete subito "Maldad" e soprattutto, se capitano dalle vostre parti, seguiteli in concerto i De Void, perché chi ha già avuto modo di vederli mi ha garantito che dal vivo sono pure meglio! Info: franzivan@hotmail.com
Guido Gambacortas
DEBORD / HOLE / Fridge
Questo cd s’intitola buco, cavità, e con questo monito i Debord ci vogliono introdurre nel loro mondo musicale, uno spazio dove prevale principalmente la libertà d’espressione che ha portato la band ad usare diverse tecniche di registrazione, dal live alla presa diretta, allo studio di registrazione professionale. Il dischetto, secondo lavoro sulla lunga distanza, (dopo un 10" pubblicato dalla Fridge nel 1996 con la copertina del famoso fumettista di Dylan Dog Corrado Roi!), e dopo varie compilation, si presenta come un noise-core cantato con furiose liriche in italiano. La band raggiunge il suo massimo vertice in canzoni come l’iniziale "8.6", dove si presenta con un brano violentissimo che ricorda gruppi come Unsane su tutti, o con "CHI SEI?", altro violento e spasmodico brano in cui prevale questo disperato canto d’incomunicabilità lanciato verso il mondo. La voce del cantante Gianluigi Viscusi, è uno dei punti chiave del suono dei Debord: la sua enfasi frustrata, urlata e a tratti morbosa, comunica emozioni e frustrazioni nella nostra lingua, e attraversa tutto il disco, con sussurri, rimorsi e sensi di colpa; questo è il sound della band, attuale, perché vicino alle vite e ai ricordi che dobbiamo affrontare tutti i giorni come individui di un mondo sempre più vuoto. Da notare la potenza espressiva del bellissimo artwork della confezione, con grafica minacciosa e inquietante a cura di Giuseppe Palumbo.
Andrea Giuliani
DEMI PROJECT / Vuoti a Rendere / Autoprodotto
Elettropop spaziale e groovy, giri dub e funk e liquidissimi synth, voce filtrata e vibrante, buone dosi di club culture, cori quasi afro chill-out e spesso una splendida carica auto-ironica. Non saprei che altro scrivere perché il genere non è il mio, se non che il CD in questione è soft and cool, avvolgente, affascinante al massimo, consigliato a chi ama il pop italiano (Casino Royale in primis, però) così come la lounge di ogni tipo. Contatti: info@demiproject.com
BakuniM
DEVICS / The Stars At Saint Andrea / Bella Union
Tornano i Devics, dopo il fortunato "My Beautiful Sinking Ship" e la partecipazione alla colonna sonora di "L’amore probabilmente" di Giuseppe Bertolucci, con un nuovo disco, il quinto, davvero incantevole. Specializzata nel forgiare atmosfere eteree e romantiche, la band di Los Angeles – che ruota intorno a Sara Lov e Dustin O’Halloran, con la partecipazione del bassista Ed Maxwell –realizza un’opera che seduce, a partire dalla canzone che apre il cd, quella "Red Morning" (di cui è presente anche il video come traccia extra) che evidenzia il talento vocale di Sara, splendida chanteuse a metà strada fra Hope Sandoval e Beth Gibbons. Suoni sospesi, derive folk, strumentazione scarna ma efficace e un uso assai discreto dell’elettronica: dieci tracce che faranno la felicità di quanti amano gruppi come Tindersticks e Portishead, ad esempio. Chi ancora non si è accostato a questa fulgida incarnazione poetica dei desideri più reconditi e soavi, lo faccia senza esitazioni e non se ne pentirà. Raramente, infatti, capita di trovare uno spazio dove la propria coscienza perde spessore e si mescola all’incoscienza in un’abbacinante miscela di lucidità e oblio. Accade nei sogni, ed è proprio nei qui che si realizza lo splendido colloquio tra le canzoni dei Devics e il nostro cuore, sogni che sembrano più reali della vita vera.
Guido Siliotto
DJ MREUX / Chung Fen / Bad Lab
Racchiude diversi generi: house, tribal e tech-house. Bass-line potente da paura…faranno tremare i vostri impianti o i sub dei vostri Sound System in dj set. Anche questo molto "After"..non dico altro, accattativìllo.
Etta 74
DIAFRAMMA / I Giorni Dell’Ira / Self
Federico Fiumani resta l’unico fiero e coerente sopravvissuto della "nuova musica italiana" (F. Guglielmi) che al principio degli anni ’80 ha attraversato la penisola, cavalcata da Litfiba, Moda, Underground Life, Neon, Denovo, Violet Eves…e Diaframma, appunto. E’ giusto premettere che "I giorni dell’ira", ultima fatica di questo autore raffinato e coraggioso, non è da considerarsi il miglior disco della band fiorentina. A chi si accosta per la prima volta alla poesia in note di Fiumani consiglierei piuttosto l’ascolto del fondamentale vinile "Siberia" e, frugando nella sua produzione relativamente più recente, di "Anni luce", "Il ritorno dei desideri" e "Non è tardi". Resta il fatto che "I giorni dell’ira", canzone che dà il titolo all’intero lavoro, per merito del suo solido impianto rock e del suo ritornello accattivante, entrerà senz’altro di diritto nella cerchia delle composizioni di culto eseguite ritualmente nei concerti, accanto a "Gennaio", "Amsterdam", "In perfetta solitudine", "Libra", "L’odore delle rose" e "Siberia". E di rock si tratta. I testi, come di consueto mai banali, affrescano scenari filtrati da un cuore romantico ("Signore che pulisci il mare"), inquieto e indomito. Degne di nota sono "Il disprezzo", "Per il tuo buco di culo", "Continuità" (una delicata e intensa ballata) e "Vieni tesoro": un bel disco, insomma. I Diaframma continuano a suonare in giro per l’Italia, nelle piazze e nei pubs (!), come un’eterna band emergente: Fiumani ha rifiutato la possibilità di partecipare ad un Sanremo di qualche anno fa pur di conservare uno spirito autenticamente libero, e questo vale molto di più di stadi strapieni, dischi di platino e copertine asettiche.
Vanni La Guardia
DILEMMA / Super.Market / Sottosistemi
Prima prova sulla lunga distanza per i Dilemma, gruppo milanese nato nel 1994 e poi ricostituitosi con un nuovo assetto nel 2001 intorno alle figure dei due chitarristi Stefano Cristiano e Stefano Parodi. I Dilemma sembrano effettivamente combattuti da un atroce…ehm…dilemma: seguire una via americana o una via italiana al rock? Nel dubbio, la strada fino a questo momento percorsa dal quintetto è quella che li ha portati a cantare in italiano e a rileggere con qualche elemento elettronico un suono di matrice grunge figlio degli Alice In Chains ("Libra", "Arida", "Il focolare", "I miei silenzi") ed ispirato in certi giochi chitarristici agli Afghan Whigs. Non mancano le idee in questo cd dei Dilemma: qualcuna è buona (il tessuto ritmico e gli arpeggi di "Fase REM", certi passaggi di "Un alibi"…), qualcuna è sfocata oppure portata avanti con eccessiva ostinazione (proporre un pezzo di 24 minuti come la conclusiva "23:59" è operazione delicata, non da tutti…) e troppe, decisamente troppe sono le idee che risultano debitrici nei confronti dei modelli di riferimento. C’è ancora tanto da lavorare quindi per acquisire una propria originale identità. Info: under@sottosistemi.com
Guido Gambacorta
DLL / No Title / Homemade Avantgarde
Ancora Lorenzo Brutti su SuccoAcido. Tempo addietro il nostro Bakunim c’illustrò le sue gesta con John Deere e Lush Rimbaud, lasciati questi ultimi Lorenzo ha si continuato i suoi esperimenti come JD, ma ha trovato anche il tempo per mettere su un altro progetto (questa volta come solista) chiamandolo DLL... Questo debutto come DLL è composto di un’unica song, un lungo drone di 11m e 8s creato con una chitarra acustica suonata con un archetto, e soprattutto (soprattutto??!!) mettendo delle bacchette da ristorante cinese vicino al ponte della stessa??!!, per poi "arrangiare" tutto al p.c. Come detto, la canzone si estende per 11m, assimilabili tanto ad un tappeto stile Warp (diciamo via Boards Of Canada) dove si attende una battuta che mai arriverà, che ha certe cose "colte" alla Steve Roden, ma comunque sottolineo che i nomi appena accennati possono dire tutto o nulla. Non so se per Lorenzo Brutti si possa usare la parola talento, ma di sicuro la sua proposta merita un (attento) ascolto.
Gianni Avella
DILATAZIONE / Fotogrammi / Autoprodotto
Con i Dilatazione si piomba subito nel peggio della sottocultura post-rock: canzoni lunghe e dilatate (ahhh ecco perché si chiamano dilatazione, che stupido!), quel fottutissimo ride sempre presente (li ha tutti sulla coscienza Nick Mason), cantato sciatto ed insignificante, improvvise incazzature precedute da rullata (però la rullata dei Pooh introduce il ritornello, queste rullate qui introducono altre rullate per poi tornare alla dilatazione...che buffo! Dilatazione come il nome della band, ah scusate lo avevo già scritto). Poi ci sono tanti armonici, arpeggi, tempi sincopati...che gioia, che sollazzo mi sono rotto il...
Fanfarello
DI MALTA / Vite Possibili / Milano 2000
Vi ricordate "Tropicana", il tormentone estivo del Gruppoitaliano? Ebbene Patrizia di Malta era la cantante di quei simpaticissimi ragazzi che allietavano le nostre estati nei primi anni 80.Pochi conoscono gli imprevedibili sviluppi della sua carriera solista ed è per questo che DEVO assolutamente mettervi a corrente dell'esistenza di questo cd. Oltre ad essere una bellissima donna (e questo non guasta mai... anzi è una cosa che tutti sanno ma che nessuno scrive nelle recensioni per paura di apparire stupido...) è anche una cantante da paura (come dicono i ragazzini romani sgommando sugli scooter). La sua voce è una sintesi mirabile del meglio della tradizione melodica italiana con il meglio del meglio del soul americano (Patrizia di Malta meglio di Sade come Maradona è meglio 'e Pelè). Le canzoni sono tutte stupende, soffici, jazz, arrangiate con cura e passione. Mi viene solo rabbia pensando a Carlotta che vende i dischi e a Patrizia Di Malta who? Questa musica è lontana anni luce da qualunque facile moda, lei sembra vivere in suo universo parallelo popolato dai sorridenti fantasmi della Holiday e del sommo maestro Curtis Mayfield (il più grande soul-writer di tutti i tempi, senza dubbio). I testi sono semplici e per una volta lasciatemi parlare come Vincenzo Mollica: vanno dritti al cuore. Patrizia è una donna che ama sua figlia, Patrizia è una donna che si interroga sulla mediocre superficialità del nostro tempo: "avrei voluto essere sarei potuta diventare avere stile e fare a meno di un effetto speciale...", non so se il messaggio ti arriva cara Anna Oxa. Patrizia lo fa come è giusto farlo: con una tazza di té in mano e con un sorriso dolce/amaro sulla bocca. Se siete stufi delle derive new age della Antonellina (ex Matia Bazar) cercate questo disco, compratelo, regalatelo, consigliatelo. Perché? Semplicemente perché la Di Malta è una vera, grande, dolce, pura, magnifica artista.
Fanfarello
DISCOM / Automoto / Deco
Ecco qui sì che la testa comincia a farsi vorticare da un miraggio che va in girandole sguscianti e ammiccanti lo svanimento. Eccolo qua un perfetto missaggio da far invidia ai fantasmi più timidi e sfuggenti con in testa manie di grandezza e di manifestazione in grande stile. Ma nessuna creazione spettrale e soprattutto, questo è il bello, nessuna catena a ciondolare impaurente un ascoltatore magari un po’ preso da una soggezione da scacciare all’istante subitaneo. E’ un allegro proliferare e crescere e partire per immaginifiche tangenti fibrillanti. E’ chiaramente una lotta aerea che non disturba ed attrae lo sguardo perso da tempo. Roba da pazzi. E’ evidente. Un immaginifico roteare stretto stretto. Tutta roba digitalelettronica per veri appassionati di balzi nel futuro (che se c’è è per davvero) frantumato. Olè. Ecco a voi i Discom (gente che da un paio di anni a questa parte ha suonato con Fennesz e con Pita, con Ikeda e con Nobukazu Taakemura a Berlino come a Tokio, a Montreal come al Sonar di Barcellona e a Parigi), padroni di casa nella loro etichetta Deco. Ecco a voi Automoto. Roba da cose tipo la Mego powerbook orchestra…non so se mi spiego?!? Un’istallazione mentale (da un punto di vista sonico estremista con un tocco addolcito) di fuochi d’artificio impazziti che sanno come tornare a casa. Una tecnoambient che ha perso tutte le rotelle, e i venerdì di qui al duemilasette, completamente impazzita nella nevrosi di ricercare una bussola scassata inutilizzabile ed inutile a questo punto. Il punto di ripensare i punti cardinali. Qualcuno di quei giochi di luce evanescenti che sanno imprimersi nella memoria anche inconscia, quelli che piacciono ai bambini che imparano a parlare una lingua a loro ancora sconosciuta. Roba che tra un po’ potrà piacere anche agli ultrasonici da salotto. A patto che sia vario e colorato ‘sto salotto. Anche da tenui fluorescenze. E ben frequentato soprattutto da ospiti che gradiscono te’ dai profumi (non tanto dai sapori) esotici. Comunque molto comodo sia il sofà che le poltrone. Vi prego continuate…
Giovanni Vernucci
EL GUAPO / Fake French / Dischord
Se nel 2002 si è ritornato a pronunciare la parolina magica New Wave lo si deve (anche) a Super/System degli El Guapo, miscela perfetta tra l’istrionismo dei Devo, la ritmica nervosa dei This Heat ed i glaciali synth dei Suicide. È passato meno di un anno dall’uscita di quel dischetto che tanto affascinò nostalgici e non che gli El Guapo ritornano oggi con il nuovo Fake French’, e le cose sembrano cambiate, non di molto ma cambiate. Super/System è si stato un affascinante calderone di idee, ma la sensazione di confusione saltava spesso all’orecchio, sensazione che sembra svanire in questi nuovi dodici episodi. In Fake French’ i tre Washingtoniani accentuano maggiormente la vena dancereccia rispetto al passato, con la sensazione di risultare più spediti e sicuri; l’uno/due di "Glass House" e "Just Don’t Know" vi farà sobbalzare dalla sedia, sono esemplari rari di dancefloor intelligente, roba che renderà felici sia il darkettone di turno che lo studentello con l’occhialino intellettuale, come se lo spettro dei Suicide si allontanasse per far posto a quello dei (sempre presenti) Kraftwerk di The Men Machine (vedi la roboticha Underground"), ed alla follia Zappiana di "I Don’t Care", mentre l’intrigante connubio tra Crosby, Stills Nash & Young e Beach Boys corretti a drum machine di "Space Tourist" fa prospettare interessanti visioni per il futuro. I tre Guapi sono riusciti a ripetersi senza copiarsi, io non ci credevo e sono stato smentito. Avanti il prossimo.
Gianni Avella
EXP / Pachamama / Autoprodotto
Arrabbiati. Sembrano a tratti gli Husker Du - quando alla voce ci sta Grant Hart però – o perché no gli Helmet di Betty, o addirittura i gloriosi MC5, dei quali i nostri ripropongono la cover del loro classico "Kick Out the Jams". Quando però scompare la voce e iniziano i rigurgiti heavy-psych si inizia quasi a pensare alla versione stoner dei Chrome (!). Di sicuro una band che sa il fatto suo, grintosa e ottimamente preparata a livello strumentale – attenti a cambi di tempo e tempi dispari – anche se il CD non è forse la giusta dimensione della band senese. Piuttosto cercate i loro concerti e andate a muoverci le chiappe, i nostri sul palco potrebbero fare cose enormi. Oppure, aspettate il secondo disco, che i nostri realizzeranno tra poco… e chi vivrà ascolterà…
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De Dieux /\ SuccoAcido