John Deere/Lush Rimbaud, Bugo, The Pornography, Cods, One Dimensional Man, Marco Francini, Senpai, Maisie, Anno Zero, Mitoka Samba, Francesco C, Caravane De Ville, Motel Connection, Circo Fantasma, Orange.
John Deere/Lush Rimbaud, Bugo, The Pornography, Cods, One Dimensional Man, Marco Francini, Senpai, Maisie, Anno Zero, Mitoka Samba, Francesco C, Caravane De Ville, Motel Connection, Circo Fantasma, Orange.
JOHN DEERE/S/t/LUSH RIMBAUD/Via D’Uscita/Autoprodotti
E’ Lorenzo Brutti che si cela dietro ai John Deere e ai Lush Rimbaud, i primi un duo di improvvisazione chitarra-electronics - progetto estemporaneo spostato verso sonorità ambient-postrock vicine all’avanguardia - i secondi invece una formazione di cinque elementi intenti a mescolare noise e stoner, con qualche puntatina in territorio indie-folk. Pur se di questi tempi sono più aperto verso ritornelli azzeccati e canzoni ben scritte, piuttosto che verso tanti figli e figliastri di Cage, davvero devo ammettere che tra i due progetti quello che spicca è quello degli sperimentalissimi John Deere. L’avanguardia è ormai parte integrante del linguaggio musicale giovanile, due ore di dolce cazzeggio in camera si trasformano in martellante-annichilente pulsazione wah-wah, brains in bubbles, casse che trasudano ovatta, mentre il suono - imbrattato di rutti cibernetici, smorfie di faccioni giapponesi, immagini di deserti in negativo – beh il suono è una ventosa attaccata all’orecchio, che succhia, ti succhia via qualcosa. Tanti sono ancora i vizi di forma, ma sticazzi! le prime due tracce – ancora troppo acerbe - non sono perfettamente riuscite, ma la terza (‘1+2’) le riunisce all’unisono, una per cassa, destra e sinistra, i primi due pezzi che fanno l’amore. La terza traccia è stupenda, è la luna, è compattezza siderale, povertà di suono elevata al quadrato addizionata all’essenza di un’arte tanto colta quanto naif. Cazzo, bravi davvero: Lorenzo datti all’avanguardia, i Lush Rimbaud non sono affatto male (anzi si ascoltano più che volentieri, e gli strumentisti per quanto giovani sono davvero in gamba) ma davvero, piglia chitarra effettata e computer scassato, registrati ancora ore e ore di scazzi, e ci farai un disco che sarà un vero attentato ai nostri cervelli. Contatti: lorenzobrutti@galactica.it
BakuniM
BUGO/Sentimento Westernato/Bar La Muerte/Beware!/Wallace
Minchia che spasso! Riecco Bugo, lo spazzacamino matto, il folletto che odora di hascish e Felce Azzurra, il clown in grado di riportare il sorriso sulle facce scure di tanti salici piangenti o, peggio, da cipressi che popolano l’underground italiano. Strambo, insolente, fuori di testa e un po' cazzone, il signor Cristian Bugatti è riuscito col suo "La prima gratta" a moltiplicare gli avventori al bancone del Bar La Muerte. Gioco di prestigio che pare voler ripetere con questo suo nuovo album. Roba che provoca la dipendenza come le crepes alla Nutella e nocciole, le riviste porno o le erbe fresche del sig. Philip Morris. Dategli un paio di ascolti e vi ritroverete a canticchiare Vorrei avere un Dio, Bisogna fare quello che conviene o Pepe nel culo persino al lavavetri cui avete abbassato il finestrino al solito rosso del solito semaforo. Perchè la forza del Bugo sta non tanto nei nonsense, nelle rime idiote o nelle associazioni assurde che affollano i suoi testi, ma proprio nel vestito sonoro che gli ha cucito addosso. Un po' Beck e un po' Battisti, un po' Barrett e un po' bluesman sgangherato, un po' Lou Barlow e un po' Guided By Voices/Ween. Roba che ti puoi divertire a provare sulla tua scassatissima sei-corde appoggiata alla parete per "vedere da vicino l' effetto che fa". Simpaticissimo e burlone, lui è l'eroe del perché low-fi italiano "...non ci sono storie!".
Franco "Lys" Dimauro
THE PORNOGRAPHY/Write, Read, Cancel/Wallace
Seguite il consiglio del titolo..scrivete, leggete e cancellate, fate così all’infinito, ricominciando sempre da capo poiché l’annullamento dell’esistenza sta nella reiterazione delle azioni. Suona quasi come un monito, e allo stesso tempo una denuncia nuda e cruda della realtà, il nome dell’ultimo lavoro del duo catanese The Pornography che a distanza di tre anni da “car” si ripresentano con un disco pericolosamente lucido. Messa da parte la drum machine protagonista indiscussa del precedente disco assieme ad un suono urticante al limite della nevrosi, in “Write, Read, Cancel” il senso di spiazzante distorsione mentale è meno immediato, più sotterraneo ma ugualmente dannoso, camuffato da trombe e batterie acustiche che sono lo zucchero attorno al bicchiere. Mandate giù il tutto e vedrete che mondi vi si aprono.Già dalla titolazione dei brani rigorosamente strumentali (“white youth”, “my money part a e part b”, “volk”, “golden youth”) si intuisce il disegno complessivo dei nostri che in quattro "movimenti" mettono in musica la visceralità animalesca con cui l’uomo moderno difende strenuamente le proprie conquiste materiali. L’album è aperto dagli arpeggi dissonanti e atonali di “white youth” giocata tutta sulle vibrazioni metalliche di corde di basso e chitarra, ora allungate e slabbrate, ora tesissime fino a sfiorare il punto di rottura (punto di definitiva liberazione?); con la saga chiamata “my money part A, part B” ci si avvia verso paesaggi sonori animati da clangori percussivi, trombe riverberate all’esaurimento e portate alla distorsione, loop di cui si è persa l’origine, archi smontati e alterati come se fossero sirene di una nave che accompagnano l’ascoltatore verso un momentaneo periodo di stasi. La successiva “volk” inizia laddove la precedente aveva terminato, riproponendo un loop di batteria marziale che fa da tappeto alle incursioni rumoriste dei nostri. Infine, l’ora del vano riscatto (“golden youth”) di una gioventù che pulsa viva e vigorosa, si dimena tra maglie strette ed infine si abbandona, sconfitta nel sogno di un futuro dorato. Cinico e alienante, “ Write, Read, Cancel” getta uno squarcio di luce nell’angusto mondo dell’industrial noise e mette tanta carne al fuoco che cuocerà nelle vostre orecchie a fuoco lento ma inestinguibile.
Francesco Imperato
CODS/Omonimo/Beware!
I Cods scelgono per questo cd targato Beware l'Inglese come lingua madre (Massimo Giovara, voce), ma Cods sta' per merluzzi o giocherelloni? Christian Alati music-machine (chitarre, basso, sintetizzatore)ricama attraverso le 14 tracce del cd un tessuto sonoro fatto di arpeggi acustici e trame analogico/digitali che sanno essere in alcuni momenti soffici ed auliche, quasi inconscie, a tratti jazzatamente disturbanti (Time 56, Printeps/Cortège). Musica che solletica la psiche e che per far battere il cuore si affida in 5 episodi alla batteria sincopata di Lucio sagone ed in uno a quella percussiva di Ruggero Radaele. Campestre sapore di fragole e frutti di bosco.
Andrea Pintus
ONE DIMENSIONAL MAN/You Kill Me/Gammapop
Ma dov’è finito il rock n’ roll? Dove si sono andate a cacciare quelle canzoni fatte di chitarra, basso e batteria, capaci di farci alzare il culo e saltare soli per la stanza facendo finta di imbracciare un immaginario strumento dal suono presente, caldo, autentico? Se faccio mente locale, tra tutti i dischi che mi è capitato di ascoltare quest’anno, sono pochi quelli appartenenti alla categoria “Rock” che mi hanno emozionato veramente. Mi sembra evidente che nel vano tentativo di dire qualcosa di nuovo, molte bands si stiano dedicando alla ricerca di soluzioni presumibilmente inedite, perdendo contemporaneamente quell’urgenza espressiva senza la quale ore ed ore di musica risultano pateticamente inutili, sterili. Per mia fortuna gli One Dimensional Man non corrono questo pericolo. “You Kill Me” è fatto di quattordici canzoni “vere”, pezzi Rock realizzati con l’anima, il cuore ed il sudore. Quattordici tracce realmente capaci di suscitare delle reazioni emotive. Questo dovrebbe bastare, ma vorrei aggiungere che a livello compositivo il trio ha fatto notevoli passi avanti; ogni canzone brilla di luce propria, la musica è meno rumorosa che in passato, in alcuni tratti arriva ad essere quasi pop (il ritornello della titletrack vi si appiccicherà in testa) mai facile o banale. Questo è il rock che mi va di ascoltare per ora, chiamatemi conservatore, chiamatemi restauratore o come vi pare. It’s only rock n’ roll...but i like it.
Salvo Senia
MARCO FRANCINI/Echoes/Musica Maxima Magnetica
Ecco un altro disco della Musica Max. Mag. Questo lavoro si presenta come “real ambientmusic”, un esperimento direttamente riconducibile alla ricerca di Demetrio Stratos, erranza meditativa, utilizzo di spazi e materiali – qui - concretizzazione di un mood mediterraneo tout-court…I siti che lo vedono germogliare sono gli originali mitici della Magna Grecia – gli strumenti utilizzati, spesso, rinvenimenti locali. All’ombra di vestigia Greco-Romane – Tempio di Mercurio, l’Antro della Sibilla, Piscina Mirabilis – Marco Francini e Comp., - in primis – Ilaria Graziano, Gianni Sorvillo e Vittorio Bruno, imbastiscono un percorso di ricerca attraverso l’Essenza dei suoni, in cui confluiscono la poesia di Borges, l’Epica Omerica, i Mantra del Tibet…La modernità, qui, è solo un Antico Ricordo, a dimostrazione che il Tempo è un vettore schizofrenico. E’ un disco onesto. Anche se… La dimensione di musiche ambient e new age è una pericolosa Terra di Mezzo che si dipana dall’interno, reggendosi solo su proprie regole ferree (come la pornografia!), che ne attestino struttura narrativa e forma. Tutto perfettamente lecito fatto salvo che i contenuti flirtino con una certa credibilità di base. Quando la fantasia attinge senza posa a reiterati cliché e trascende sprezzantemente contemporaneità e attualità, il rischio di pose ingenue e Lirici Tonfi, da puro afflato ideale diventa concreto smarrimento. Ma, sia chiaro, è solo il mio sclerotico punto di vista. Con buona pace di Marco Francini e del genius loci…
Joele Valenti
SENPAI/Well/Loretta
Una cosa è certa, nonostante la limitatezza delle sette note e dei pezzi del Lego, i Senpai sanno costruire buone canzoni, molto piacevoli e con particolari negli arrangiamenti davvero pregevoli. Accenni di variazione, anche dissonanti, rientrano immediatamente in carreggiata, seguendo percorsi ben precisi (curve a gomito comprese).Una tendenza spiccata alla sintesi, le precise armonizzazioni, il suono semplice e potente rendono ancor più credibili i due fratelli genovesi, anche se le esplicite influenze di Barrett, Hitchcock, Lennon sono a volte molto pesanti e spesso i vari moduli strutturali non concorrono sinergicamente a dare un senso di unità generale (si senta "Justine and the kangaroo", che sembra il risultato di due-tre canzoni forzatamente compresse in una, in un’accozzaglia di passaggi coatti e improbabili). Non vorrei sembrare troppo severo, ma penso che fare bene una canzone non sia un gioco da ragazzi e, senza dubbio i Senpai hanno molto gusto, suonano le chitarre in maniera sublime, Paolo ha una voce splendida e il disco contiene almeno tre gioiellini che s' intitolano Sun, Legoland, mezza Sweet Someone (il meddle eight) e mezza Well (quella senza la parte brit-pop). Disco europeo, complimenti alla neonata Loretta.
Aldo Spavaldo
MAISIE/Music is a fish defrosted with air-dryer/Snowdonia/Mizmaze
Ad un anno di distanza dall’ottimo "Do you still remember...", in cui collaborazioni e rifacimenti di terzi si sprecavano, secondo una programmatica linea ideologica autoreferenziale che li vede sempre più distanti da se stessi, Albano Scotti e Romina La Fauci ritornano scandalosamente, in veste strettamente autorale, affidando, stavolta totalmente, le partiture dei loro componimenti all’abilità del francese Falter Bramnk, già apparso nella compilation Pakistani, coadiuvato dai suoi matti amici accademici. All’interno, musiche da boudoir si sviluppano in forma di ipnotiche suite modali che sembrano, per intensità, durare molto più del loro tempo effettivo (i due minuti e mezzo di Andy Warhol made in china, sostenuti da un basso micidiale, sono davvero relativi). Un disco che, tra deejays rosa su fondi rosa, madonne dal collo lungo, cunicoli claustrofobici, forbici di barbieri atletici, chiccherie elettroniche, scintille perse nel buio, incantesimi e disincanti, non mancherà di destare sbigottimento e perplessità in chi è convinto che l’underground debba essere sporco e cattivo. I Maisie, infatti, rivolgono lo sguardo ad un altrove lontano e dorato, scongelando pesci d’intrattenimento, sperimentando innesti plastici, ficcando melodie aggraziate in tutti gli orifizi e decorando con piume di pollo. Naturalmente i paradossi nascenti dalla operazione di nonmusicisti (infatti non suonano letteralmente alcunché in questo disco) che fanno arrangiare ed eseguire le proprie musiche a musicisti "seri", con ciò che ne consegue rispetto a stile, tecniche personali, impostazioni e approcci, scelta dei suoni, avrebbero bisogno di essere approfonditi con mille riferimenti al Pop, al Dada, tenendo conto delle infinite possibilità che ha la rappresentazione di un’idea. Il discorso centrale di fondo, che hanno focalizzato e a cui sono arrivati i maisinesi col loro solito, disimpegnato, spiritoso atteggiamento estetico, verte sulla validità della musica nella essenzialità della composizione.E' bello ciò che piace o ciò che è veramente, indiscutibilmente bello?Il tema di "Brazil" è di una bellezza unica, sia cantato da un bambino che suonato furiosamente da centinaia di persone festanti o da un coglione diplomato al conservatorio col suo bel leggio davanti, mentre "Smells like teen spirit" è una merda, anche rifatta dal Kronos (o dall’Arditti, non ricordo). La (re)visione lucida-ludica, pienamente consapevole, degli snodonici si esplica interamente nel concetto espresso dal titolo, nonché nel manifestino diaframmaticamente recitato da un beffardo Marco Pustianaz che invita, come un monito, all’ascolto. Dick Smart 2.007 ci introduce in un torbido night club affollato di gangsters italoamericani in gessato, puttane sdentate che ancheggiano su un conturbante ritmo di sinth-jazz lascivo e possente, mentre una tromba languida scivola su un leggiadro loop di wives and lovers del maestro Bartolomeo.Subito dopo, "Resta di stucco è un barbatrucco", tema caro ai nostri, singultante e imprevedibile ci accompagna nei recessi della nostra pubertà, quando giochi con pupazzi e figurine e pensi già a scopare. Ti lasci dietro la spensieratezza delle bande di paese, dei luna-park pervasi di odori dolciastri, con le giostre che sembrano levitare, la testa che gira, il vociare della gente, le luci confuse, come in un sogno felliniano di equilibristi emaciati, mangiatori di fuoco e organetti a manovella. “I'm swinging”, dall’inciso quasi broadwayano, diverte con gli intermezzi sci-fi e stupisce con le progressioni del piano sul battere del rullante.L’alito caldo del phon scongela poi, con lo swingante pop alieno di "Uxoricide walz", il Nicholson di Shining che, ricominciando a connettere, si ritrova un’accetta tra le mani e ricorda.Una frase di organo ostinatamente reiterata, giri di basso che non si chiudono mai, larsen dissonanti, un sax ruffiano contrapposto ad un esile flauto, tutto concorre a rendere l’atmosfera poco rassicurante. "Sun burns in pink air" è uno dei momenti più alti e riusciti di perfetto elettropop demodé, screziato appena da sinth scorreggioni e cut-off acidi, con un imperdibile, lungo middle-8 strumentale di sconvolgente bellezza. Dopo il delizioso intermezzo di jazz sporco e dolorosamente vitale di Andreini&theFanfara, che riprende Dick Smart in un’altra chiave, si precipita, con "Sadist of Notredame", in un incubo residenziale fatto di violini martoriati, trombe imploranti pietà, campane funeree. Pensi di esserti risvegliato, con una vocina che ti ronza nella testa intorpidita, e invece rieccoli i mostriciattoli minacciosi in Plaisir à trois, una drammatica colonna sonora horror tra Dario Argento ed Henry Cow, tesissima all’inizio e sospesa nella seconda metà, come gli ultimi secondi prima della carneficina inevitabile in cui ti ripassa la vita davanti mentre sei paralizzato dalla paura.Il disco si chiude soavemente coi tedeschi Daisy Cooper che interpretano "My body was a luminous accumulator" nella sua pura essenzialità, con una voce angelica che volteggia su un arrangiamento di imbarazzante, luminosa semplicità: intro, strofa, refrain, fine.
Aldo Spavaldo
ANNO ZERO/Welcome to Anno Zero/Supple
Ecco un disco che ci conferma quanto anche nel nostro Paese si sia raggiunto una maturità artistica tale da poter competere ( se le condizioni fossero le stesse) con i colleghi oltre confine. Nel caso degli Anno Zero poi, la qualità, tecnica e di registrazione, è indiscutibile e il loro crossover partenopeo mostra che questo genere può ancora evolvere imboccando strade molto originali ( nello specifico, il cantato in dialetto, che a mio avviso è una caratteristica da non perdere assolutamente, conferisce ai pezzi ancora maggiore rabbia e incisività). E ripensate a quale è la differenza tra un giorno vissuto a downtown L.A. e un ai Quartieri Spagnoli , ad esempio? Nessuna. Il linguaggio della strada è universale, proprio come le cose pessime di questo mondo, si esportano con una facilità...ma quando da questo contesto emergono con la sola forza della volontà realtà musicali interessantissime, abbozziamo un sorriso e, io personalmente, mi sento più vivo. Per la cronaca, "Welcome to Anno Zero" è originariamente uscito nel 2000 e quest'anno ristampato e pubblicato dalla Supple records a cui si riconosce un grande fiuto. Ricordo di aver visto i sei napoletani all'Ypsigrock festival nell'estate 2000 e già allora mi aveva travolto la grande furia live; spesso accade che quanto più il gruppo è grande dal vivo è tanto più sacrificato in studio magli Anno Zero sfuggono a questa maledizione sparando cinque crossover songs suonate con le palle quadrate, lontano dall'essere scopiazzature alla Korn, se vogliamo più vicini ai Deftones (ma il paragone vi serva per inquadrare le grandi linee e nient'altro ) nei suoni delle chitarre e nelle aperture melodiche che spezzano perfettamente i ritmi senza respiro e le chitarre seghettate. , I bei testi di giornaliera vita di mmerda e insofferenza quotidiana arricchiscono il tutto. Il resto godetevelo senza compromessi, godetevi per esempio la serratissima "fuje" ( special voice Simone dei Balaperdida ), la technologica " basta" dove meglio di altrove si sviluppa l'ibrido tra il virtuale e il materiale anche grazie allo special guest Dj Speed agli scratch, e la dolce chiusura di "luce". Godeteveli..
Francesco Imperato
MITOKA SAMBA/Orchestra di percussioni/Radio Popolare/Sensibile
Mitoka Samba è una formazione milanese attiva da ormai dieci anni, che si affaccia per la prima volta nel mercato discografico dopo un’intensa e acclamata attività live. Non si tratta di un tipico album di samba. Qui il ritmo brasiliano da una parte viene stravolto attraverso le contaminazioni con la tradizione folk italiana, dall’altra recupera il suo valore originale, di danza tribale. E’ sugli intrecci ritmici infatti che lavorano in particolar modo i musicisti, creando una vitalità che spesso manca alle versioni salottiere del genere. Nell’album si alternano brani originali, tradizionali e pezzi di artisti celebri, a cui i Mitoka Samba (con un orchestra di trenta percussionisti) restituiscono sfrenatezza e spirito dionisicaco, come nel tarantolato medley di Capoeira, ballo-arte marziale di origini angolane. Si tratta di un disco per appassionati, è inevitabile, ma anche di un occasione perfetta per conoscere un genere come la samba, nella sua forma più istintiva e primordiale
Isidoro Meli
FRANCESCO C/Amore a corrente Alternata/Mescal
CARAVANE DE VILLE/Metropolis/Mescal
MOTEL CONNECTION/Santa Maradona/Mescal
La recensione di questo pacchetto "Mescal" è l'ultimo atto di una tragedia personale consumatasi tra il redattore Fanfarello e il direttore Marc De Dieux. Dovete sapere che Fanfarello è un amatore con i controfiocchi, uno che quando ci si mette le donne urlano pietà e mordono il cuscino. Voi vi chiederete: "tutto questo cosa c'entra con la Mescal?", avete ragione ma se avrete la pazienza di farmi spiegare capirete tutto.Insomma qualche tempo fa successe che Fanfarello e De Dieux misero entrambi gli occhi su un bel tocco di figliola, una testimone di Geova che alternava gli editoriali alla nitroglicerina su Torre di Guardia alle foto bastasse sulle riviste per soli uomini. Per concludere dirò brevemente che De Dieux, di indole più romantica, se ne invaghì follemente, le regalava mazzi di garofani e la portava a mangiare il cous cous a Trapani mentre Fanfarello, di indole più brutale, ficcava con lei in ogni occasione alle spalle del povero direttore. Quando De Dieux scoprì la tresca apriti cielo! Si arrivò alle mani e alle parole grosse. Al culmine dell'odio l'Eugenio Scalfari del Borgo Vecchio (come lo chiamano gli amici) mandò per sfregio a Fanfarello una testa di capretto mozzata che tra i denti stringeva queste preziose incisioni discografiche. Io sono anche antropologicamente favorevole alle vendette mafiose, sono piuttosto affascinanti ma credo che sia un limite a tutto, una volta i boss avevano un loro codice d'onore, adesso non c'è più rispetto per niente e per nessuno.Adesso sono passati parecchi mesi e nonostante il fatto che le mie orecchie stanno parecchio aggravate posso esprimere un giudizio sereno, privo di pregiudizi, scevro da voglia di vendetta, insomma posso giudicare i lavori della Mescal con occhio freddo e distaccato, nella tradizione del miglior giornalismo inglese. Comincerei con Francesco C con il suo 45 giri da dischi caldi "Amore a Corrente Alternata", (qua presente in due sudatissime versioni) un Ep destinato a far parlare a lungo di se, una canzone ballatissima nelle migliori discoteche del momento e nei migliori cessi di tutti gli autogrill d'Italia (quelli con la filodiffusione che esce dalla scarico del cesso medesimo). Hai presente quando stanco dopo chilometri e chilometri approdi in un autogrill Motta e pensi: "finalmente posso far conoscere il mondo a questo mio figlioletto marrone che si agita dentro"? Mettiamoci nei panni del povero camionista con il suo pancione assalito dalle doglie fecali, pensa a questo robusto Ercole dell'Iveco pronto ad affrontare i suoi 7 sforzi, costretto ad ascoltare, proprio nel momento più intimo, più bello, nel momento della resa dei conti con se stesso, proprio nel momento del parto, della nascita, "Scorda l'idea di diventare la mia sposa, voglio che mi odi più di ogni altra cosa". Insomma è questo che i giovani pensano della famiglia? E' questo che un pover'uomo deve ascoltare al cesso mentre mette al mondo il suo prediletto brown baby? Comunque sono davvero sereno, musicalmente questo 45 giri è caldissimo, un vero power rock ricco di tutte le suggestioni dance di classe che hanno fatto dei Subsonica il gruppo pop più amato dall'associazione sordomuti d'Italia.Le quotazioni Mescal salgono sempre più in alto nel mio cuore mentre ascolto le superbe note dei Caravan De Ville, un gruppo rock davvero con le palle, una cantante che al suo confronto Marina Rei è Rosa Russo Jervolino e l'impegno politico è così lucido, duro e determinato che Agnoletto al confronto sembra D'Alema e Bertinotti Pietro Folena. Che emozione ascoltare di Lola che scappa dalla Pula oppure di meravigliosi immigrati che allegramente vendono la loro mercanzia alle porte dell'Ovest. Sono anni che frequento l'ultrasinistra italiana, ho visto centri sociali in fiamme alle porte di Orione, sedi di Rifondazione Comunista lampeggiare al largo di San Donato Milanese ma mai avevo sentito analisi politiche così originali nella forma e così possenti nelle conclusioni.Musicalmente siamo alla rivoluzione assoluta: giri blues che già erano vecchi ai tempi dei campi di cotone, voce che pare Janis Joplin assalita dalla diarrea, testi che farebbero diventare anche Che Guevara di Forza Italia. Insomma nuovo rock italiano, evviva il duce, evviva il re, evviva il presidente, speriamo comunque che la pula acchiappi Lola e gli dia tanti di quei calci nel culo che poi come mutande debba usare le tende del circo Togni. Ma questi, gentili lettori, erano solo i gregari il discorso cambia di brutto quando in campo scende il leader maximo, il cantante dei Subsonica in persona con i suoi Motel Connection per la colonna sonora del film "Santa Maradona". Ah che pomeriggio ho trascorso in compagnia di queste note immortali! Ah quale leggiadria nel mio cuore! Ah quanta voglia mi è venuta di correre a vedere il film dopo aver ascoltato musiche di codesta fattura. Adoro la Mescal perché il suo motto è: "Come diamine si può fare la rivoluzione comunista senza prima cambiare radicalmente le forme dell'arte borghese? E' per questo che i nostri dischi sono sempre in grado di spiazzare l'ignaro ascoltatore, di punire il suo orecchio reazionario, di spazzare via ogni incrostazione del mondo che abbatteremo! Viva il Che, viva il Re, viva il Duce, viva quello che cazzo volete basta che ce date li sordi che tenemo famiglia e se deve magnà".Forse è un po' lunghetto come motto, ma è davvero esaustivo, non trovate? Comunque, fidatevi di Fanfarello vostro, è tutto vero! I Motel Connection ci confezionano 11 nuove canzoni in grado di spazzare via ogni incrostazione, è per questo che ho preso questo luccicante supporto zeppo di dance di classe cantata dal cantante degli Spandau Ballett dopo una sbornia e l'ho gettato nel cesso. Il motto è: Subsonica e stop alle incrostazioni dei lavandini, dei cessi, di quello che volete basta che ce date li sordi che ce dovemo pagà er purmann pè annà ar festival de sanremo.
Fanfarello
CIRCO FANTASMA/Ad Un Passo Dal Vuoto/Baracca e Burattini
Quando l’inconsapevole incarnazione di un cliché – a volte inconsapevole, quasi mai giustificabile – diventa borioso vessillo di presunta Genuinità, e specie se in nome di Signori Azzimati e d’Esperienza, allora , iniziamo ad esser percorsi da rivoluzioni nel sistema limbico e ad avvertire fastidiosi pruriti nelle sfere intime…Ma si sa, è un rischio sempre in agguato quando il rock si tinge di tricolore. L’italiano, infatti, se elude la sorveglianza della ragione, ha la simpatica tendenza ad assimilare a sé qualunque sostanza gli cada tra le grinfie, dal Wan Tun fritto alla letteratura d'’oltralpe, tanto banalizzando Sapidi Esotismi – neutralizzandone endemici sapori -, quanto attuando fatali concrezioni linguistiche e sintattiche. Dopo due anni di silenzio esce Ad un Passo Dal Vuoto, titolo mutuato da un brano dei Los Lobos, Short Side of Nothing. E’ la terza controversa prova dei Circo Fantasma. Ancora una volta un disco di Rock italianissimo – anziché un dignitoso disco italiano di rock – e infarcito di romanticismi da Sturm und Drang. L’Azzimato signore che produce i Circo Fantasma è Mister Giorgio Canali, membro degli iconici CSI e impegnato negli ultimi anni nella produzione di gruppi come Verdena, Tre Allegri Ragazzi Morti, Marco Parente e Yo Yo Mundi.Uhm…Attraverso i dodici episodi del disco, il gruppo dell’hinterland milanese conferma il suo amore per ballate classiche e semplici, spesso in bilico tra retrò e aleatori ammiccamenti al neo-cantautorato corrente, e nonostante continuino a dichiarare la loro passione per gruppi degli anni ottanta quali Thin White Rope, Gun Club e Green on Red, di queste influenze non si trova traccia. Coraggio da Regalare è un Enrico Ruggeri al minimo delle sue aspettative di vita. La mia Eroina è un anthemuccio, e giù a dar di piglio a sti’ Giovani d’Oggi, così coglioni e vuoti (ma sti’ dischi, chi cazzo se li deve comprare, i Vecchi di Ieri?). L’Abitudine e Sogni che non ritornano sono gli episodi meglio riusciti, e la seconda delle due risulta vagheggiante al punto giusto, ombrose e smanianti reminiscenze. Carina e morbida. Non è un disco malvagio – certa critica si è sperticata in lodi, va detto - anche se l’abisso della retorica è evitato spesso solo da sapienti e perentorie controffensive dell’esperienza. Ma perché certi manierismi devono essere riproposti di continuo? Ma, come dice un mio caro amico, forse è giusto così.
Joele Valenti
ORANGE/The Fool is the Moon/Autoprodotto
E' proprio vero che non ci sono più verità: Scott Kannberg ex Pavement sforna un dischetto che venderà tanto tanto e i signornessunoOrange sfornano un CD autoprodotto che in una sola canzone ha più idee del discone del buon Scott. Davvero qua non c'è traccia di rock da cameretta (nel senso più deteriore del termine), di scazzo adolescenziale. Questo è un disco già compiuto, maturo, che sa esattamente dove andare a parare: i Rolling Stones trombescamente mutanti di Vampire is a Wire, lo space rock di Goffredo Buscaglione, l'insensata nenia, con tanto di riff hard rock grottescamente sfregiato e rallentato, di Young Haine (con quel suo finale che richiama alla mente anche gli sferraglianti vagoni su binari morti dei Chrome). L'assurdità (pensiamo alla guerra) di Islamabad con quelle sue vocine da nursery dello spazio, il Barrett redivivo di Lima's White, il delirio krauto (o forse industriale?) di A Beggar Dreams a White Whale...Questo, autoprodotto o no, è un grande gruppo e chi non si accorge di loro è un cazzone. Peccato solo perché se il disco lo avessi fatto io ci avrei messo qualche stacchetto in più, va bene...pazienza. Contatti: eddyvaniglia@hotmail.com
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