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Music - CD Reviews - Review | by SuccoAcido in Music - CD Reviews on 01/09/2001 - Comments (0)
 
 
 
Rae & Christian, Microphones, Thinking Fellers Union Local 282, Him, Spain, Nomads, Breakfast, Harmonia Ensemble, Bisca, Sonic Assassin, 24 Grana, Mirabilia, Ovo, Mirsie, Almamegretta, Mau Mau, Rebekah Spleen.

Rae & Christian, Microphones, Thinking Fellers Union Local 282, Him, Spain, Nomads, Breakfast, Harmonia Ensemble, Bisca, Sonic Assassin, 24 Grana, Mirabilia, Ovo, Mirsie, Almamegretta, Mau Mau, Rebekah Spleen.

 
 

RAE & CHRISTIAN / Sleepwalking / Grand Central/Pias

Per chi crede che Manchester sia solo la città degli Oasis e del Manchester United ecco Rae & Christian, djs già artefici di un album nel 1998 nonché fondatori della Grand Central, etichetta che annovera in catalogo il meglio dell'attuale scena rap e downbeat inglese (Only child, Aim...). Rispetto al buon debutto di Northern sulphuric soul, Rae & Christian appaiono se possibile ancora più sapienti nel proporre la loro accattivante miscela a base di ritmi hip hop e melodie soul. La lista degli ospiti (i rappers californiani Pharcyde, il mitico soulman Bobby Womack, la vocalist brasiliana Tania Maria, i giamaicani The Congos...) illustra da sola la ricchezza di un disco che suona attualissimo senza essere "trendista". Anche il cantato in portoghese di Tania Maria è così avvolgente e intimo da tenere ben lontano il sospetto di essere un’operazione di puro marketing discografico, in tempi come questi che vedono la musica latina portata in vetta alle classifiche da "artisti del calibro" di Ricky Martin e Jennifer Lopez. La traccia migliore di Sleepwalking è senza dubbio Wake up everybody, interpretata in modo superlativo da Bobby Womack, ma è comunque tutto il disco a convincere fin dal primo ascolto...senza annoiare man mano che gli ascolti si ripetono.

Guido Gambacorta

MICROPHONES / The glow Pt. 2 / K recordings

Per quanto mi riguarda, la bassa fedeltà dovrebbe essere, per antonomasia, il campo musicale in cui ci si può permettere autarchicamente qualsiasi libertà rispetto alla registrazione, al montaggio e alle varie tecniche, accidentali e non, che aumentano i difetti di comunicazione. Se fosse così, i microphones non dovrebbero rientrarvi, nonostante l’apparente genuinità degli intenti. Però si è costretti a dire che il loro è un disco lo-fi perché il nastro la fa da padrone, qualche pezzo si mozza all’improvviso o la batteria è registrata con un solo microfono. Da qui la constatazione che i nostri, non brillando per originalità o bizzarria, hanno semplicemente codificato la lezione dei loro predecessori. Il disco in questione, nonostante qualche episodio concitato, si mantiene statico, in equilibrio tra malinconoia e affettata poeticità, non approdando né alla bella confusione dei retrospettivi Olivia Tremor Control o degli introspettivi Flying Saucer Attack, nè alla disinvolta nonchalance dei primi Sebadoh, né, tantomeno, agli sconfinamenti mentali dei Royal Trux. Apprezzabili sono tuttavia certi incroci di chitarre che si completano a vicenda e la voce sospirante del cantante che imita bene Lytle dei Grandaddy. I ragazzi non sono degli sprovveduti, magari lo fossero.

Aldo Spavaldo

THINKING FELLERS UNION LOCAL 282 / Bob Dinners and Larry Noodles present... / Communion

Ladies and Gentlemen, torna una delle più grandi cult-band di tutto l'underground anni 90.. dopo 6 lunghi anni di attesa (l'ultimo loro lavoro è stato I Hope It Lands, del 1995) ecco di nuovo in pista i Thinking Fellers Union Local 282, che ripropongono la loro miscela di jazzattino, noise e rock'n'roll strambo ed eclettico. E che miscela! Un gusto per la canzone irrispettoso di ogni canone di equilibrio, lontano anni luce dall'essere anche solo minimamente scontato. Canzone dopo canzone le sorprese non finiscono mai. Alcuni esempi? "Holy Ghost": dal rock macabro sullo stile della California pazza di Chrome e Residents si passa velocemente a un grido di tromba, poi a 20 secondi di piece cantautorale, e ancora a una specie di musica-etnica-deviata-balcanica. "Another Clip": noise-pop sporcato di strimpelli arty di una chitarra davvero sopra le righe, sfociano poi in una stupendo refrain dal chitarrismo dilatato e lisergico, per poi trasformarsi di nuovo in angelico art-punk. "Everything Impossible": gorgheggi come da circo sopra una marcetta allucinata, poi di nuovo un cantato pseudo-profondo, quasi perso in un sogno, che di nuovo si trasforma in echi sinistri e arpeggi onirici superbamente pennellati. Tutto questo e molto altro nelle 14 tracce di questo CD (un concept album su uno show televisivo), che risulta "sorprendente" ancora prima che "bello". Un piacevolissimo ritorno, una musica che farà felice chi nel rock va da sempre in caccia di sorprese.

BaKunim

HIM / New features / Fat Cat

Che dire. Quando inserisci il cd nel lettore la prima cosa che pensi è: che noia, la solita fusion. Non finisci di pensare e già ti devi ricredere. Il tappeto di batteria e basso sui quali sono innestate chitarre e fiati ti manda fuori di testa. Allora ti assale la curiosità di sentire quello che questi straordinari musicisti possono inventarsi nel giro di qualche secondo. Bravissimi, imprevedibili. Him, con i suoi sette elementi, ha visto nei precedenti suoi quattro album partecipazioni di notevole spessore artistico (musicisti di gruppi quali Rex, June of 44, Royal Trux, Tortoise, Hoover, The Sorts, Crown Hate Runner ed Isotope 217) dando vita a nuove melodie che, spostate verso il jazz, ritroviamo mature in questo New Features. Così non ti rendi conto che sei arrivato alla fine del disco e ti viene voglia di ripremere il play. E' un disco fluido, un misto di dub-jazz che ti fa ancora ben sperare sul fatto che ci sia ancora qualcuno che sappia fare buona musica. Per farla breve questo disco è stato davvero una bella sorpresa: bandita assolutamente la noia, in qualche momento (come nella cavalcata di "Out Here", che sembra una evoluzione moderna, oltre che bellissima, di "Take Five"), si raggiungono vette altissime che fanno gridare al capolavoro.

Giuseppe Averna

SPAIN / I believe / Restless/P.I.A.S.

Josh Haden (ricodriamo figlio del jazzista Charlie Haden) giunge al terzo episodio della saga Spain, 10 nuovi episodi che confermano Haden tra i piu ispirati Songwriter oggi in circolazione e non solo. Infatti si cimenta anche in veste di produttore con risultati ottimali. Josh è una persona molto credente e voleva intitolare l'album "i believe in god" poi cambiato in "I believe" per lasciare all'ascoltatore libera interpretazione ma la statua raffigurante la madonna in copertina lascia pochi dubbi. L'album si apre con "She haunts my dreans" title track dell'album precedente, come se Josh volesse dare un filo conduttore tra le due opere; gli argomenti delle canzoni sono come sempre Fede, Amori Finiti, Amori come canta in "Mary", "If we kissed", "Make your body move", tutte bellissime dove si Erge stupenda la voce di Haden. Gli Spain hanno abbandonato le "quasi suite" che caratterizzavano il loro primo lavoro (ricordiamo "World of blue" lunga 15...) per una forma canzone più "accessibile" (la durata media dei brani non supera i 5...) ma per questo non meno intensa. Ascoltate quest’album alla prime luci dell’alba e lasciatevi conquistare da Josh Haden e compagni, ne vale la pena.

Gianni Avella.

NOMADS / Showdown / White Jazz

Ci sono voluti venti anni, esattamente quelli che separano il loro esordio sulle scene dall' esplosione del fenomeno del rock svedese, per raccogliere i frutti di quanto i Nomads hanno seminato nel corso degli anni e vedersi eletti a motore propulsore di una scena che può a ragione, anche puramente anagrafiche, considerarli dei padri putativi. Il loro lavoro di recupero di certe radici venne superato durante gli anni d'oro del sixties-revival da una agguerrita orda di puristi del genere che fecero della Svezia la più esaltante colonia di cavemen del globo e il loro atteggiamento spesso considerato di comodo se non addirittura truffaldino (provate a chiedere a Jeff Connolly dei Lyres come andò con la loro rilettura di "She pays the rent", NdLYS). Ad ogni modo oggi i Nomads sono rispettati e riveriti al pari di bands come Dictators, Radio Birdman, Saints o Stooges e approfittando dell' onda montante la White Jazz ristampa questa doppia raccolta pubblicata nel 94 dalla Amigo e che documenta i primi 13 anni di vita del gruppo con un buon assemblamento di pezzi live, b-sides, pezzi tratti da compilation e tributi, singoli. Personalmente ho sempre considerato l'approccio del gruppo svedese al 60's-punk un po' legnoso e a volte di dubbio gusto (si prendano ad esempio la rilettura di "Milkcow blues" o dell'hit dei Lyres oltraggiato dai fiati....NdLYS) e, diciamo francamente, con tutto il rispetto dovuto per la costanza, la tenacia, la perseveranza e la coerenza che il gruppo ha sempre mostrato, in Svezia c'era di meglio 15 anni fa e c'è di meglio ancora oggi. Resta il fatto che questo è un monumento ad un gruppo che come pochi (i Fleshtones, i Chesterfield Kings, Rudi Protrudi e pochi altri) si ostina a fare la propria cosa senza rincorrere i tempi ma aspettando che, ciclicamente, siano proprio i tempi a dar loro ragione.

Franco "Lys" Dimauro

BREAKFAST / Breakfast / Santeria/Audioglobe

Dalla Santeria ancora un progetto di sagace reiterazione delle forme Pop: ma non nel senso di mero citazionismo. Piuttosto un volo panoramico, quasi una didascalia in-formata da trent'anni di Pop-Rock. I Breakfast sono un progetto italo-australiano. Enrico Decolle, leader degli Alias, spalla degli Afterhours nel tour 2001, e Maurice Andiloro, fonico di Officine Meccaniche. L'inclinazione è tipicamente '60, registratori a bobina, campioni analogici, farfisa, hammond e altro materiale da campionario fetish. Il "lo-fi" conferisce al tutto un leggero alone retrò, con frequenti ammiccamenti alla psichedelia. Spicca Ginestre per la sensualità dai toni velatamente soul della voce di Cristina Donà, deturpata da qualche diavoleria. Bella anche Sunny Day, come è bello il bello, e anche sorprendentemente intensa. #3 è godibile e credibile, nonostante un refrain logoro assai: un po' Deus, molto Afterhours. Non a caso mi sembrano che siano tra i maggiori azionisti del gruppo, con Giorgio Prette batteria, e Dario Ciffo violino su Necessità e su Dream. Non so perché ma i pezzi in italiano (Necessità) mi convincono meno; a mio avviso abbassano lo standard, per altro buono, del disco. Mi sembra di averci subodorato un tantino di autocompiacimento da enclave: in fondo la cricca è quella, come si può facilmente inferire dai ringraziamenti: Afterhours- Bluevertigo- A Short Apnea- Verdena... E mi sembra proprio di vederli, tutti stipati nei locali in di Milano, a sbevazzare, cocktails colorati e costosi alle nostre facce olivastre da siculi. E' soltanto invidia, comunque: il disco è o.k..

Joele Valenti

HARMONIA ENSEMBLE / L'uomo dei sogni (Fellini) / Materiali Sonori

Capire Fellini. Intuire Fellini, hum...Rifiutarsi di crescere, puntando i piedi, in Odio al padre, come nel Tamburo di Latta...Più verosimilmente in opera di opposizione a tutta una serie di agenti patogeni, così visceralmente occidentali, logiche lineari e inerti punti di vista fallocentrici, o femminismi onnivori, vagina dentata, con l'uomo sempre più piccolo, lontano. Matrilinearità ad oltranza, forse, ma vissuta sotto le gonne, come dire pagare lo scotto di una mascolinità predeterminata, prenatale. Essere bambini. Non c'è scelta. Se siete adulti, e avete il perfetto controllo delle vostre in-esistenze, non sarete Fellini. Vi sentirete al più solleticati alla base della vostra senilità, come da nipotini invasivi. Assisterete, senza subirne il fascino sfibrante, allo sciorinare allucinato di fantasie oniriche involute e gratuite. E' questo essere vecchi? Il nomadismo psichico di Harmonia Ensemble prende avvio anni fa dalle musiche di Nino Rota per i films di Fellini. E' omaggio al genio, ma anche una sorta di alter ego archetipale della macchina regista-compositore: un Golem fatto di musica che riscatta, sempre più saturata dalle personalità di Onorio Odori (clarinet), Damiano Puliti (cello), Alessandra Garosi (piano), il nucleo di Harmonia. L'uomo dei sogni, in collaborazione con l'Archaea Strings Orchestra, che è stato anche il supporto ad uno spettacolo allestito da Giampiero Bigazzi, immagini, frammenti, suoni free, è il settimo capitolo di una lunga "processione" dissidente dal consorzio musicale dei Colletti Bianchi, adulti e vaccinati, svoltasi negli anni attraverso i domini delle "altre" musiche, contemporanee, popular, da camera. Su lavori di Roger Eno (Classical Music for Those with no Memory ), su Zappa (Harmonia meets Zappa). Partiture che emettono la stessa radianza di un occhio immaginativo, terribili e lucide; la stessa sessualità disincarnata dal suo essere radicata nel territorio, nei topoi emiliani così compulsivamente citati dal regista, e nel territorio più prossimo, il corpo. Brutalizzazione e grottesca carnalità, dal mondo in cui i bambini guardano dal buco della serratura.

Joele Valenti

BISCA / Il cielo basso / Il Manifesto

Gli anni dell'Incredibile Opposizione avevano dato visibilità e regalato pubblico a uno dei gruppi storici dell'altra Napoli ma poi lo sperma del diavolo ci ha messo lo zampino e i Bisca sono andati altrove, felice di ritrovarsi semplicemente vivi. Ora che il cielo è diventato basso e che i canali distributivi de Il Manifesto potrebbero mettere le pezze sulle pecche promozionali della Self, potrebbero anche, come gli gnomi che loro stessi tratteggiano, toccarlo con un dito, il cielo. Ma non credo lo faranno. Non si sono mai concessi troppo, i Bisca. Rimangono scomodi. Anzi lo sono molto di più adesso che, rientrato il fenomeno dell' "ankiovadoalcentrosocialeeascoltolamusicadelleposse", loro continuano a fare la loro cosa, a dire quello che vogliono e a farlo a modo loro. Che magari non a tutti piace, come è giusto che sia. Il nuovo disco prosegue nell'elaborazione di quello che i Bisca propongono da anni con sottili modifiche, gli aggiustamenti d'obbligo, le coloriture dovute: funky urbano, vicino a certo "sentire" napoletano che già fu di Avitabile e Senese, sempre più colorato ed arricchito da furfanterie elettroniche. Non sempre funzionali, a mio parere. Dei Bisca mi piace il suono sanguigno, il ruggito del sassofono, la voce scomposta e catramosa. Certi "zuccherini" dolci per palati raffinati lasciamoli servire da altri, che già sono in tanti. "Il cielo basso" alterna così nuovi classici del Bisca-pensiero (La lavatrice e il generale, Il mio mondo, Migrante, In superficie, Che senso ha) ad altri momenti meno ispirati, quasi di stanca (Maledetti, Mr John, Pensieri, Le pietre), e tuttavia ha una sua valenza di insieme abbastanza alta, capace ancora di mettere la saliva al naso di tanti. Fatevi sotto, che ora che va di moda il no-global pensiero qualche critico illuminato si ricorderà nuovamente di farveli accattare. La storia va a cicli, come le donne.

Franco "Lys" Dimauro

SONIC ASSASSIN / State is enemy, forever / Freakshow

Play it loud!!! Detroit ed ancora Detroit, ma anche un pizzico d'Australia, dove il confine tra il rock ed il punk in gruppi come Stooges ed MC5 è tenue ed insignificante. Perso lontano nel tempo di un sound decisamente chitarristico, cantato in Inglese, ben arrangiato e personale, 14 tracce di punk rock con la P maiuscola, mica BlinkStreatBoys...con alcune cover di genere per chiarire i termini: "Murder City Nights" dei Radio Birdman e "Sonic Reducer" dei Dead Boys. Bello, energico, semplice, diretto e rumoroso.

Andrea Pintus

24 GRANA / K-album / La canzonetta

"Vesto sempre euale e non sò mai cresciuto" cantava Francesco di Bella in Metaversus e "sto crescenno ma non voglio" canta ora in K-album. Il tempo passa ed affiora la paura di dover diventare adulti o comunque di vedersi addosso, all'improvviso, un abito nuovo. C'è il timore di dover scendere a compromessi, di cambiare col rischio di non riconoscersi più; ma c'è anche la voglia di maturare una propria identità, mettendosi continuamente in discussione e non rinunciando a sperimentare cose nuove... Desiderio di fuga e ricerca delle proprie radici. I rumori del mondo e la voce della propria città. Le strofe iniziali di K-album sono cantate in italiano, ma è poi il dialetto napoletano a dare forma alle immagini e ai sentimenti. Una poesia d'amore, mentre lieve scende la pioggia delle note... "comme sì bella co' l'uocchie d''o mare / l'uocchie s'affonnano a vote indo 'e mie / chiù passa 'o tempo e chiù veco lontano (...) chello che cerco e che trovo co' te / non và fujenno p''o mare / co' l'onne viene, s'appiccia e se ferma co' me." Napoli, ma solo come luogo di partenza. Il Treno di Loop continua a correre, diretto verso una destinazione qualsiasi. La musica dei 24 Grana mi ha sempre evocato l'idea del viaggio: non importa quale sia la meta e non sembra importante neppure raggiungerla... conta solo spostarsi e percepire, attimo dopo attimo, il proprio spostamento. La mente continua a fluttuare nella sua dimensione parallela. Un viaggio psichedelico lungo nove tracce, fra tradizione cantautorale e nuovi ritmi elettro-acustici. Un linguaggio fatto di parole semplici, un ritornello accompagnato dolcemente dalle chitarre: "capenno 'o mundo ca trovai nun criscette mai.. / apposta e pekké, sapenno 'e cagnà / capenno 'o mundo ca trovai nun criscette mai, / apposta e pekké, sapenno 'e cagnà perdevo tutta 'a libertà!". Libertà espressiva difesa con coraggio. La consapevolezza di esserci.

Guido Gambacorta

MIRABILIA / How can you change your life / Homesleep

Questo dei Mirabilia è un CD che riesce a dare all'uomo la gioia più grande. Non parlo semplicemente di musica, godibilità d'ascolto, estetica delle sette note. Qui si va oltre. No, nemmeno riferimenti alla voglia di scopare, a patetismi emozionali e toccanti, a cariche adrenaliniche nascoste in suoni ritmici e nervosi. C'è un piacere che supera ogni altro, più intenso del sesso, del sonno, del cibo. Il principe dei piaceri. Cagare. Compressione del muscolo anale in un atto di sodomia retroattiva, nervi strizzati e polmoni piegati da un impulso irresistibile. E poi, senso di vuoto. Sentire i Mirabilia è un esperienza trascendentale che in meno di un minuto ti trascina al cesso con le braghe calate e il sedere spiaccicato sul water. Mai titolo è stato più azzeccato: come puoi cambiare la tua vita? Semplice, ascolta i Mirabilia, corri al cesso. E non è tutto. Misto all'effetto lassativo vi è pure un'ansia sonnifera, nascosta nella struttura monotona e monocorde delle canzoni. Forse l'apice del benessere possibile: cesso + letto (ma solo per dormire, ci si ritrova mosci da far paura dopo l'ascolto...). Intendiamoci, qualche pezzettino di musiche decenti lo si può pure trovare (la stereolabiana New Song ad esempio), ma è poca roba, e soprattutto la "solita roba": pop languido che va tanto di moda, approccio alla materia sonora quasi post-Post-Rock, ovvero inutile. Questa è la musica che non mi piace (e forse ai molti piacerà). Notevole comunque la voce del cantante, a mio avviso sprecata per queste canzoni. Grazie Mirabilia, costate più della solita cassa di prugne, e fate anche più schifo, ma in fondo vi voglio bene, perché siete italiani. Sì, la musica italiana va rivalutata. Avrete successo, ottime cose diranno di voi. Ora anche noi abbiamo la nostra brutta copia degli Air. Consigliato agli stitici.

BaKunim

OVO / Assassine / Bar La Muerte

Non ci tenevo a recensire questo disco, il motivo è semplice, non mi andava di ascoltarlo tante volte (credo che questo sia il minimo da chiedere ad un recensore), mi hanno però chiesto di parlarne ugualmente e così eccomi qua. Di dischi del genere ne ho ascoltati parecchi, soprattutto negli ultimi anni, in cui l'influenza di Cpt. Beefheart e della No Wave è diventata quasi imbarazzante, al limite del plagio. E non ne posso più. Perché, mi chiedo, ripetere all'infinito una formula ormai stantia senza aggiungere nulla che porti avanti un discorso iniziato ormai più di venti anni fa? Beninteso, si tratta di un ottimo esempio di quella che è stata chiamata No (W) Wave, alcuni frangenti non sono niente male (Hell yeah, Mezzanotte, Il velo strappato) ma non giustificano tutto il resto, miseramente senza infamia né lode. Assassine è il frutto di svariate ore d'improvvisazione da cui sono stati estratti i momenti più interessanti. For fans only.

Salvo Senia

MIRSIE / Aliens in a bra / Freakshow

Lavoro uscito circa sei mesi fa ed ampiamente recensito sulle principali riviste italiane specializzate nel settore 'rock e dintorni'. Fa piacere, innanzi tutto, costatare che le migliori rock band italiane degli anni '90 provengono dalla provincia, e che questo fortunato filone, di cui fanno parte anche i piemontesi Mirsie, non sembra destinato ad esaurirsi. Suscita invece qualche curiosità comprendere con quali criteri le etichette indipendenti ed i distributori italiani sfornano le veline promozionali per presentare i loro gruppi (forse un tentativo di "testare" la competenza dei recensori?); quella dei Mirsie recita "Stooges meets Kyuss?": forse in un qualche luogo nel deserto californiano, non di certo all'interno di questo album! Si fondono in realtà molti generi dentro queste dieci tracce, il blues in stile John Spencer (Ash, Nation Code, I Came From the Future), ambigue ambientazioni alla Make up (Fetish Girl), visioni allucinate dall’utilizzo onanistico del loop degne dei migliori Sonic Youth (The Space, My Naked Cousin), ed anche qualche cavalcata (Magic Fire). Un album che forse non aggiungerà nulla alla pluridecennale storia del rock, ma che è caldamente consigliabile agli amanti dell'indie rock, per le capacità interpretative dei Mirsie e l'ottimo equilibrio con cui sono dosati e presentati i vari brani, compresa la ghost track 'Hot Blonde Cocktail', risalente ad un'incisione "fai da te" del '96.

Roberto Baldi

ALMAMEGRETTA / Imaginaria / RCA

Dedicato alla memoria del grande Bim Sherman, "Imaginaria" segna il ritorno degli Almamegretta dopo il tonfo artistico di "4/4", album che chiudeva poco dignitosamente un ciclo, mostrando tutte le debolezze di un gruppo alla ricerca di una via per sciogliersi da un passato ingombrante: laddove "Sanacore 1.9.9.5." era un disco perfetto, nella sua fusione di elementi tradizionali e popolari con i riverberi del dub giamaicano, una sorta di camera d'eco allestita tra i vicoli di Napoli, uno dei dischi più belli mai realizzati in Italia, i suoi successori (questo incluso) vivono di imperfezioni, di traiettorie diverse, multiformi ma non sempre azzeccate. Facile quindi avviarsi prevenuti all'ascolto di "Imaginaria". Che invece non è un brutto disco, anzi. Se riuscirete a non fermarvi al primo ascolto, lo vedrete crescervi tra le mani, ascolto dopo ascolto manmano che si schiuderanno le sue 12 gemme di dance cosmopolita in cui convivono arie mediterranee, partenopee, mediorientali, arabe, tropicali immerse in un groove ipnotico ad ogni livello di BPM. "Imaginaria" è un disco totalmente immerso nella club culture, molto vicino per atmosfere al lavoro di un gruppo come i Transglobal Underground. "Caña" rispolvera il vecchio Raiss muezzin-ragga ed è un piacere riscoprirselo così distante ma ben saldo nella nostra memoria. "Fa ammore 'ccu me" è il Sanacoredubstyle proiettato nel 2000, unica evoluzione possibile di quel dub che rimbalzava tra le pareti ammuffite della casbah partenopea, "Pa Chango" è house che ti martella il cervello prima di travestirsi di rigore ragga nella conclusiva "Rabb da dabb". "Imaginaria #2" è vapore peso, sillabe che rimbalzano panpottando sui canali, "Margellina 70" corre tra le onde in cui poi si immerge "Rubbayat": sparatela con le casse rivolte sulla spiaggia deserta delle tarde ore estive e vedete che effetto fa. Il resto è ancora la musica degli Alma, in equilibrio sul ritmo, piena e robusta (ascoltate la batteria di " "E guaglione d'o sole", le reiterazioni di "O saccio, o saie", un lavoro di produzione enorme), satura di orgoglio sudista e prodiga di scintillii tecnologici, come se ogni periferia del mondo fosse attirata da una forza centripeta verso il suo centro. "Imaginaria" sono gli Almamegretta qui e ora, e vale la pena tuffarcisi dentro.

Franco "Lys" Dimauro

MAU MAU / Marasma general / Mescal

Auguri! Tempi di festeggiamenti e celebrazioni per molte formazioni storiche italiane. Anni spesi a tirarsi fuori dalle cantine, passando per gli angusti sotterranei delle produzioni underground e poi, di colpo, la luce. Non popolano ancora le classifiche, forse mai lo faranno e del resto poco importa ma i loro nomi ormai li conosce anche mia mamma. E così dopo il doppio live degli Afterhours, le celebrazioni Marleyane degli Africa Unite, il tronfio epilogo dei CSI, ecco i Mau Mau davanti alle loro dieci candeline che diventano ben 25 su questo doppio live pubblicato per l'occasione. Un disco che pesca in tutta l'ampia storia del più credibile gruppo meticcio italiano e che è un egregio compendio all'ottima discografia in studio che Luca Morino e Fabio Barovero ci hanno regalato in questi anni. "Marasma" non traballa, è un'orgia di colori e sapori, è la festa paesana di tutti i paesi del mondo, è la musica per ogni festa del Santo Patrono, da Bahia a Cipro. Chi ha assistito ai concerti del gruppo piemontese sa a quale livello di coinvolgimento si può arrivare, e questo sin dai tempi della gloriosa acustica tribù che ricordo ciondolante e baraccona tra il pubblico dell'ormai sepolto Magna Grecia Festival, tanti anni fa. Tutto viene qui documentato, con queste istantanee scattate lungo il loro peregrinare da griot piemuntesi, che aggiunge tra l'altro un paio di nuove, ottime foto al già voluminoso album di famiglia. Anzi, della tribù.

Franco "Lys" Dimauro

REBEKAH SPLEEN / S/T / Autoprodotto

Il cd d'esordio dei Rebekah Spleen, mostra personalità e maturità poco riscontrabili in band di recente formazione come la loro. In poco meno di cinquanta minuti, si alternano momenti estremamente diversificati, eppure saldamente uniti l'uno all'altro, sino a ricreare un unico lungo excursus. Un percorso che conduce, di volta in volta, dall'ambiente, al rumorismo industriale, da episodi techno-rock a rarefazioni kraut. Ed è quando i suoni si dilatano che il gruppo scrive le pagine migliori; imbastendo trame folk psichedeliche ora con chitarra, ora con tastierine analogiche, tra voci campionate e frattali elettronici di fondo, conferendo al lavoro un'aura di totale atemporalità. Come se Tangerine Dream, Pink Floyd e Labradford suonassero insieme. Superando l'adusa dicotomia calma/rumore, che contraddistingue alcuni passaggi del lavoro, e quel tanto di naif ancora riscontrabile (è pur sempre un'opera prima), potrebbero davvero ottenere "qualcosa".

Alessio Bosco

 


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