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Music - CD Reviews - Review | by SuccoAcido in Music - CD Reviews on 01/05/2001 - Comments (0)
 
 
 
Arlo Bigazzi/Claudio Chianura/Lance Henson, Bossacucanova & Roberto Menescal, AA.VV./Fire Crawl With Me, IMata Hari, HP Ipotesi, Monksoda, Lue, Nicola Arigliano, Guido Politi.

Arlo Bigazzi/Claudio Chianura/Lance Henson, Bossacucanova & Roberto Menescal, AA.VV./Fire Crawl With Me, IMata Hari, HP Ipotesi, Monksoda, Lue, Nicola Arigliano, Guido Politi.

 
 

Arlo Bigazzi, Claudio Chianura, Lance Henson

The Wolf And The Moon

Bossacucanova & Roberto Menescal

Brasilidade

Materiali Sonori

L’opera “The wolf and the moon” è ispirata alle poesie dello scrittore Cheyenne Lance Henson, e vede l’intervento di rinomati musicisti della scena elettronica internazionale, tra cui l’onnipresente Richard Barbieri, Hector Zazou e il side group del “Porcupine Tree” Steve Wilson, i No-man (a mio parere, di gran lunga superiori alla celebrata formazione psichedelica). Si tratta di un lavoro estremamente interessante, dove ogni idea di dinamismo viene sublimata e interiorizzata. Così all’interno dei brani assistiamo a continue evoluzioni ritmiche, senza che per questo si perda la placida (e inquietante) atmosfera che attraversa tutto il disco. In un’opera dalla grande continuità stilistica e concettuale, spiccano gli interventi dei Militia (“Moonlit Dark”), di Barbieri (“Forbidden Song”), dei No-Man (“Bird Shadows, Wolf & Moon”), peraltro ben lontani dalle sonorità dei loro album, e soprattutto del trio Roger Eno-Arlo Bigazzi-Pier Luigi Andreoni, che con “My Heart Is Travelling” sviluppano le linee tracciate da Robbie Robertson nell’ottimo “Music for the Native Americans”. Sempre Materiali Sonori propone un altro affascinante connubio tra modernità e tradizione con “Brasilidade”, documento del sodalizio artistico tra i Bossacucanova, trio brasiliano di fusion, e lo storico cantante-chitarrista di bossa nova Roberto Menescal. Il titolo dell’album fa riferimento alle comuni origini dei musicisti che partecipano all’opera, oltre alla scelta dei brani, che va da alcuni classici di Jobim a composizioni inedite scritte a otto mani dai Bossacucanova e Menescal. Il disco, oltre a rappresentare un’autentica delizia per gli appassionati del genere, potrebbe affascinare anche i meno avvezzi ai ritmi sudamericani, grazie ad una modernizzazione che conferisce energia e nuova linfa vitale alla bossanova, in particolare nell’iniziale “Telephone”, nella title-track e nella conclusiva “Bye, Bye Brasil”.

Isidoro Meli

AA.VV.

Fire crawl with me

Dark, electronic, experimental compilation

Bar la muerte

Fuoco striscia verso me: brucia davvero questa nuova compilation del bar la muerte che sarebbe perfetta per un film di David Lynch. Brani e musicisti ruvidi ed incisivi che affondano se stessi nelle radici magmatiche dei superbi anni ’80. Tutti i gruppi presenti pur nella loro diversità sono congiunti da una compatta atmosfera tetra e densa. Dolce e malinconica la traccia di Freda (alias Silvia Grosso, basso dei Larsen), suoni essenziali che riescono a cullarti. Sonorità industriali per Brusaschetto, ornate da un canto lontano, vagamente recitativo. Sembrano nati invece, dalle ceneri dei Virgin Prunes, i DSE, che riescono ad incarnare efficacemente la matrice più ruvida dei Christian Death di R. Williams. Corrosiva e vitrea la traccia più lunga del disco, quella dei Lava, ciclica e perpetua. Ancestrali e claustrofobici i Lips Vago, solidi nel loro tessuto sonoro finemente tagliente. Punk ludico e sghembo dei tedeschi Deep dei quali si attente con curiosità l’uscita del cd d’esordio: sangue soffocante di R, pseudonimo del leader dei Larsen F. Palumbo, si chiude una riuscitissima compilation. I gruppi presenti non sono messi lì a caso, ma sono un’efficace dimostrazione di un buon equilibrio tra, la rumorosità elettronica di matrice analogica tipica degli anni ’80 e la capacità di rielaborare in chiave attuale l’esperienza irripetibile del movimento dark e new wave.

Franceso De Marco

MATA HARI

HP IPOTESI

Point of view

Due releases classiche per l'etichetta in questione. I Mata Hari propongono un suono di stampo “subsonichiano” con una sbirciatina a ciò che sono stati i Casinò Royale. Niente di nuovo, quindi, all’orizzonte. Cantato femminile in italiano, ben strutturato ed armonioso, parecchio ammiccante…Con una buona spinta promozionale potrebbero anche avere delle chances di mercato. Ritengo che non abbiano la song cosiddetta “apripista”, ma nel complesso il cd è sufficientemente omogeneo.Come già detto, non particolarmente originali, ma in Italia chi lo è? Stesso discorso per HP Ipotesi. Rap hip hop, dai testi duri ed impegnati. Ammiccanti, anziché no, ma troppo scontati. Suoni e parole sentiti mille volte. Da un punto di vista commerciale hanno ottime possibilità, visto quello che offre il mercato…La parola agli addetti alla promozione. Pertanto, in conclusione, per entrambi i cd, nessuno slancio propositivo “nuovo”, nessuna voglia di rischiare, ma un fiero tentativo di sfondare nel “mare magnum” del desolante panorama italiano.

Maurizio S.

MONKSODA

Safe and Sound...

Radar/Self

Mamma mia come sono cattivi questi! Io vorrei stroncarli ma prima devo fare una telefonata ad un paio di miei amici in grado di proteggermi, scusate un momento che prendo l'agendina. Ok tutto a posto, Vituzzo ha detto di non preoccuparmi. I Monksoda devono essere gli eredi naturali dei Cistifellea, il gruppo culto di Lorenzo (Corrado Guzzanti). Altro che portare il criceto al punto di bollitura, al confronto di Cozzi/Turra/Longhi Marylin Manson diventa un bambino dell'asilo. A me il vecchio cialtrone americano sta anche abbastanza simpatico, mi ricorda mio cugino Saro che spilla i soldi alle vecchiette levando il malocchio con un turbante in testa che manco Totò turco napoletano avrebbe mai indossato. Ma questi sono cattivi sul serio, non dobbiamo cedere alla violenza brutale e come potremmo in un momento così delicato per il paese? E poi proprio adesso che arriva la primavera con la sua armonica sinfonia ormonale! Questo Cd ha qualcosa che non va, pare che nello studio accanto al loro stessero registrando Sting e il bamboccione grasso dei Simple Minds, per un qualche difetto tecnico la loro voce è finita dritta dritta sul brutale tappeto sonoro steso ad arte dai Monksoda, che peccato! Secondo me con la vera voce di Emilio Cozzi sarebbe venuto fuori un disco perfetto per il prossimo Halloween.

Fanfarello

LUE

Supervirgin

Mechanism

La proposta musicale dei Lue con il mini-cd “SuperVirgin” ripercorre l’indie rock americano degli anni ’80 tra chitarre distorte, ritornelli urlati e melodie malinconiche. Il risultato è di sicuro effetto, soprattutto nella morbida “Telephone”, e i sei pezzi arricchiti dalla voce leggermente roca di Fil (una versione meno rabbiosa del cantato di Bob Mould) piaceranno sicuramente agli appassionati dei Sebadoh, ma l’impressione è che la band possa fare anche di meglio: forse è l’assenza di brani di presa immediata (a parte la già citata “Telephone”, e la corposa “It rains”), o magari ci vorrebbe un pizzico di grinta in più.

Isidoro Meli

NICOLA ARIGLIANO

Go man!

NuN

Perchè la nostra generazione produce in Italia un cinema così modesto? E' semplice, perché Marco Ferreri girava il mondo cercando il modo di non pagare il biglietto del treno, Muccino ha il biglietto del treno pagato da Cecchi Gori o da chissà chi. Voglio esprimere un concetto caro a mio padre: nulla può sostituire la vita, lo so che suona strano detto da me, ma ogni volta che riascolterò questo disco ne sarò seriamente convinto per almeno mezz'ora. Apparteniamo ad una generazione che impara a vivere guardando il riflesso del riflesso della vita o nella migliore delle ipotesi il riflesso e stop. Nicola Arigliano non lo conosco e probabilmente non lo conoscerò mai ma sono sicuro che saprebbe riempirmi di aneddoti gustosi da raccontare alla mia ragazza. Mia madre se lo ricorda solo per la pubblicità dell'amaro digestivo Antonetto, ecco cosa succede a chi guarda troppo le reti di quel coglione di Berlusconi. Arigliano è un gigante, uno che sprizza forza, ironia, voglia di vivere da tutti i pori. "Go man!" è la fedele documentazione di un concerto tenuto a Milano lo scorso 13 Novembre ed è un autentico, commovente gioiello: jazz antico, dolce, romantico, semplice, lirico. Grandi classici come "Il pinguino Innamorato" riportati in vita dai soli che potevano farlo credibilmente. Se avete amato "Space Cowboys" di Clint Eastwood e se conoscete ancora il significato della parola amore questo è il disco che fa per voi, buona estate 2001!

Fanfarello

GUIDO POLITI

Fili di Rafia

Autoprodotto

La storia della mafia nella seconda metà dell’800. L’emarginazione in contrasto con il potere, la ribellione tra le frange di un popolo che ha fatto della schiavitù la propria scelta di vita. Guido Politi, palermitano con la passione per la musica e un incredibile somiglianza vocale a De Andrè, ha scelto proprio la storia della mafia e del brigantaggio per questo bel lavoro autoprodotto, “Fili di Rafia”. Le canzoni posseggono una personalità propria, l’identità di un’artista che pesca a piene mani dal folklore siciliano come dalla tradizione cantautorale italiana per plasmarli in qualcosa di originale. Così, se la struttura dell’opera e alcuni brani (“Iurnatara”, retto su un arpeggio acustico intimista e “Joe Petrosino”, pezzo folkeggiante dedicato allo storico commissario italo-americano, che ricorda vagamente “Il ballo mascherato”) riportano al De Andrè di “Non al denaro non all’amore né al cielo” e “Storia di un Impiegato”, altri momenti come “Maria”, fanno pensare più a certe sonorità di Paolo Conte, e rivelano un’interessante versatilità stilistica. Tra le canzoni, spiccano l’introduttiva “Le compagnie d’Armi”, “Iurnatara” e “Due Sirene”, forse quelle in cui i riferimenti al folk siciliano si fanno più forti e concorrono a creare una miscela inedita. Unica pecca di un disco encomiabile e di sicura atmosfera, è l’eccesso di parole: alcune canzoni cercano di dire troppo, quando forse basterebbe pennellare un’immagine per trasmettere le medesime sensazioni. Si tratta in ogni caso di un lavoro bellissimo e sorprendente. E fa male pensare che un disco del genere debba essere autoprodotto, di fronte all’ottusa miopia del mercato discografico.

Isidoro Meli

 


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Reg. Court of Palermo (Italy) n°21, 19.10.2001
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