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Music - Musicians - Interview | by SuccoAcido in Music - Musicians on 01/11/2001 - Comments (0)
 
 
 
Three Second Kiss

Bacio di tre secondi, in pratica la durata massima consentita da un articolo del codice Hayes (codice di censura) perché un bacio potesse apparire sugli schermi cinematografici Statunitensi negli anni ’40. Massimo, Lorenzo e Sergio (rispettivamente basso & voce, batteria, e chitarra) hanno preso ispirazione, per il nome della propria band, da questa norma. Iniziano a suonare assieme nel ’93 e sin da subito intraprendono un’intensa attività live che li ha visti protagonisti al fianco di Blonde redhead, Shellac e molti altri ancora. Il loro esordio discografico è datato giugno ’96, FOR PAIN RELIEF edito dalla Lollypop rec. di Catania, ed è uno dei pochi dischi nazionali a poter vantare il fatto di esser programmato da John Peel su BBC Radio one durante uno dei suoi shows. Nello stesso anno, i tre, approfittando della presenza nella nostra penisola di Iain Burgess (già ingegnere del suono per Big Black, Cows, etc.), registrano in presa diretta EVERYDAY-EVERYMAN [Wide rec.], album che vedrà la luce quasi due anni più tardi e che sarà distribuito in tutta Europa da Southern. Rispetto al precedente, influenzato dal suono di bands anni ‘80 quali, per citarne solo un paio, Fall e Husker Du, in EE si sente un inasprimento nelle timbriche degli strumenti ed una maggiore complessità nelle strutture dei pezzi, a testimonianza di un ulteriore allargamento delle influenze della band, che comincia a questo punto a delineare con notevole personalità un suono proprio ed autonomo. Già dall’iniziale “Operation Dragon” vengono messe tutte le carte in tavola, cinque minuti in cui la chitarra abrasiva e i continui cambi di tempo mantengono viva l’attenzione di chi ascolta. Va sottolineato inoltre il più gran pregio del disco, cioè quello di mantenere gli alti standard qualitativi della musica per tutta la sua durata. A questo punto la svolta. In seguito ad un concerto tenutosi a Castrovillari (in compagnia di June of 44 e Shipping News) la band entra in contatto con Juan Carreras, proprietario della SLOWDIME rec. (Washington D.C.), il quale propone al trio la possibilità di far uscire per la propria etichetta un 12”, FOCAL POINT, in concomitanza al tour negli Stati Uniti che i nostri si apprestavano a compiere di spalla a June of 44. Il disco esce alla fine del ’99, solo in vinile, ed evidenzia un’ulteriore evoluzione nelle loro composizioni, pur rimanendo tortuosi, i pezzi risultano più essenziali che in passato, sembra evidente che i tre abbiano concentrato particolare attenzione sull’emotività trasmessa dalla loro musica, “smoke made my eyes water” rappresenta a tutt’oggi il pezzo più ambizioso e riuscito del trio, carica com’è, nella sua melodia così poco convenzionale, d’atmosfera e tensione. Troppo spesso i TSK sono stati associati ad un determinato “filone” dell’indierock made in U.S.A., quello proveniente dall’area del midwest, per intenderci. Tuttavia le influenze musicali della band sono riconducibili sia ad un suono prettamente americano che inglese. Rappresentano una fusione di “stili” proprio di gran parte del rock odierno, moderno, conservando una forte personalità musicale. Nelle loro canzoni c’è un'attenta cura per le soluzioni melodiche e per gli incastri ritmico-strumentali, complessi ma, fortunatamente, mai autoindulgenti. Ecco di seguito il resoconto di alcune chiacchiere scambiate con Lorenzo Fortini...

 
 

S: Iniziamo parlando della vostra ultima fatica, "Focal point", ascoltandolo mi è sembrato un lavoro più diretto di “Everyday-Everyman”, "minimale" (o essenziale) nella sua complessità, è un'impressione errata?

L: Qualsiasi impressione è per definizione corretta giacché soggettiva (gosh, questa puoi toglierla, mi è venuta così), perciò se così “ti è sembrato”, può essere che ci sia veramente una componente più diretta. A mio parere è diversa la questione. FP è più profondo a livello melodico e compositivo e sicuramente più maturo di EE. “King of the air” e “Landslide” sono brani molto atipici e difficili da considerare completamente, proprio perché c’è un forte connubio di arrangiamenti improbabili e melodie esplicite, dalle quali non puoi sfuggire. L’andamento bacchettone a quasi robotico di “king of the air”, mi sembra molto divertente nella sua stupidità, e anche se può sembrare più diretto è pieno di variazioni minime, ma molto importanti. Ma forse sono cose che sentiamo solo noi. Non direi che la nostra musica è minimale, anzi, a volte c’è talmente tanta roba in un brano, da sfiorare il barocchismo. Certi gruppi ci farebbero un cd intero.. Essenziale è un termine che si adatta meglio alla questione. Nel senso che c’è tutto quel che pensiamo ci debba essere... ovvio che è sempre soggettiva la cosa. A volte ci piacerebbe essere più minimi (per non usare il termine minimale, che chiama in gioco culture e arti, un po’ lontane da noi), ci stiamo lavorando, forse un giorno ci riusciremo.

S: Nel complesso l'ho trovato molto viscerale, anche una canzone elaborata (?) come "Smoke made my eyes water" suona molto spontanea. E' una scelta stilistica consapevole?

L: “Smoke…” è un brano molto semplice e diretto, che però esprime perfettamente il concetto, dell’ottenere tanto con poco, o se preferisci, il massimo con il minimo. Viscerale è un termine giusto, infatti, “smoke…” è il brano che dal vivo risente di più degli sbalzi di umore di ognuno di noi. I cambi di velocità e d'intensità sono fondamentali e se il palco quella sera non vibra, poi esce tutto piatto. Ci piace molto questo stato delle cose, ecco perché i nuovi brani che stiamo componendo sono più vivi e mutevoli, vogliamo che risentano delle situazioni che si presentano di volta in volta dal vivo. E’ stimolante, ogni tanto stare su un palco e rendersi conto di avere eseguito una pessima versione di un ottimo brano.

S: In che modo procedete nella realizzazione di un brano? (nascono da improvvisazioni? i testi sono aggiunti in un secondo momento?).

L: Sì a tutte e due. Nasce da uno che ha l’idea di fondo e già immagina più o meno lo sviluppo del pezzo, poi gli altri due s' impegnano a fargli cambiare idea e a stravolgere le sue composizioni. Un tempo la voce veniva alla fine, ora stiamo cercando di inserirla contemporaneamente agli strumenti.

S: Da quello che so siete tutti e tre molto appassionati di cinema, in che misura quest'arte influenza il vostro modo di fare musica?

L: mmh sì, Massimo studia cinema ed il nome della band è un chiaro riferimento alle vicende censorie cinematografiche passate. Sì amiamo molto il cinema, ma diciamo che non penetra granché nella nostra musica, almeno a livello conscio, cerchiamo di mantenere quello che suoniamo il più pulito possibile da altre contaminazioni sensoriali...Penso che se si fa musica destinata al puro ascolto, si debba rimanere concentrati su quella. E’ ovvio che in caso dovessimo comporre una colonna sonora (in fondo è un sogno inespresso di tutti e tre) la cosa sarebbe diversa.

S: Credete che le senzazioniemozioni espresse dalla vostra musica possano essere comprese "solo" da un determinato tipo di pubblico? (Alcune bands o certi artisti hanno questa convinzione).

L: Detta così non saprei cosa rispondere, cosa intendi con “determinato tipo di pubblico”? Sarebbe come dire che una certa musica può essere compresa solo da chi la comprende. In questo caso ovviamente la risposta è sì. Se mi stai chiedendo se considero la nostra musica come elitaria, beh, non so proprio cosa pensare. C’è sempre, o quasi, un nord più a nord del nord, rispetto a Cristina d’Avena siamo Stockhausen, rispetto a Stockhausen siamo Cristina d’Avena....Io ho il massimo rispetto per chiunque si sforzi di comprendere la forma espressiva di una band, sia che riesca a capirla e apprezzarla, sia che la critichi, l’importante è la volontà di farlo e la sincerità nel metter sul tavolo le proprie impressioni. Ovvio che mi riferisco anche ai tanti giornalisti che, causa la mole di suoni di cui si fanno quotidianamente, non hanno proprio la voglia e il tempo di fermarsi ad ascoltare veramente certa musica.

S: L'anno scorso avete fatto un tour lungo gli USA in compagnia di June of 44. Avete riscontrato delle differenze tra il pubblico statunitense e quello italiano? (Gli americani sono più esigenti, consapevoli e aperti mentalmente?) In che modo si pongono rispetto ad un gruppo straniero?

L: Si pongono molto bene. Sono di un'apertura mentale invidiabile. Non avevamo idea di come ci avrebbero accolto, ma come successe già con Uzeda, tutto girò per il verso giusto. Non puoi certo dire di poter conoscere un pubblico in 25 giorni! Ma certo è che l’impressione è stata estremamente positiva, di gente appassionata e ben disposta nei confronti della musica in generale, abbiamo visto ragazzini che si facevano prestare soldi per comprarsi 50 dollari di dischi tra noi e june of 44. Il confronto con il pubblico italiano è impossibile, perché è un pubblico di cui conosciamo pregi e difetti e visto che degli americani abbiamo visto solo i lati positivi, sarebbe una lotta impari...

S: Tra la registrazione di Everyday-everyman e la sua pubblicazione passarono circa due anni. Oggi le cose, soprattutto riguardo l'indie-rock, sembrano molto più facili, le etichette si sono moltiplicate così come le autoproduzioni. L'interesse crescente verso un certo tipo di musica, accompagnato da un aumento della consapevolezza da parte dei musicisti, è per voi un fenomeno passeggero o destinato a durare?

L: Quando uscì EE e anche FOR PAIN RELIEF, già le cose per molte bands erano facili. Per noi sono sempre state piuttosto complicate, e ogni uscita di disco corrispondeva ad un ritardo medio sulle registrazioni di un anno e mezzo. Non è tanto una questione di tempi o ere, il fatto è che per certe musiche le cose sono sempre state abbastanza facili e scorrevoli, mentre per altre il discorso è completamente diverso. Non è tanto una questione di sviluppi ed evoluzioni, quanto un modo diverso di rapportarsi al mercato e alla diffusione della musica.

S: Oltre agli evidenti lati positivi, ne trovate anche di negativi? (mi riferisco al rischio di inflazionare il mercato con prodotti non sempre qualitativamente all'altezza).

L: Non so come risponderti, per me di materiale “all’altezza” in questo momento ce n’è veramente poco, non so se è colpa dei tempi, delle etichette (che praticamente in Italia non esistono) delle bands, o mia, fatto sta che scegliere in quale disco spendere le 20- 30 - 40.000 mila è sempre più difficile.

S: Qualcuno mi ha raccontato che, ultimamente, nella vostra sala prove si aggirano “strane presenze”, tanto che siete fuggiti a registrare il nuovo materiale da un’altra parte. Cosa c’è di vero in tutto questo?

L: Ah, buona questa. E’ vero, all’interno dei muri della nostra sala prove si annida qualcosa che non riusciamo ad identificare. Per questo ci stiamo trasferendo. Entro un mese saremo in un posto con luci e suoni diversi, probabilmente ne risentiranno anche i nuovi brani.

S: Parlatemi del nuovo lavoro, quando è prevista l’uscita, da chi sarà registrato, ci sono delle novità a livello compositivo?

TSK: Crediamo di riuscire a registrare per febbraio/marzo 2002, ma per l’uscita, non sappiamo ancora cosa come e quando. Abbiamo già preso accordi con chi registrerà, ma non ne parliamo mai con così largo anticipo, un po’ per scaramanzia un po’ per antipatia acquisita verso i notiziari. A livello compositivo stiamo cercando di semplificare al massimo le strutture dei brani ed è cosa tutt’altro che facile, ma quello che ne esce per ora è buono.

S: Sono convinto che nella musica dei TSK si possa percepire un che di italianità. Secondo voi quanto la vostra nazionalità vi ha influenzato nel modo di suonare?

L: Deve essere la prima volta che ci sentiamo dire questo. Comunque, non riesco ad avvertire nulla che mi suggerisca questa sensazione, sarà che di musica italiana ne abbiamo sempre masticata poca, se non quella molto lontana dal genere che suoniamo. Forse siamo più sintonizzati sul termine “europeismo”. Nonostante i vari paragoni di stampa e pubblico ci abbiano sempre affiliati a questa o quella band americana del momento, ci sentiamo parte di qualcosa di un po’ più “antico” e parzialmente europeo.

S: Scusate la domanda stupida e banale, ma visto che oramai siete un punto di riferimento per molti musicisti in Italia, consigliereste a degli aspiranti rockers di seguire i vostri passi?

TSK: In linea generale noi non abbiamo fatto altro che seguire delle scelte operate da tanti altri prima di noi. Non c’è stato niente di originale in questo, abbiamo scelto questa strada e ci siamo trovati assieme ad altre persone che prima di noi l’avevano imboccata. Persone che ci hanno aiutato a fare cose importanti e a superare ostacoli. Sono parametri che vanno bene per qualsiasi era geologica e qualsiasi tipo di musica, regole che sin da quando inizi a calcare i palchi istintivamente apprendi, chi decide di seguire strade diverse lo fa per scelta, non perché non ha avuto i consigli giusti.

S: Domandina-favoletta, se incontraste un genio disposto ad eseguire tre desideri per il gruppo, cosa chiedereste? Uno a testa ovviamente!

L: Aereo cargo + van 9 posti passo lungo.

M: Una vasta scelta di completi eleganti per ogni concerto.

S: Essere il figlio di Ringo Starr.

 


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Reg. Court of Palermo (Italy) n°21, 19.10.2001
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Bibliography, links, notes:

pen: Salvo Senia

link: http://www.myspace.com/threesecondkiss

 
 
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