Domenico Sciajno, diplomatosi in contrabbasso e composizione vocale, strumentale/acustica ed elettronica presso il Conservatorio Reale de L'Aja in Olanda risulta, per mia vibrazione sensoriale, il migliore rappresentante italiano di RICERCA (più che) SONORA.…. La programmazione dei suoni, il loro processo istantaneo, la loro dislocazione nello spazio; come un'acusmònium ambulante, si muove in modo personale sia nei modi sia nei mezzi, risultando distante e vicino d/all'accademismo: il musicista perfetto.
"Non mi identificavo con i compositori, così come non mi identificavo con gli improvvisatori, così come non mi identificavo con i jazzisti. Con tutte queste unità potevo avere rapporti, ma non totali. Rappresentavano uno spazio dentro il quale mi potevo muovere e dentro il quale potevo fare esperienza. Nei miei grandi e svariati movimenti continuo a cercare di sperimentare percorsi senza collocarmi in uno specifico circuito."
L'elaborazione del suono avviene attraverso degli algoritmi da lui programmati utilizzando uno speciale linguaggio di programmazione MAX/MSP che nacque all'IRCAM di Parigi e che oggi è sviluppato da un laboratorio americano.Quindi a differenza di tanti che dell'elettroacustica ne fanno una forma di ricerca sconoscendo il perché del composto, Domenico è perfettamente DENTRO ciò che compone o che prevede di comporre, appunto perch'è anche programmatore. Questa padronanza è stata la porta principale valicata che lo ha portato alle mastodontiche (in senso di forza storica) collaborazioni con Clarence Barlowe, Mikle Barker, Joel Ryan, Alvin Curran.
SA: Nasci a Torino, città industria-le. Questo luogo natìo credo abbia avuto una sua ripercussione nel tuo approccio alla manifattura, infatti, già dalla prima vista-configurazione del tuo sito, o da certi numeri civici soprastanti citofoni, elementi industriali, aggeggi, ruote dentate e similitudini si prestano all'occhio dell'(e-)visitatore. La tua crescita musicale credo si sia svolta anche lì......quali sono stati i tuoi primi turgori? Le enfasi e le stigmatiche des3zze?
DS: I miei primi turgori taurinensi poco avevano a che vedere con gli elementi "industrial" di questa città. L'iconografia sull'intro della mia home page (www.headroom.ws/slice1) a cui ti riferisci si è sviluppata in seguito perché legata al mio concetto "new skins for old bones". Suona bene in inglese ma in italiano significa semplicemente "nuove pelli per vecchie ossa". Insomma, sono molto interessato ai processi in ambito artistico-creativo, e le macchine con i loro meccanismi li simboleggiano. I processi sono le vecchie ossa intese come strutture portanti, poi, ognuno nella propria contemporaneità e soggettività, cerca di attribuire nuova parvenza a ciò che in realtà è sempre esistito: il bisogno di esprimersi.
SA: Reputo il tuo percorso sonoro unico, la forza del tuo comporre ha fulcro nell'interazione tra impro o composizione di strumentazione acustica ed il loro "live-processing". Di grande importanza hanno avuto i consigli relazionali tra "colleghi" musicisti; per dire Luc Houtkamp, se non erro, è stato come il pioniere-scopritore delle tue potenzialità. Esiste ancora un legame sonoro tra di voi? La composizione "wooden chips" è definibile come audio-work-lab di ricerca interiore?
DS: Sicuramente ho conosciuto Luc in un momento di grande confusione, suonavo con lui in duo, io al contrabbasso e lui al sax tenore. Niente elettronica. Improvvisavamo assieme per ore nelle aule studio del conservatorio fino a quando non venivamo cacciati dai "bidelli" perché disturbavamo i nostri compagni nelle stanze adiacenti che studiavano Bach o Beethoven. Al contempo io studiavo composizione e musica elettronica e molto scetticamente cercavo un modo di fare dialogare tutti quegli aspetti della musica che più mi stavano a cuore ma che sembravano contrapporsi: composizione-improvvisazione, suono acustico-suono elettronico. Luc un bel giorno mi mostrò il suo computer Atari e i programmini che scriveva in basic per elaborare in tempo reale il suono del suo sassofono: mi si era aperto un nuovo mondo. Erano gli inizi degli anni 90, la attuale laptop generation era ancora nell'incubatrice e noi muovevamo i nostri primi e pesanti passi portandoci sul palco ingombranti computers per assisterci nelle nostre performances. Wooden chips fu in effetti il primo pezzo in cui usavo l'elaborazione in tempo reale tramite l'ausilio del computer. Più che di un "audio-work-lab di ricerca interiore" parlerei di un lavoro molto concettuale e strutturato in cui però essendo previste delle parti "aperte" potevano emergere elementi umani ed emotivi che creavano un dialogo-tenzone con il procedere meccanico dell'elaborazione elettronica.
SA: Ho letto che il tuo insegnante di composizione al Conservatorio Reale dell'Aja in Olanda, Gilius Van Bergen, ti ha fatto saltare una sorta di barriera, mettendo alle spalle tutta una serie di pregiudizi. Grazie al suo metodo ha centrato il fatto che l'ispirazione non esiste e che c'è l'idea. Cosa e come ti ha influenzato, formato, formae mentis fortificato?
DS: La cosa fondamentale è proprio questa che tu hai citato e che già dissi cioè che alla base del comporre c'è l'idea e non l'ispirazione. Certo per avere idee e messaggi bisogna conoscere, amare, odiare, soffrire, gioire... ma soprattutto scegliere.
SA: Consultando il tuo sito ho letto di un nuovo concept installazione. Il suo nome è "ESPIRAL" (www.headroom.ws/slice1/espiral/espiral.html). Una perfetta perdita di celibato tra le distanze naturali esistenti del suono analogico e digitale. ESPIRAL, da quel che leggo, è di una POTENZA concettuale direi disumana! E' ciò a cui vorrei assistere ORA!! Credo che meriti proprio una sintetica descrizione, da parte tua per i lettori di SuccoAcido. Si ricollega per caso a quel che riferisti in un'intervista del gennaio 2002 su AllAboutJAzz? E cioè: "...il mio prossimo progetto sarà quello di inserire l'elettronica dentro il legno, in senso reale..."
DS: Esatto, bravo Ciccio! Ci hai preso in pieno! Espiral, nasce dalla ricerca di un nuovo rapporto tra il mio strumento per eccellenza, il contrabbasso e le mie ricerche in ambito compositivo ed elettronico. Ovvero non più l'elettronica intesa come "effetto" come in "Wooden Chips" o "Iter", ma come elemento che entra in simbiosi timbrico-morfologica con lo strumento meccanico. In Espiral c'è un contrabbasso che suona da solo perché la sua struttura viene "colpita" da onde sonore a bassissima frequenza generate elettronicamente. Il suono così generato viene processato e spazializzato in base ad agoritmi da me programmati e quindi diffuso con un sistema di altoparlanti multicanale che ne mette in rilievo il continuo divenire sonoro.
SA: La performance audio-visiva OBJECTABLE (www.headroom.ws/pdf/obj.pdf ) credo sia la prima cooperazione artistica tra te e Barbara Sansone. Il tempo tende a rendere decisive le irti potenzialità tra gli individui... anche il tuo sito è stato "costruito" da lei (www.headroom.ws). Ritengo quest'unione professionale naturale, simbiontica ed eccellente. C'è in cantiere altro di extraordinario tra di voi?
DS: Siamo sempre in continuo scambio sia creativo che di supporto tecnico. Al momento Objectable con alcune sue varianti, rimane il principale progetto che portiamo avanti assieme. Da tempo parliamo di mettere insieme le nostre forze per realizzare lavori fruibili da internet, abbiamo già delle idee ma ci manca il tempo; comunque barbara ha avviato un'opera aperta sul suo sito (AbstrActions: www.headroom.ws/slice0/performance/start.html ) in cui combina elaborazioni in flash da lei fatte con suoni forniti da musicisti.Io ho già contribuito, altri tra cui tu arriveranno presto...
SA: Spesso riscontro in molti lavori, che nascono da illuminazioni post-Cageane, certezze taciturne anche in improbabili musicisti. Proprio poc’anzi ascoltavo Caetano Veloso in una vellutata canzone ("Michelangelo Antonioni") descritta in italiano, dicente: "visione del silenzio....angolo vuoto.... pagina senza parole ....una lettera scritta sopra un viso di pietra e vapore .......amore, inutile finestra...." che dire o pensare? Volatili, surreali, intime e spazialiste; c'è una tua "incapacità" d'attento ascolto di lavori distanti dal jazz o dalla contemporanea o dal rock o da tutto il resto non contaminato dalle inconvenzionalità? E’ davvero tanto strano ciò? O sono strano io che amo anche Rettore o Bersani? Sia questa la ragione nascosta del tuo genio?
DS: Lasciamo perdere "il mio genio" che mi suona tanto di sfottò. In ogni caso hai detto niente: i lavori di Caetano Veloso sono di immensa qualità sia per i testi sia per le armonie e gli arrangiamenti usati. La bellezza della sua musica è tale da renderla fruibile ad un larghissimo pubblico, da quello più esigente a quello più "spensierato"; tuttavia non è musica leggera, ma non lo dico con disprezzo. Anzi alla musica leggera riconosco una capacità evocativo-emotiva che evidentemente e giustamente su molti, come su di te (per lo meno nei casi di Rettore e Bersani), ha un qualche effetto. Ma su di me no, e non è certo questione di genio, parlerei piuttosto di età, gusti e trascorsi.
SA: {non mi permetterei mai di sfotterti}. Nel tuo lavoro "Broken Bridge" sento tre fasci conduttori. Uno mi porta a Fernando Grillo, un altro alla visione TAOistica-sonora di Giacinto Scelsi e l'ultimo alle sovra-statiche-trame dipinte da Mark Rothko. Ciò nonostante esiste forte l'espressione di radicale intervento sullo strumento acustico, che per gravismi cartilaginei non puoi più suonare (in modo formale), tali da farmi immaginare sempre la figura contrabassistica del grande Peter Kowald, anche se non lo riscontro nella musica di Broken Bridge. Come nasce questo lavoro? Il nome tradotto è "ponte rotto" e se non ricordo male ha dei riscontri concreti con imprevisti di registrazione, vero?
DS: Questo lavoro nasce da un approfondito studio di tecniche esecutive che avevano il preciso scopo di fare emergere l'inespresso, ovvero tutto ciò che normalmente può percepire solo chi suona il contrabbasso perché ha il suo corpo in contatto con esso. L'idea era quella di ribaltare i piani come in una fotografia: non mettere a fuoco ciò che sta in primo piano ma ciò che sta sullo sfondo. Ovviamente in questo studio erano coinvolte, oltre a speciali tecniche esecutive, anche tecniche di registrazione e presa del suono studiate 'ad hoc'. Il titolo stesso di tutto il cd doveva essere "Unexpressed", ma poi solo un brano ha avuto questo titolo. Al suo posto ho usato "Broken Bridge", che in effetti si riferisce alla udibile rottura del ponticello, avvenuta mentre suonavo con una tecnica a due archi poco ortodossa. Questo evento-titolo era tanto imprevisto quanto una perfetta metafora rispetto al mio modo di usare ed intendere lo strumento da quel momento in avanti.
SA: La prima volta che sentìi "Right After" ho percepito aleggiare gli umori di Charlie Parker e del bee-bop più eccelso. E’ quello che personalmente ho ottimizzato ascoltando con profondità. Un lavoro davvero di grande intesa, riuscita e spessore artistico. A marcare la perlacea intesa è proprio il fatto che trattasi di improvvisazione elettronica! Mi sbaglio o esistono come per certa musica improvvisata delle parti scritte o previste? Di certo c'è che tra te e Giuseppe Ielasi esiste una maturata relazione musicale, es. A.I.R.S. ma c'è dell’altro?
DS: Con Giuseppe suoniamo molto insieme, abbiamo fatto diversi tours fuori dall'italia e dall'europa e condividiamo molti progetti. Questo sicuramente spiega la forza e la coesione del nostro duo ma c'è anche evidentemente una buona dose di complementarietà unita ad un continuo confronto su ciò che facciamo e sulle direzioni verso cui puntiamo. In "Right After", sebbene l'improvvisazione sia l'elemento dominante non sono mancati elementi che possiamo definire composti, nel senso che prima e dopo ogni registrazione ci parlavamo facevamo proposte, commenti, scelte...
SA: Il tuo interesse per esperienze che coinvolgono diverse discipline artistiche si concretizza in lavori assai vicini al concetto di performance. Spesso i nostri incontri, se fai un resoconto relazionale col senno di poi, hanno, per un verso o per un altro, sempre coinvolto il Futurismo italiano. Personalmente lo ritengo il primo motivo per cui sentirsi fiero italico, Italia: patria della prima avanguardia storica.....e che avanguardia!!! Vengo al mio dire,è ovvia l'influenza di tale movimento nei tuoi lavori-installazioni o altro ed in special modo nella performance audio visiva "King Cycle on Italian Futurism" del 1997. Ci illustreresti i cardini concettuali di questo Marinettiano progetto?
DS: "King Cycle" è un lavoro che ho dedicato proprio al Futurismo, scelta dettata dal grande rispetto che ho per questo movimento e per le sue eccezionali intuizioni nel campo dell’arte. Scoprii questo movimento proprio mentre da tempo mi sentivo 'orfano' e privo di 'padri' 'connazionali'. I punti di contatto e le sintonie mi aiutarono ad interpretare e sviluppare elementi del mio stesso lavoro. Non altrettanto in sintonia mi trovo con il coinvolgimento di questo movimento nella facciata culturale del fascismo. Coinvolgimento che comunque riguarda il periodo finale e meno fecondo del Futurismo, che seppe sviluppare le maggiori intuizioni e innovazioni nelle prime fasi della sua evoluzione. La rottura delle rigide convenzioni nelle forme d'arte, il coinvolgimento del pubblico tramite ogni canale percettivo, la ricerca di nuove forme e strutture ed ovviamente l’elevazione del rumore a suono aprirono la strada a grandi innovazioni in campo musicale. Tutto ciò decenni prima che comparissero la scuola della 'musica concreta' francese, le partiture grafiche di Stockhausen e le te(rr)orizz-azioni di Cage sul rapporto silenzio-suono.
SA: IXEM... cosa e perché?
DS: La necessità di interventi collettivi era più volte emersa nei miei discorsi con altri musicisti e con addetti ai lavori. E' stato quindi quasi fisiologico per me il fatto di dare vita al collettivo nazionale che ho chiamato IXEM (Italian eXperimental Electronic Music). Lo scopo è quello di sollevare una voce comune finalizzata all’avvio di un confronto costruttivo con un gruppo eterogeneo di musicisti. Ciò che ci accomuna e l'interesse per la sperimentazione musicale e la difficoltà nel fare circolare il nostro lavoro sul territorio nazionale. Vista la dislocazione di tutti lungo l'esteso territorio nazionale, ho avviato il contatto attraverso un forum su internet. Ci siamo subito accorti di essere numerosi e di avere voglia, mettendo insieme le forze, di modificare alcune dinamiche: - Smettere di condurre esclusivamente battaglie individuali per avviare un'azione collettiva e coerente che, nelle diversità stilistiche, descriva una realtà esistente, viva e creativa. - Adottare iniziative per arrivare direttamente ai fruitori svincolandosi da coloro, tra operatori culturali, organizzatori, critici e discografici, che assumono un ruolo di 'filtro' anomalo. Vorremmo stabilire un filo il più possibile diretto proprio con i fruitori, non solo con quelli curiosi che ci troverebbero comunque ma con tutti, per ricordare loro (gli piaccia o no il nostro lavoro) che esiste un modo libero, creativo ed attivo di ascoltare la musica che non sia quello passivo di subire scelte troppo spesso strumentalizzate o occultamente imposte. L’avvio di discussioni relative alle dinamiche sopra citate ha messo subito in rilievo il fatto che esiste anche una problematica 'comportamentale' tra noi stessi: i musicisti. Spesso purtroppo, più o meno inconsapevolmente, ci rendiamo responsabili nel favorire quelle stesse dinamiche che hanno irreparabilmente condizionato i sistemi di fruizione di altri ‘generi’ musicali quali classica, contemporanea, jazz, pop e rock (per citare i più ‘ufficializzati’). La maturazione di una coscienza collettiva, e lo sviluppo di un consapevole operato nella diffusione del nostro lavoro sono punti di profonda analisi tra chi si è avvicinato ad IXEM. Per fare questo stiamo organizzando diverse attività sul territorio nazionale tra le quali la realizzazione di un sito internet (www.ixem.it), una compilation con i lavori di tutti i partecipanti ed un meeting-festival nazionale che sarà occasione di conoscerci meglio e di far conoscere dal vivo la nostra musica al pubblico. All’ indirizzo http://it.groups.yahoo.com/group/ixem è possibile iscriversi al forum su internet. E’ uno spazio di discussione non moderato che intende allargare i propri argomenti a tutti coloro che si interessano all'arte contemporanea sperimentale. Non è escluso che questo gruppo possa includere personalità tra le quali ci siano divergenze di qualche sorta, ma il bello è anche questo, dalle discussioni e dal confronto nascono idee e sinergie. Particolare attenzione è posta verso le forme di contatto tra tecnologia (digitale), mondo reale (analogico), suono e immagine. Gli argomenti possono spaziare da riflessioni estetiche a problematiche tecniche a tutela reciproca a luogo di promozione di idee e di eventi. Da questo spazio virtuale stiamo organizzando il nostro primo incontro in un luogo reale grazie al supporto del collettivo KostruendoARK (www.inventati.org/ark) formato da studenti universitari della facoltà di architettura di Firenze. Oltre a diverse iniziative in ambito culturale ed universitario, il collettivo ha alle spalle due edizioni del festival di musica sperimentale Superfici Sonore che quest'anno si terrà dal 25 al 27 giugno 2003. I ragazzi del collettivo Kostruendo nell’arco di due edizioni hanno saputo sviluppare con impegno ed entusiasmo una capacità organizzativa tale da assicurare un’ottima affluenza di pubblico ed un’alta qualità nelle proposte performative. Su questo terreno è stato facile che Ixem e Kostruendo si incontrassero dando vita alla terza edizione di Superfici Sonore, un festival di tre giorni di musica, installazioni, meetings e dibattiti. Superfici Sonore 2003 sarà dunque l’occasione di conoscere e sentire dal vivo la produzione musicale degli aderenti ad IXEM ma sarà anche un luogo di incontro dove coordinare le future attività. Il sito web di ixem è www.ixem.it, là si trovano ulteriori dettagli e gli aggiornamenti sul programma di Superfici Sonore 2003.
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De Dieux /\ SuccoAcido