Mettete insieme le masturb’azioni di un basso funky e strafottente, la presenza di una batteria attenta e misurata, i frantumi di una chitarra talvolta scheletrica ma più spesso corposa e piacevolmente sgraziata e rumorosa, gli inserti cacofonici del sax uniti a quelli di un clarinetto anch’esso libero, all’interno di una cornice comunque strutturata, di spargere suoni nell’aria. Se aggiungete a tutto ciò radioline mal sintonizzate e voci sicule che irrompono nella loro familiarità, ebbene avrete a vostra disposizione tutti i “pezzi” di questo puzzle sonoro che è l’Oper’azione Nafta.
Il motore nel quale brucia la nafta dell’Oper’azione è composto da: Piero La Rocca alla chitarra al clarino e talvolta a tanto altro ancora, Marco Calandrino alla batteria e Francesco Calandrino come bassista/saxophonista/manipolatore di tapes. Lascio le parole a tutti gli azionatori di questa bella serata…
SA: Raccontateci come e quando nasce l’Oper’azione…
FRANC: oper’azione nafta nasce nell’inverno del 1997 come progetto/sfogo del gruppo noise-pop “nylon sei, 6.” dico sfogo perché aderivamo gli stessi musicisti di nylon sei,6. e tutti liberavamo istantaneamente la nostra fantasia compositiva con il simile fuoco interiore di Karen Eliot (pur non avendo assolutamente idea di cosa fosse il MUSGA VIX VAE PORUB) nei sabati pomeriggio di un retroscena paesano davvero raccapricciante (immaginate in sottofondo “kerosene” dei Big Black, mentre leggete) sia dal lato sociale che culturale --(minchia chì stòria ‘mpirugghiàta! pari propriu ‘nà telenovela)— Fin dalle prime prese di coscienza sul risultato musicale la prima identificazione designataci fu scruscio fiabesco, con libertà improvvisavamo totalmente pur non conoscendo affatto alcuna concezione jazz del fare musica…. ma da allora si ha molta più consapevolezza di cosa [più che altro] è [stata] la “musica” [fino ai giorni d’] Oggi. Da quel periodo in poi è iniziata la rivoluzione punck del nostro cervello!
SA: Nella dimensione live i “pezzi” dell’Oper’azione sembrano trovare la loro genesi in linee che appaiono improvvisate e frantumate e da cui talvolta si lasciano intermezzare, ma poi essi emergono e colpiscono nella loro essenza indubbiamente rock. Nelle vostre musiche in che modo interagiscono improvvis’azione e composizione?
FRANC: Nella modalità più consona al momento-istante del durante-esecuzione, esiste un “ricordo-metrico” della composizione, che ha origine dalle canzoni di nylon sei,6. ….
SA: Raccontateci la genesi dei vostri “pezzi”
FRANC:… oper’azione nafta è la deframment’azione deflagrante delle antiche melodie di nylon sei,6. ma tra le aperture dei pezzi si insinuano elementi di concezione free-form e di concezione Cageana. Spesso nel nostro habitat (casa di piero in montagna) creiamo i migliori ambienti sonori, abbiamo ampliato la gamma di strumenti da suonare (anche se spesso sono gli strumenti stessi che suonano noi) cosa che “scoffa” e dilania le travertiniche sonorità. Combinando la gamma di strumenti a disposizione ampliamo i suoni del puzzle sonoro. La genesi dei pezzi ci accompagnerà per tutta la nostra esistenza, tant’è vero che da 3 anni a questa parte abbiamo messo in piedi (e poi sdirrubbàtu) una sola nuova “canzoncina” il resto è intraprendenza d’azione, di suono e di silenzio, il resto è tutto e cioè ascolto reciproco e gestione ottimizzata del proprio limite tecnico strumentale.
SA: Andando a cercare dei referenti d’ascolto mi sono venuti in mente i Don Caballero meno geometrici degli esordi, i Flying Luttenbachers, certo funk dei Minutemen, una radice nirvaniana, Peter Brotzmann e giù di lì…riconoscete influenze di tal tipo?
FRANC: Siamo tutti figli di un grande Padre cacofonico e poi quando il culo è avvezzo al peto più non puoi far starlo cheto.
SA: La vostra è una musica che, forse per necessità, nella sua dimensione live si priva, ovvero nasconde, tanti dettagli di cui invece è possibile deliziarsi su disco. Preferite ascoltarvi su disco o dal vivo? Quale delle due dimensioni ritenete sia più consona all’Oper’azione?
FRANC: Purtroppo o per fortuna non esiste una dimensione sonora consona di oper’azione nafta, esiste semmai un luogo dove ci si esprime in modo molto più appagante: casa di piero in montagna.
MARCO:credo che ci sia molta differenza fra la dimensione di quella registrazione e i concerti che facciamo,che sono già differenti essi stessi fra di loro…il gruppo tra l’altro è cresciuto molto anzi ha cambiato proprio pelle da quando suono con loro.Ci dilettavamo già da molto tempo a creare le nostre orgette di scruscio anche quando c’era Giacomo dietro i tamburi o non c’era addirittura nessuno…poi fra loro è finita ed è stato naturale per me comprare la batteria e iniziare a pestarla come un’assassino…Comunque ritengo che dal vivo esprimiamo meglio il senso di fluxus aleatorio che c’è nell’oper’azione…
SA: Il frullato sonoro dell’Oper’azione è un materiale altamente infiammabile che ai non avvezzi potrebbe risultare anche indigesto, ma credo proprio che assunto regolarmente poi ti piglia. Come vedete chi vi sta ad ascoltare? Pensate che l’arte stia più in chi la fa o in chi la “recepisce” in quanto tale?
PIERO: In Nasta risiede un gran senso di umanità, non importa sbagliare un pezzo, l’importante è giocare. I malcapitati che si trovano ad ascoltarci percepiscono la nostra attitudine a non ancorarci alla sicurezza e alla certezza, coloro che sono liberi da preconcetti architettonici si lasciano condurre assieme a noi nell’incertezza di cosa potrà succedere subito dopo, in questo risiede l’umanità del gruppo. Penso che il pubblico recepisca la nostra musica in modo diverso da noi proprio perché diverso è il punto di vista dell’ascolto. Lascio agli ascoltatori decidere se la nostra è arte oppure no; noi ci limitiamo ad esprimere le nostre inclinazioni naturali.
MARCO:sicuramente bisogna essere predisposti se vuoi vedere un nostro concerto o comunque avere una minima idea di cosa siamo…di che musica si tratta…dico così perché è capitato di suonare in alcuni pub e la gente era abbastanza perplessa…quella almeno che era rimasta dentro il locale…in effetti nei panni di un uomo medio alcamese non sopporterei il nostro rumore…voglio dire quindi che l’arte può stare sia in chi la fa che in chi la recepisce ma se a recepire c’e gente che non ci apprezza o che scappa via o ci dice di fermarci perché facciamo troppo bordello… l’arte è una categoria mentale e sta in te trovarla; dipende dal fruitore e ovviamente anche in questo caso da noi…si vede che in quel caso eravamo in un contesto del tutto inadatto a noi e abbiamo rappresentato solo il fastidio irritante della gente.
SA: Francesco, dimmi del Rusted Rainbow…
FRANC: È un progetto che circola tra le mani dei postini [da un continente all’altro] da circa due anni, una collaborazione davvero costruttiva, nata per caso con Aaron dopo averlo contattato via e-mail ed essermi presentato come un enologo-non musicista. Ci siamo scambiati nastri e reinterpretazioni manipolanti d’altrui composti, abbiamo manipolato in modo molto libero e parallelizzato vari strumenti : sax,oboe,chitarra elettrica,percussioni,voci,loop,animali,ecc,………..schizzi,blocchi e strati di ruggine allo stato brado….. ….elettroacustica spargola e drones freejaZ…..chissu è RUSTED RAINBOW. Con Aaron c’è molta intesa,amicizia e stima, è un progetto-relazione che ci piace, molto ,davvero, e che matura giornalmente al solo pensiero di avere grande intesa. E Se cualc’1 è interessato al nostro primo demo ..bene cerchiamo proposte per pubblicazioni
Old Admin control not available waiting new website
in the next days...
Please be patience.
It will be available as soon as possibile, thanks.
De Dieux /\ SuccoAcido