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Music - Musicians - Interview | by SuccoAcido in Music - Musicians on 01/07/2003 - Comments (0)
 
 
 
Nest

Cinque mesi fa: Giovedì 16 gennaio, ore 22 circa. E’ un’umida nottata di metà gennaio, con Firenze avvolta nella nebbia nemmeno si fosse in Val Padana, ed io mi sto recando in auto all’appuntamento fissato qualche giorno prima con i Nest: Luca, Giovanni, Riccardo e Nicola mi stanno aspettando nella loro sala prove, che poi altro non è che un’accogliente stanzetta insonorizzata a casa di Riccardo. Al mio arrivo il gruppo è ancora impegnato nelle ultime prove alla vigilia del concerto al CSO Rivolta di Marghera ed io - spettatore privilegiato - mi accomodo su un piccolo divano accostato alla parete di sinistra della stanza; nel mio zaino un foglio con appuntate sopra alcune domande, un registratore portatile e due bottiglie di vino rosso… Quando al termine delle prove ci ritroviamo tutti a sedere sul divano o per terra sulla moquette, la seconda bottiglia di vino è ormai alla fine… PLAY + REC : più che un’intervista, una chiacchierata tra amici.

 
 

SA: Iniziamo con una breve cronistoria dei Nest.

L: I Nest sono nati praticamente adesso, però prima ci chiamavamo Malastrana e prima ancora in questa stanza c’era un altro gruppo, di cui Riccardo era il co-fondatore, gli Stout. Poi dal 1991 per cambio di formazione ci siamo chiamati Malastrana, siamo andati avanti, poi vari altri cambi di formazione…sono stati diversi…nel 1997 è entrato Giovanni, nel 1999 Nicola e poi Francesco è entrato nel 2001. Come Malastrana abbiamo sempre suonato qui in zona; abbiamo registrato pochissimo…

R: …un demo nel 1996 e un cd autoprodotto nel 1998, che non ha avuto distribuzione…

L: Poi abbiamo dovuto cambiare nome, perché Malastrana era un gruppo di Treviso…..tra l’altro ci è capitato di ricevere via mail i complimenti - che non erano indirizzati a noi — da parte di un ragazzo che diceva di averci visto in concerto a Treviso….

R: …e alla Festa de L’Unità di Firenze sono venuti a cercare un altro gruppo, i Malastrana che non s’era noi insomma….

G: …tra l’altro loro erano già prodotti da un’etichetta, per cui ci creava un po’ di difficoltà andare avanti con quel nome.

SA: Spazio ai complimenti adesso: secondo me il vostro è il cd italiano migliore del 2002…

R: Grazie…

SA: …anche se suona molto poco italiano alla fine, sia come suoni sia per la scelta di cantare in inglese. Volevo sapere come è nata la vostra scelta di utilizzare la lingua inglese per il cantato.

R: La scelta di cantare in inglese è una scelta venuta naturale, forse non è stata nemmeno una scelta cosciente, nel senso che è stato un passaggio quasi obbligato per il fatto che c’è sempre riuscito meglio tutto sommato, c’è sempre sembrato meno difficile piuttosto che cantare in italiano tentare di associare quello che si faceva in musica all’inglese…

L: …saranno stati anche gli ascolti…

R: Sì, penso sia stato prevalentemente anche il fatto di essere influenzati dai gruppi anglosassoni, insomma di aver sempre ascoltato molte meno cose in italiano, per cui ci sono stati dei tentativi di cantare in italiano anche in passato - nel 1994, nel 1995 - tutti abbastanza deludenti e comunque che non ci mettevano a nostro agio…

G: …proprio la struttura della lingua che mal si adatta…

L: …a noi piacerebbe cantare in italiano…

G: C’è un pezzo in italiano: "Stò".

SA: Lo fate dal vivo o no?

G: No, l’abbiamo momentaneamente accantonato in attesa di rielaborarlo, perché così non funziona.

SA: E i testi chi li scrive?

G: Riccardo e Luca.

SA: E il fatto che i due pezzi strumentali del disco siano gli unici con un titolo in italiano è una coincidenza?

L: E’ casuale.

R: Anche perché non è che ci teniamo a non apparire italiani a tutti i costi… ripeto, probabilmente è anche un limite nostro il fatto di non riuscire a cantare in italiano, tant’è che non è una strada preclusa pregiudizialmente: si riuscisse a farlo sarebbe anche bello, però ci vien naturale di farlo in inglese…in un inglese approssimativo, diciamo così [sorride…]

SA: Per quanto riguarda il disco, che tempi di realizzazione avete avuto? Perché tra la registrazione e la pubblicazione è trascorso praticamente un anno?

G: E’ partito il progetto di "Drifting" come prodotto completamente autofinanziato/autogestito e poi dopo è subentrata la produzione di Urtovox, ma solo successivamente. Noi stavamo ancora curando la parte grafica, la copertina, insomma eravamo ancora a finirlo ed è nata questa collaborazione… però nel frattempo era già passato un anno.

SA: Un’altra curiosità riguardo al disco: la voce che compare alla fine dell’ultimo pezzo di chi è?

R: Quella è una cosa curiosa, perché io e Luca abbiamo sempre fatto ricorso ad un’amica statunitense per la correzione delle bozze dei testi… non solo per la correzione dei testi ma anche per la pronuncia…

SA: …ma cosa dice la voce…?

L: Sta leggendo praticamente il testo di "Drifting": noi ci facciamo leggere i testi da lei per sentire la pronuncia…

G: …la registriamo e poi dopo viene riascoltata per adattare la pronuncia….era stata registrata con un registratorino di quelli piccolini e si sente… volutamente è stata mantenuta così…

L: …è stata una sorpresa anche per Nancy…

R: …sì lei è finita lì suo malgrado… le abbiamo chiesto il copyright! [risate di tutti]

SA: Vedendovi ora suonare e provare in quattro, vi volevo chiedere: l’apporto di Francesco con il violoncello è stato successivo, cioè avevate già uno scheletro delle canzoni, oppure ha partecipato attivamente alla stesura dei pezzi?

G: No, i pezzi erano già praticamente ultimati, lui ha arricchito i nostri pezzi, ha suonato in fase di registrazione... buona la prima… è andato a dritto senza neanche bisogno di ripeterli. C’è da tener conto poi che Francesco di volta in volta interpreta in maniera diversa, per cui il suo violoncello è del tutto casuale sui brani, ma con il suo patrimonio professionale li ha arricchiti enormemente.

L: Lui ascoltava i pezzi, s’era fatta una cassetta, poi s’è provato i pezzi qui con lui praticamente suonando quasi semiacustici, cioè ad un certo punto avevamo tolto anche la parte più distorta, più elettrica…..

G: E da lì per altro è nata "Kids of Seattle": è stato un riarrangiamento di "Seattle kids" in versione un po’ più acustica e rallentata e poi è nato come pezzo a sé stante insomma….

SA: A proposito di "Kids of Seattle"/"Seattle Kids": è abbastanza curioso che in un cd di durata abbastanza limitata [32 minuti] abbiate deciso di mettere uno stesso pezzo in due versioni diverse…

G: Sì, la seconda versione è nata per caso, provando… e ci siamo resi conto che ha un’altra atmosfera, è un’altra cosa…

SA: Beh, infatti vi confesso che ci ho messo un po’ a capire che era lo stesso pezzo… [ridono]

R: …E poi diciamo che sul pezzo si sono creati equivoci di tutti i tipi: c’è chi ha scritto che è un pezzo dedicato a Kurt Cobain, perché c’è di mezzo Seattle…

SA: Ma non ha un significato politico il pezzo?

R: E’ un omaggio al movimento, indubbiamente, infatti è stato scritto tre anni fa più o meno…nel 2000…

G: Sì, poco dopo i fatti di Seattle…

R: Dopo un anno circa…

SA: Tornando all’apporto del violoncello: a me sono venuti in mente gli A Minor Forest di "Flemish altruism", non so se li conoscete…

R: No.

L: Io un po’….

SA: …nel recensire il vostro disco volutamente ho evitato qualsiasi tipo di paragone perché mi sembrava di sminuire "Drifting", però un certo feeling è simile a quello dei pezzi degli A Minor Forest in cui usano il violoncello….

R: La sensazione è che per quanto avessimo - forse ci s’hanno anche ora - dei punti di riferimento precisi, magari anche molto eterogenei… la sensazione, almeno la mia insomma, è che poi sia venuto fuori un disco molto meno derivativo di quanto si temesse, per cui c’è un po’ di tutto però secondo noi abbastanza ben amalgamato….

SA: Beh sì, sono perfettamente d’accordo: il disco funziona bene! Funziona anche la durata limitata, perché non ci aggiungeresti un minuto e non ne leveresti uno… è bello dall’inizio alla fine…. ed è una cosa piuttosto rara questa…

L: Andare troppo avanti ci sembrava anche un po’ di ripeterci. C’era mi sembra un altro pezzo, che s’era provato a registrare, c’era un pezzo breve, ci doveva finire qualche altra cosa…

G: Sì, c’era la stessa "Stò"…

SA: …E poi è onesto che abbiate messo un prezzo consigliato a dodici euro e ottanta: la scelta è stata vostra o della Urtovox?

R: E’ stata nostra concordata con la Urtovox…

L: Anche perché i costi sono stati limitati - abbiamo registrato qui, in stanza - e per via della durata…

G: E poi comunque è proprio una filosofia del gruppo: siamo contrari ai cd a venti euro, nella maniera più assoluta… siamo contrari anche ai cd a dodici e ottanta a dir la verità, ma più di tanto non si può scendere.

SA: Per dare un po’ la dimensione del mercato che in Italia ha un certo tipo di musica : quante copie più o meno pensate di aver venduto di "Drifting"?

R: Non so, non ho idea…

N: Forse son più quelle regalate che vendute!

[sorrido]

G: Sono state stampate cinquecento copie e metà almeno sono andate via in promozione, per cui vendute….

N: Un centinaio, 110….

R: 150….

G: Comunque non si arriva a 200.

SA: E parliamo adesso della vostra partecipazione alla colonna sonora di "Ore d’aria" [film documentario sulla vicenda di Silvia Baraldini girato da Antonio Bellìa]: com’è nata questa partecipazione?

R: E’ nata su proposta di Paolo della Urtovox, che conosce Antonio Bellìa da molto tempo - praticamente dall’infanzia ci è sembrato di capire — e sono concittadini… e quindi Paolo sapendo che lui stava lavorando a questo progetto ha deciso di spedirgli alcuni prodotti che aveva in cantiere, tra cui il nostro cd e quello di Good Morning Boy. E Antonio ha risposto con entusiasmo alla musica che era contenuta nel nostro cd, ci ha chiesto se poteva inserire dei pezzi nella colonna sonora e per noi ovviamente è stato un onore… e una bella esperienza poi…

SA: …e il documentario è bello bello…

R: Il documentario è bello e tra l’altro è molto sobrio, per cui lo sentiamo anche vicino nello spirito insomma, perché nella sua semplicità tocca i tasti giusti.

G: E poi la tematica ci coinvolge molto. E’ anche quello, non è solamente il fatto di aver partecipato ad una colonna sonora di un documentario: comunque già di per sé è la tematica trattata che ci ha stimolato molto.

SA: I pezzi vostri inseriti nella colonna sonora li avete scelti voi?

R: Li ha scelti Antonio.

SA: C’è il momento del rientro della Baraldini in Italia con sopra le note di "(Clay of) A perfect balance" che secondo me è il momento più toccante del documentario.

G: Sì, infatti Antonio è stato bravissimo anche ad azzeccare i momenti, i tempi…. anche "Strumentale" in quel viaggio…. noi non ci avevamo mai riflettuto in realtà su questo: effettivamente "Strumentale" è un pezzo da viaggio… se ci pensi, se ti metti in autostrada in un’ora diurna o notturna, magari in una situazione un po’ tranquilla…. a me viene in mente il paesaggio americano con queste autostrade lunghissime, spesso vuotissime, con queste macchine che fanno ottanta/novanta perché di più non fanno… con un pezzo così forse… è il pezzo giusto….

SA: E la pellicola che tipo di distribuzione ha avuto? Il film è interamente sottotitolato in inglese, forse perché destinato ad essere distribuito anche all’estero?

G: So che Antonio è ancora alla ricerca di una distribuzione che sia degna di questo nome: aveva preso qualche contatto anche con gli Stati Uniti, con la Francia…

R: E comunque ha avuto partecipazioni importanti: il Festival dei Popoli a Firenze ed è andato al Festival del Cinema di Napoli e di Torino. Sul film volevo aggiungere che a prescindere dall’apparente freddezza di certe sequenze, secondo me è un documentario molto emozionale, per cui l’abbiamo sentito immediatamente molto vicino a quello che facciamo noi, perché è una cosa che ci caratterizza da sempre quella di ricercare l’emozionalità nella musica… forse al di là della preparazione tecnica, che ora penso sia adeguata, però indubbiamente in passato non è che si poteva far sfoggio di grossa tecnica, per cui ci siamo sempre ingegnati a fare cose che magari da un punto di vista emozionale potessero essere recepite.

SA: Parliamo un po’ dei vostri ascolti: l’ultimo disco che vi ha cambiato la vita?

G: Io personalmente ho avuto una folgorazione sulla via di Damasco - nel senso che ascoltavo altra musica rispetto a loro due [indica Luca e Riccardo] e soprattutto rispetto a te [indica Nicola] - ad un concerto dei Karate e ad uno dei June of ’44… ma soprattutto a quello dei Karate: da lì ho preso il cd e da lì mi sono innamorato….

SA: Quale cd dei Karate?

G: Il primo! mi sembra di essere partito da quello sì…

N: Io invece ho sempre ascoltato musica italiana fin da piccolo, non mi sono mai dedicato all’ascolto di gruppi stranieri, tranne robetta molto pop degli anni ’80…

G: Tipo Duran Duran….

SA: [rido rivolgendomi a Nicola] Con questa uscita ti sei rovinato un pezzo di carriera!!

N: No no, mettilo, perché no…non c’è nessun tipo di problema…è da quando sono entrato qui, conoscendo Giovanni, ascoltando la musica che ascoltava lui, che Morphine e Karate mi sono piaciuti tantissimo….

SA: Sto ascoltando in questo periodo "Cure for pain"…. esagerato!

N: Io da quando c’ho quel disco lì, praticamente ascolto solo quello.

SA: Beh, i miei ascolti del momento sono "A cure for pain" dei Morphine e "Black love" degli Afghan Whigs.

L: Gli Afghan Whigs: te li ricordi quando vennero alla Flog?

SA: No, non li ho mai visti…

L: Che fece Greg Dulli…?

N: Picchiò il batterista!

L: Ah già, picchiò il batterista…

N: …tra l’altro un concerto bellissimo!

L: Sì, un concerto veramente bello…

R: Mah per me… se dovessi rispondere d’istinto, per le cose che ascolto ora, ho riscoperto con grandissimo piacere i God Machine…

SA: Il secondo…. il secondo è veramente eccezionale…

L: Il secondo è bellissimo…

R: Sto riapprezzando anche il primo…. ma il secondo è un capolavoro sottovalutatissimo.

SA: Io ho la passione anche per i Sophia e mi sono piaciuti pure i May Queens…

L: Anche a me sono piaciuti…

R: Non li conosco, i Sophia sì…. perché poi i God Machine al di là di questo suono pesante sono molto malinconici…

N: …perché gli Europe com’erano?

[scoppiamo tutti a ridere]

SA: Se ora mi parti con "It’s a final countdown" io me ne vado…!!! Facevo la terza media…

N: Carry era bellissima!

G: Non si scappava: non c’era festa dove non ci fosse "It’s a final countdown" e tutte quelle puttanate lì… [intanto Nicola sta canticchiando "Carry"] …beh qualche pomiciatina con "Carry" è partita! Ha aiutato "Carry"… [rido di gusto!]

SA: Ma parliamo un po’ della nostra città: un buon motivo per vivere a Firenze?

N: Non ce ne sono.

G: Che è Firenze.

N: Che è di sinistra.

R: Beh, dopo il Social Forum…

L: Dopo il Social Forum parecchi di più, la sto rivalutando..

G: A parte i luoghi comuni e che in realtà son veri, che è molto bella… a parte quello.. un buon motivo per vivere a Firenze è che è una città - rispetto a tante altre in Italia - con una civiltà per certi aspetti piuttosto elevata… tutto sommato…

L: Sembra un po’ chiusa…

G: Sì, è un po’ chiusa…. ma ha una sua civiltà che fa parte della sua storia, non è inventata…

R: E’ una città per certi aspetti molto contraddittoria… detestabile per certi aspetti …

SA: La cosa strana di Firenze secondo me è che ha delle ambizioni da metropoli internazionale e ha delle chiusure da piccola città di provincia…

R: Esatto..

G: Però se ci pensi a volte è un contrasto anche abbastanza intrigante..

SA: Sì lo dicevo nel bene e nel male… per come sono fatto io è su misura per me… è vivibile….

G: Ha un’internazionalità che però non va ad inficiare del tutto la vivibilità….

R: Mi ritrovo abbastanza nell’affermazione di chi venendo fuori da Firenze dice che è una città estremamente scorbutica e poco ospitale….. però se vai a fondo nelle cose e le persone inizi a digerirle, perché magari all’inizio non deve essere facile, poi li apprezzi i toscani… per la concretezza..

G: Penso per la sincerità anche…

R: E a volte ne scopri anche gli aspetti deteriori ovviamente, che ci sono…

[a questo punto ci siamo dilungati un po’ a parlare delle nostre origini familiari, ma sono chiacchiere che vi posso tranquillamente evitare…]

SA: E la Firenze in musica cosa vi sembra stia offrendo?

N: Poco.

L: Poco, manca un posto in cui suonare.

R: Da un punto di vista di gruppi una bella scoperta recente, per quanto mi riguarda, sono stati gli Zenerswoon, che sono molto bravi… confesso che dal vivo mi piace anche la Banda Bardot, mi diverte…

SA: A me sono piaciuti i Colyalcolor, quando li ho visti di recente…

G: I Colyalcolor, li stavo per dire…

L: Poi mi hanno parlato bene, ma ancora non li ho visti, dei To The Ansaphone… Sfortunatamente a Firenze non c’è un posto che possa riunire: è molta frastagliata come scena…

R: Per le esibizioni la situazione mi sembra drammatica… anche i posti tradizionali non mi sembra offrano granché… la Flog mi sembra in ribasso…. son venuti meno certi luoghi di culto tipo il CPA…

L: Il CPA era fondamentale….

R: …e quindi passa poco di musica buona dall’esterno e soprattutto è difficilissimo esibirsi a Firenze: paradossalmente è molto più semplice esibirsi in provincia in Toscana che non in una città come Firenze… e questa è una cosa scandalosa…. a prescindere da noi, ma credo anche per le bands giovani…

L: …va beh, noi siamo un caso a parte: non ci riesce a trovare un concerto neanche se ci dicessero di suonare da tutte le parti…

[scambiamo ancora qualche chiacchiera sui locali e sulla vita notturna di Firenze e dintorni e nel frattempo finisce il primo lato della mia cassetta da sessanta minuti. Mentre giro la cassetta Riccardo manifesta la sua volontà di andare a letto, visto l’ora tarda e la trasferta a Marghera da affrontare l’indomani. Lo trattengo ancora qualche minuto per l’ultima domanda]

SA: Ultima domanda allora, domanda scontata: progetti per il futuro, speranze, sogni, a livello umano e musicale…

R: A livello musicale personalmente il sogno più vivo è di replicare il livello d’intensità di "Drifting", né più né meno…

N: A parte questo, io punterei anche sull’allargare la cerchia dei nostri ascoltatori, magari cambiare anche leggermente la nostra musica per portarla ad altre persone….

R: Beh, l’una cosa non esclude l’altra…. "intensità", non "genere"…

N: Sì sì, per quanto riguarda il replicare l’"intensità" di "Drifting" sono d’accordo con te……… e poi sogni….

G: Il sogno di tutti è che ci sia un gruppo piccolo di persone che conosce la tua musica, la segue… sarebbe un traguardo bellissimo…. magari domani abbiamo il concerto a Marghera, vai lì e ci sono quelle dieci persone che sono venute apposta e che conoscono la tua musica e magari se la cantano fra sé e sé… vuol dire che il messaggio è arrivato…

L: Progetti futuri… Abbiamo la partecipazione alla compilation di Loser: dobbiamo fare un pezzo partendo da dei samples che sono stati inviati al sito dai frequentatori; praticamente sono stati selezionati dei samples e poi ogni gruppo può scegliere un sample, rielaborarlo, lavorarci sopra.

R: E poi il video di "Krka": Antonio Bellìa ha un progetto per un video su "Krka"… se riusciamo a portarlo a fondo…

SA: E dove pensate di poterlo distribuire questo video….? [chiedo io con un tono tra lo scettico e il realistico] …Su quale mittente lo potrebbero mai passare?

G: Paolo dice che ha dei canali….

R: Porta a porta……. Porta a porta quella di Vespa intendo… [rido]

N: Dlin dlon…. e adesso c’è venuto a trovare Riccardo Dugini… [ridiamo tutti insieme]

R: Aspirazioni nella vita…: invecchiare con loro… [e guarda Giovanni, Luca e Nicola, accennando un sorriso]

STOP. Spengo il registratore. Riccardo si alza, concorda gli ultimi particolari per il trasferimento a Marghera e ci augura la buonanotte. Io rimango ancora un po’ con gli altri del gruppo a parlare del futuro di SuccoAcido, di concerti visti e da vedere, di dischi comprati e da comprare… A questo punto non mi resta che ringraziare di cuore Riccardo, Luca, Nicola e Giovanni per l’ospitalità dimostratami. Ciao Nest, tornerò presto a trovarvi.

 


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Bibliography, links, notes:

pen: Guido Gambacorta

link: http://www.myspace.com/nestband

 
 
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