Ho avuto la fortuna di conoscere già anni fa i membri degli h.c.-b… non avrei mai pensato di fargli un'intervista, tutto ciò che ho chiesto loro era quello che per anni avevo sempre saputo sul loro modo di pensare la musica e la vita. Mi sono chiesto più volte se fosse giusto che proprio io li intervistassi, poi ho pensato: chi se ne fotte questa è un'intervista di un amico fatta a degli amici, un pò come dire: this is italian indipendent rock'n'roll, the important is to be honest!
SA - Quando avete cominciato a suonare assieme?
Ci conosciamo da tanto tempo, ma da circa tre anni è nato questo progetto, anche se il tempo effettivo è decisamente inferiore, visto che una parte di noi vive a Catania e l’altra a Roma.
SA – Perché suonate?
Non credo esista un vero perché, ma soltanto la necessità di unire in un progetto comune l’esperienza che ognuno di noi ha coltivato personalmente.
SA - La vostra concezione della musica?
Qualsiasi suono esistente in natura.
SA - La vostra concezione delle vostre vite in relazione all'arte che proponete?
La nostra vita non rispecchia totalmente quella dei musicisti, io vivo a Roma portando avanti i miei progetti di fotografia, Luciano pure e studia grafica, quindi hanno la possibilità di suonare insieme più spesso Salvo, Giampaolo, Federico e Riccardo, sebbene anch’essi siano piuttosto incasinati nei loro progetti extramusicali, di conseguenza le nostre vite sono relazionate alla nostra musica in modo piuttosto istintivo, cercando di includere e far convivere i nostri interessi paralleli.
SA - I vostri ascolti?
Tutto il possibile, credo che ormai sia veramente difficile seguire uno specifico filone con tutto quello che c’è in giro. Ad ogni modo la nostra attenzione ricade soprattutto sui percorsi che includono jazz, elettronica, noise e avanguardia…
SA - Progetti per il futuro?
E’ meglio aspettare di realizzare quelli attuali e poi magari parlare di quelli futuri… Per adesso aspettiamo di concludere questo giro di concerti e di riuscire a fissare una nuova sessione di prove in sala.
SA - Perché scegliere la forma improvvisativa per i vostri pezzi?
Perché è un metodo genuino di creare qualcosa, perché è uno stile di vita, perché è una nostra esigenza. Sarebbe davvero difficile incidere un disco o qualcosa di simile vedendoci solo tre/quattro volte l’anno per pochissimo tempo. Comunque i lavori già registrati fino ad ora e i concerti prendono spunto dall’improvvisazione anche se non si limitano soltanto a questa.
SA - Qualche parola a proposito del supporto video?
I video, secondo me, permettono di rendere più completo il messaggio o la sensazione presente dietro la musica che proponiamo, anche se lasciano la libertà all’ascoltatore/spettatore di cogliere soggettivamente le suggestioni o gli stati d’animo presenti dietro la musica suonata.
SA - Perché cosi poco cantato e di cosa parla?
Non so perché… non ci eravamo ancora posti questa domanda. TO-10-222 è concepito come una colonna sonora improvvisata di “Electronic labyrinth” e di conseguenza abbiamo deciso di usare come testo spezzoni campionati del cortometraggio stesso. In altre occasioni abbiamo inserito versi di Arthur Rimbaud e testi nostri piuttosto introspettivi.
SA - Cosa ne pensate del mainstream musicale italiano dei grossi network radiofonici e dei programmi a sfondo pseudo culturale in tv presenti soprattutto sulle reti mediaset?
C’è un gran parlare in questo periodo di manipolazione e globalizzazione, e così anche la musica, che dovrebbe essere la più libera delle arti nonché la più varia, è omologata alle leggi di mercato. L’esistenza dei grandi network non fa che soffocare e reprimere le realtà musicali più spontanee, anticonformiste e poco fruttuose, prediligendo dunque il bene di consumo al bene culturale.
SA - Avete un concetto di indipendenza e di scena indie italiana che sentite vostro?
Il nostro concetto d’indipendenza musicale è di sicuro quello di poter operare in assoluta “libertà”. Per quanto riguarda la scena indie italiana, credo che le cose stiano andando un po’ meglio. Ci sono 2 o 3 etichette che apprezziamo molto, come Freeland e Snowdonia che riescono ad interagire non soltanto con le realtà locali ma anche con quelle fuori dai confini nazionali o Bar La Muerte che ha come obiettivo principale quello di tirare fuori musicisti parecchio interessanti che altrimenti, per l’originalità dei propri progetti, forse rimarrebbero totalmente sconosciuti. Mi sembra che la mentalità sia migliorata, c’è più disponibilità. Ho l’impressione che l’interesse nei confronti dei musicisti sia aumentato da parte di chi, come può, cerca di produrre qualcosa o qualcuno e viceversa. Questo dà la possibilità a chi orbita nel sottobosco di investire di più nei propri mezzi. Noi stessi dobbiamo agli Spriggan, la possibilità di fare questo giro di concerti.
SA - Una parte di voi vive a Roma e un’altra parte a Catania… ciò come riuscite a conciliarlo con i vostri lavori?
Cerchiamo di sfruttare tutti i periodi di vacanze in cui tutti siamo a Catania. Facciamo quello che possiamo e se sarà il caso inizieremo a suonare anche per telefono!!!
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