Di ritorno da Puglia e Sicilia e di nuovo sulla via del Mediterraneo, riusciamo a scambiare quattro chiacchiere con Francois e Chiara, due dei personaggi chiave dell'undeground italiano di questi ultimi anni...che dire? semplicemente ecco a voi... L'Enfance Rouge
SA: Inizio con una constatazione delle più banali: nella vostra musica si possono incontrare moltissimi riferimenti 'politici', sparsi qua e là in tutti i vostri dischi (basti pensare a Holdings, su Taurisano Cajarc). Anche se a prima vista una 'rock band politicizzata' non rappresenti nulla di insolito, se si guardano le altre band specificatamente underground uscite in Italia negli ultimi 5 anni (da etichette quali Wallace, Snowdonia, Bar La Muerte, Beware! solo per citarne alcune...) si scorge da subito una quasi totale assenza di prese di posizione nette, non solo politiche, ma ideologiche, sociali, quasi si avvertisse la mancanza di una 'coscienza' critica della propria condizione, del ruolo dell'arte - e più in generale dell'individuo - all'interno dei meccanismi socio-economici del mondo contemporaneo. Sotto questa prospettiva voi siete chiaramente un'eccezione. E' anche vero però che sul vostro sito sta scritto che 'Rostok Namur' sarà il vostro ultimo disco politico. Si tratta forse di una presa di coscienza sull'impossibilità di veicolare idee politiche nell'ambito del rock underground? Che giudizio date a quest'epoca di frammentazione totale e spaesamento, sia a livello politico che estetico?
ER: Parlare di politica è affare di vecchi stronzi. Almeno cosi forse hanno cominciato a pensare i giovani francesi di allora dopo il fallimento del '68. Dunque che dire e che fare? Essere soltanto il "negro da salotto" come definiva Malcom X gli artisti con coscienza non dichiarata? Ognuno la sua coscienza, appunto. Nello stesso momento, abbiamo però spesso paura di essere noiosi, retorici o di cadere nelle trappole tipo Clash, Modena CR o Rock in Opposition, ed è per questo che abbiamo affermato che "Rostock-Namur" sarebbe il nostro ultimo disco politico. Ovviamente non può essere vero. Non c'è una impossibilità di veicolare idee politiche nell'ambito del rock underground. C'è una impossibilità tout court, in tutti campi. Cosi sembra che hanno deciso i nostri governi, in accordo con le multinazionali. Pratichiamo tutti un auto-censura. Siamo annegati nelle informazioni, il più spesso sbagliate e di parte. Frammentazione: dividere per regnare meglio. Ed è una vecchia storia.
SA: In uno degli ultimi brani del disco dici 'credo che l'utopia sia un elemento essenziale della nostra intelligenza'. In qualche modo mi trovo d'accordo con te... il problema però mi pare un altro: a quale utopia dobbiamo riferirci nell'epoca della 'globalizzazione', delle culture esplose?
ER: Siamo anarchici. Ovvero crediamo nell'uomo, nella sua facoltà di essere responsabile. Ci piace citare Bakunin: "Siamo amanti fanatici della libertà, considerandola l'unico mezzo in seno al quale possono svilupparsi e crescere l'intelligenza, la dignità e la felicità degli uomini; non di questa libertà formale, concessa, misurata e sottoposta a regolamento dello stato, menzogna eterna e che in realtà non rappresenta mai nient'altro all'infuori del privilegio di alcuni fondato sulla schiavitù di tutti; non di questa libertà individualista, egoista, meschina e fittizia, vantata dalla scuola di J.-J. Rousseau, come da tutte le altre scuole del liberalismo borghese, e che considera quello che essa dice diritto di tutti, rappresentato dallo stato, come il limite del diritto di ognuno, ciò che tende necessariamente e sempre alla riduzione a zero del diritto di ognuno. No, noi intendiamo la sola libertà che sia veramente degna di tale nome, la libertà che consiste nel pieno sviluppo delle potenze materiali, intellettuali e morali le quali si trovano allo stato di facoltà latenti in ognuno; la libertà che non riconosce altre restrizioni all'infuori di quelle che sono tracciate dalle leggi della nostra stessa natura: in guisa che, propriamente parlando, non vi siano restrizioni, poiché tali leggi non ci sono imposte da qualche legislatore dal di fuori che si trovi sia accanto, sia al di sopra di noi; esse ci sono immanenti, inerenti e costituiscono la base stessa di tutto il nostro essere, tanto materiale che intellettuale e morale; invece dunque di trovare in esse un limite, noi dobbiamo considerarle come le condizioni reali e come la ragione effettiva della nostra libertà." (M. Bakunin, in "La comune di Parigi e l'idea dello stato", in " Né dio né padroni" di Daniel Guérin, in "Per ragioni di stato" di Noam Chomsky.)
SA: Credere nell'uomo di questi tempi però mi suona un tantino bizzarro. Alcuni sociologi di fama mondiale (Fukuyama per esempio) tirano costantemente in ballo il concetto di 'post-umanità', l'interazione tra uomo e macchinari elettronici (o ricostruzioni genetiche artificiali) che sta lentamente prendendo piede nelle tecniche mediche e nella ricerca scientifica, e che giunta ad uno stadio avanzato rivoluzionerà probabilmente il concetto stesso di 'umanità'... non solo, ma - per esempio - è interessante notare come farmaci quali il Prozac possano giungere ad alterare la personalità umana, tanto che la loro diffusione appaia già agli occhi di molti come l'inizio di una standardizzazione, un omologazione non solo 'culturale' ma 'psicologica', condotta entro i limiti di un benessere e di una 'normalità' che suona a tratti come implicitamente fascista. Insomma, la tecnologia ci sta portando a grandi passi verso quel Brave New World intravisto da Huxley, ovvero verso la fine della nostra cultura, dell'arte, della religione, della politica forse, in nome di un ordine sociale assoluto e governato dal mito del benessere quale ragione di vita. Ora, non trovate che più delle 'bombe', più dell'impegno politico, più delle manifestazioni in piazza, più della ri-educazione dei giovani attraverso vecchi valori, si debba prendere coscienza che uno dei principali nemici non solo della sinistra, ma dell'uomo stesso sia la tecnologia? Che il pericolo non sia solo il mito del denaro, ma anche quello del progresso? Personalmente trovo imbarazzante come la sinistra, l'underground, i centri sociali, gli studenti, qualsiasi forma di contro-cultura, non stia organizzando nulla per adottare un programma di utilizzo alternativo della tecnologia, o di boicottaggio, soffermandosi esclusivamente sulla retorica politico-economica della lotta all'establishment (a mio avviso inutilmente, dato che il capitalismo sembra essere diventato il sistema dominante su scala globale in una società altamente tecnologizzata, quasi da far pensare che si sia giunti ad un orwelliana 'fine della storia', plausibile anche data la grande maggioranza di occidentali che accettano implicitamente il sistema...). Forse mi sono dilungato un po’ troppo, perdonatemi. Ad ogni modo, alla luce di queste riflessioni, siete sicuri che si può essere ancora ottimisti sulle sorti dell'uomo?
ER: Non condannerei l'umano in virtù di Cesare, Napoleone, Hitler, Stalin o Berlusconi. Lo amo per Lumumba, Durruti, Messiaen o Ibn al Arabii, e anche per questa moltitudine descritta in prigione da Hikmet. L'uso/abuso della tecnologia è sicuramente un pericolo, non solo per l'umano ma anche per tutto il pianeta. Nel momento che tutto –secondo le ideologie al potere, al governo (destra o sinistra parlamentare)- deve diventare merce, siamo davanti a veri crimini ad oltranza. Questo è anche una delle lotte di movimenti quali Attac (www.attac.org). Oltre ad informarsi con altri canali (Le Monde Diplomatique, Indymedia, ...), un primo modo per fermare questi assassini/egoisti è di affamarli, ovvero boicottarli, e questa è un'azione quotidiana di resistenza. Ti rimandiamo allora al testo di "Boicottt" che descrive i prodotti che si trovano in un supermercato, chi li fabbrica, e come. (il testo si trova alla voce 'lyrics' del sito www.enfancerouge.org, consiglio a tutti di sacrificare un po’ di tempo e leggerlo per bene)
SA: In Rostok Namur ci sono molti suoni concreti e tutta una serie di collage sonori vicini a una certa avanguardia. Non solo ma vi è un uso dell'elettronica più massiccio che nei dischi precedenti. Da cosa derivano le modifiche apportate al vostro suono, e quali altre ne avete in programma per i prossimi lavori?
ER: Siamo approdati in Salento nel gennaio 2001 per lavorare con Pier Paolo Leo, questo "genio misconosciuto" dell'elettronica. Volevamo farlo da tanto tempo. Ci siamo ritrovati in una casa nel mezzo di qualche milione di ulivi e altrettanti aranci, tra Gallipoli ed Otranto. Lì è stato realizzato "Rostock-Namur". "Canciones desde la Sierra Nordica hasta el espacio Messapico". Ancora ululare contro l'establishment, proteggersi, lottare -se possibile- ed ecco il nostro ultimo lavoro "di idioti, di pazzi, di invertiti, di pedanti, di droghieri, di antipoeti, di positivisti, in una parola di Occidentali" (Antonin Artaud). Forse il nostro ultimo disco "politico", come si diceva. Anche perché comunque "il messaggio sparisce in culo con tutta la bottiglia" concluderebbe Carmelo Bene. Potessimo essere parte del calcio che frantumerà il vetro. Et merde... All'inizio l'idea era -oltre a collaborare con Pier Paolo- di fare dei provini da portare con noi a Tunisi per poi rilavorarli lì. Il risultato ci piacque comunque, però non volevamo pubblicarlo come un cd normale, anche perché nel frattempo Jacopo Andreini era entrato alla batteria nel L'Enfance Rouge.(Abbiamo messo sette anni per trovare un batterista capace di entrare nel gruppo. Ne abbiamo stremati ben otto, e altrettanto drum-machines.) Da lì la decisione con Audioglobe di promuovere "Rostock-Namur" normalmente nei media, di non stamparlo ma di darlo interamente e gratuitamente sul nostro nuovo sito www.enfancerouge.org ."Rostock-Namur" è quasi interamente realizzato con il computer ma suona molto acustico.Un exercice de style. Nei mesi prossimi passeremo alla seconda fase: traverseremo il Mediterraneo. Come vedi, il mondo arabo è da anni una grande voglia. Sembra forse strano, visto la musica che facciamo, ma ascoltiamo ormai raramente dischi occidentali con sorpresa e gusto.
SA: So che siete grandi viaggiatori. Mettiamo per un attimo da parte la musica... qual è il luogo di tutti quelli da voi visitati che più vi è rimasto nel cuore?
ER: Quello compreso tra Swinoujscie, Tunis, Taurisano, Cajarc, Reus, Ljubljana, Leros, Rostock, Namur, Palermo e Sanaa.
SA: Che ci dite di Red Ronnie? andare ad un programma TV e cantare Holdings credo sia stata una piccola soddisfazione per voi, qualcosa da raccontare con orgoglio. Che ricordi conservate di quell'incredibile esperienza?
ER: Non siamo degli eroi. Siamo più fieri di avere suonato nei campi profughi nel l'ex-Yugoslavia durante la penultima guerra, più orgogliosi di questo che di suonare alla Knitting Factory o a "Com'è". Tra l'altro, lo sai che né Berlusconi né Cecchi Gori pagano la Siae? Questo fu la risposta della Sacem francese dopo aver chiesto dove erano finiti i diritti d'autore che ci spettavano in seguito ad aver suonato varie volte sulle loro emittenti.
SA: Sul sito riportate tutta una serie di dischi che state ascoltando ultimamente... limitando il campo alle uscite italiane, chi ci segnalereste?
ER: L'ultimo Starfuckers, anche se non l'abbiamo ancora ascoltato.
SA: Quale ruolo, tra quelli che hai vissuto e che vivi ogni giorno ritieni di poter "sopportare" con più piacere?
ER: La cognizione di essere mortale. Dunque di vivere il più possibile, tutto, con etica, e subito. Sono nato l'altro ieri. Tutto da imparare.
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