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Music - Musicians - Interview | by SuccoAcido in Music - Musicians on 01/06/2002 - Comments (0)
 
 
 
Francesco Cusa

Ascoltare Francesco che parla di sé è come sentire un torrente in piena che trasporta esperienze, progetti e idee, è come trovarsi sotto una pioggia battente fatta di nomi, di città, di tour infiniti, di dischi che sono un Bignami del jazz e dell’avanguardia italiana degli ultimi vent’anni. Ha suonato con Tim Berne, Steve Lacy, Flying Luttenbachers, Giorgio Conte, Kenny Wheeler, Michel Godard e così tanti altri che è quasi impossibile nominarli tutti. Alla vigilia della partenza per le date estive del suo progetto Zero Tolerance, Francesco si racconta…

 
 

SA: Francesco Cusa e la batteria: quando comincia questo rapporto?

FC: Ho cominciato a suonare la batteria quasi per scherzo circa quindici anni fa, avevo venti anni e tante ore trascorse ad ascoltare prevalentemente hard rock ed heavy metal. Anche le mie primissime esperienze con questo strumento furono influenzate da quegli ascolti…

SA: So che i tuoi esordi sono avvenuti lontano da Catania. Dove, quando e con chi?

FC: A Siena intorno al 1987, quando frequentavo i seminari di Siena Jazz curati da Roberto Gatto, Ettore Fioravanti e Bruno Biriaco e ho cominciato ad intuire l’immensità della musica jazz e le sue infinite possibilità.. Poi mi sono trasferito nella fertile Bologna dove ho frequentato il DAMS e dove è nato Bassesfere, un collettivo musicale creato da me, Lelio Giannetto, Cristina Zavalloni, Guglielmo Pagnozzi, Mirko Sabatini…c’impegnavamo a produrre e promuovere musica improvvisata.

SA: Hai preso parte ad un numero imprecisato di progetti e collaborazioni: dovendo fare una scelta “emotiva”, qual è la prima esperienza su disco che ritieni degna di essere ricordata?

FC: Sicuramente Amaremandorle, esordio del progetto T.A.O., inciso nel 1994 con Paolo Fresu, Cristina Zavalloni e Guglielmo Pagnozzi.

SA: Tra i tuoi progetti, quali sono quelli ai quali sei più legato?

FC: Sicuramente i 66six, il progetto nato nel 1997 dalla collaborazione con Edoardo Marraffa, Riccardo Pittau, Alberto Capelli, Tiziano Popoli e Vincenzo Vasi. Poi gli Skrunch, i Trionacria e i miei lavori con Cristina Zavalloni.

SA: Facciamo ancora un po’ di selezione anche se so che è difficile: fammi tre nomi di artisti che sono stati imprescindibili per la tua formazione umana e per la tua crescita professionale.

FC: E’ difficilissimo…

SA: Lo so, te lo avevo detto. Ti suggerisco di non filtrare troppo la risposta a livello razionale e dire i primi tre che ti hanno spezzato il cuore…

FC: I Led Zeppelin, Joey Baron ed Ennio Morricone.

SA: Voglio continuare a tormentarti: i tre nomi più interessanti in questo momento.

FC: I Necks, gli Zu e i Trionacria, anche se in questi ultimi ci suono io e quindi forse non è valido…ma sono certo che questo trio abbia ancora molto da dire.

SA: Credo anch’io che il triangolo Cusa / Gebbia / Paci meriti maggiori opportunità ed ascolti ripetuti ed attenti. A proposito, avete qualcosa in programma?

FC: I Trionacria si esibiranno prestissimo a Catania, in occasione della festa di Etnagigante e Lapis il 26 Giugno prossimo. Spero che potrà essere un ritorno in grande stile oltre che un’occasione di incontro tra il pubblico e gli artisti di quest’etichetta. Siamo convinti che, grazie alle rispettive esperienze parallele vissute nel frattempo, sarà ancora più stimolante ritrovarsi per suonare insieme.

SA: Un disco che ti ha cambiato la vita?

FC: Te ne potrei dire un centinaio…

SA: Dimmi solo il primo di questi cento.

FC: Forse Bitches Brew di Miles Davis.

SA: Come vivi la musica di oggi, credi anche tu che l’iper-produzione e, soprattutto, l’iper-pubblicazione frammentata in tantissime microetichette discografiche alla fine siano nocive alla musica come forma artistica?

FC: Credo che ormai da anni la musica abbia deviato dal suo percorso originario rinunciando ad essere un mezzo d’espressione per diventare sempre più spesso un’arida forma di spettacolo. Sembrerà una banalità, già detta e sentita chissà quante volte, ma si tratta della solita dicotomia tra “apparire” ed “essere”…ecco, molta, troppa musica di oggi ha scelto la prima opzione…

SA: Ti voglio provocare…anche tu hai scelto di frammentare la tua attività in una miriade di progetti. Perché non ti concentri solo su qualcuno di questi, dandogli maggiore esposizione?

FC: Le mie scelte professionali rispecchiano nel bene e nel male il mio modo di essere: sono una persona inquieta, alla ricerca di qualcosa che poi non è altro che una ricerca di contrasti. C’è una strana costanza nel mio essere incostante…comincio un progetto, lo sviluppo fino a quando mi trasmette qualcosa e poi lo accantono, magari temporaneamente, a favore di stimoli nuovi…

SA: Cosa è che ti pungola veramente, magari sussurrandoti in un orecchio che è giunto il momento di cambiare di nuovo?

FC: Credo la mia innata curiosità…

SA: E’ sempre questa la molla che ti ha fatto concentrare maggiormente sulla composizione, spingendoti a scostarti dagli schemi compositivi tradizionali?

FC: Sono fermamente convinto che negli ultimi cinquant’anni di musica sia stato già detto e sperimentato tutto. Molte delle espressioni musicali odierne, periodicamente e ciclicamente “scoperte” dagli ascoltatori apparentemente più attenti e dalle riviste musicali più illuminate, spesso non sono altro che diligenti “variazioni sul tema” che vengono proposte come assolute novità…

SA: A cosa ti stai dedicando in questo momento?

FC: Le solite mille cose…ho appena terminato di curare la rassegna Microonde per il Centro Culturale Zo di Catania, ho in programma questa data con i Trionacria ed il tour con Zero Tolerance.

SA: Ho saputo dell’ottimo riscontro che avete ottenuto all’estero…

FC: L’evoluzione di Zero Tolerance continua a stupirmi…abbiamo suonato in giro per l’Europa con una performance ogni giorno diversa da quella della sera precedente, tutto nasce e si sviluppa sul palco…pensa che a Zagabria siamo andati avanti per quasi tre ore…il pubblico non ci ha permesso di lasciare la scena!

SA: Francesco Cusa e la batteria: un rapporto che durerà per sempre?

FC: Non so, in certi momenti sento proprio di odiare visceralmente la batteria e tutti i suoni che essa produce. Come potrai immaginare, è uno strumento che conosco benissimo, e dopo tanti anni di assidua frequentazione francamente lo trovo un aggeggio insopportabile…

 


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Reg. Court of Palermo (Italy) n°21, 19.10.2001
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Copyright in Italy and abroad is held by the publisher Edizioni De Dieux or by freelance contributors. Edizioni De Dieux does not necessarily share the views expressed from respective contributors.

Bibliography, links, notes:

pen: Raffaele Zappalà

link:

www.francescocusa.it/

http://www.myspace.com/francescocusa

 
 
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