Se il nome di Benvegnù non vi dice nulla, dovreste allora ripensare a quella bizzarra meteora nella musica italiana che furono gli Scisma, dissolti dopo solo due dischi usciti per la Emi quando si puntava parecchio sul “rock in italiano” col quale loro avevano comunque poco da spartire. I riferimenti musicali andavano, infatti, più alla psichedelia inglese e al pop raffinato di Robert Wyatt o di Robyn Hitchcock, con coloriture eccentriche alla Battiato o addirittura Matia Bazar(!). Da lì Paolo è ripartito, si è fatto attendere quattro anni ed esce ora con questo “Piccoli fragilissimi film” (per Santeria/Stoutmusic), un disco vicino ad una sorta di folk-jazz con dispendio d’archi e tastiere e memorie barrettiane/beatlesiane, una scelta se vogliamo fuorimoda, che sa di “neoclassico” oltre che di questo benedetto ipersensibilismo che permea le liriche, peraltro sempre ispirate e piuttosto suggestive. Incontrarlo per saperne di più, a questo punto, era doveroso…
SA: “Piccoli fragilissimi film” segna l’inizio di una nuova fase per te, vorrei che mi raccontassi dell’incontro con gli altri musicisti della tua band, se ti hanno stimolato a scrivere pezzi nuovi…
Paolo Benvegnù: Io, nel periodo in cui gli Scisma si stavano sciogliendo, purtroppo ho distrutto buona parte della mia vita, soprattutto umanamente, noi ci dicevamo che il nome era un manifesto programmatico, non volevamo diventare come altri che fingono pur di fare un po’ di soldi, tra l’altro noi non abbiamo mai fatto grossi numeri! Da allora ho cambiato la mia vita, inizialmente mi ha aiutato molto Marco Parente, ci ho suonato assieme ed è stato molto intenso, e attraverso lui ho conosciuto Andrea Franchi e Gionni Dall’Orto che suonano tuttora nel suo gruppo. Dopodiché ho cominciato a produrre altri dischi, come quello degli Otto P Notri, al momento fermi ma da cui dovrebbero nascere i Motore Immobile, dei quali fanno parte Fabrizio Orrigo e Massimo Fantoni. Io ho capito tantissime cose lavorando con loro, e mi hanno fatto venire voglia di incidere un nuovo album.
SA: Nel cd ci sono però anche brani composti molto tempo prima o sbaglio?
PB: Sì è vero, alcuni sono stati scritti al tempo degli Scisma, diciamo che gli altri del gruppo mi hanno aiutato a trovare la semantica giusta: io compongo in maniera molto semplice purtroppo, sto studiando per arrivare all’essenzialità, ma non sono ancora completamente soddisfatto. Credo che lavorare con passione sulla musica sia una delle poche cose preziose di questi tempi; è la prima volta che un disco in cui suono mi sembra come doveva essere.
SA: Le tue liriche sono sempre state un po’ visionarie, una sorta di linguaggio per immagini, non so se è a questo che ti riferisci nel titolo del tuo disco…
PB: Mi sento per la prima volta talmente libero che mi sembra di vivere davvero una situazione onirica, mi stupisco di tantissime cose…ti faccio un esempio stupido: oggi siamo andati a Sutri a vedere l’anfiteatro etrusco, e ne sono uscito “cambiato”, sarà da persone con poca spina dorsale…
Fabrizio Orrigo: E’ questo l’ipersensibilismo!
SA: Certo, si tratta sempre di impressioni soggettive io credo…ma a proposito dell’ipersensibilismo, mi sembra che come tutti i “manifesti” vada preso con la dovuta ironia…
PB: Sei l’unico finora che ha colto questo aspetto, noi ci siamo inventati di sana pianta questa cosa, poi ognuno ci costruisce quel che vuole sull’ipersensibilismo, tutti i percorsi sono validi. Credo tuttavia che noi elementi del gruppo pentaforme “Paolo Benvegnù” abbiamo in comune una sensibilità un po’ fuori dal comune, un essere idioti, alla Dostoevskij. Se ci fai caso anche la copertina del disco rappresenta un dettaglio in camera oscura, è un voler ricercare l’essenza delle cose, il tipo di frattura che abbiamo dentro.
SA: Un altro tratto caratteristico dei testi era in passato il mescolare lingue diverse senza soluzione di continuità, ora mi pare che questo aspetto sia assente. Preferisci essere considerato un cantautore?
PB: Non lo so, devo dire che alcune cose erano proprio sovrastrutture, una volta tolte non restava molto in quelle canzoni. In altri casi erano soluzioni stilistiche che ritengo valide, come Tungsteno, che è un pezzo che parla della solitudine più assoluta,e alla Emi credevano fosse allegro per via del ritmo.
SA: In effetti vi ha un po’ nuociuto all’epoca essere presentati così, le scelte promozionali non restituivano un immagine esaustiva degli Scisma, nonostante il videoclip fosse molto carino (ricordo il nuotatore che volteggia in una piscina senz’acqua).
PB: Certamente hanno veicolato male la nostra immagine, penso cercassero un gruppo come i Baustelle, che sono molto bravi e hanno un’estetica di un certo tipo, noi eravamo troppo ingenui, sicuramente non potevamo rappresentare una generazione.
SA: Quali saranno le tue prossime produzioni e/o collaborazioni?
PB: Come produttore il disco di Andrea Franchi, penso che ci collaboreremo un po’ tutti, poi ho parecchie situazioni aperte, ma per adesso vorrei fare il musicista, anche se poi non riesco a fermarmi!
SA: Invece da chi vorresti farti produrre?
PB: Come suono da raggiungere non ho un produttore che prediligo, mi piace il tipo di approccio che ha Morgan, molto “leggero”; sia lui che Manuel Agnelli, in direzione diversa, stanno facendo crescere la scena italiana, non mi stancherò mai di ringraziarli.
SA: Riguardo il tuo confronto con le cover, la versione di “The long and winding road” mi è sembrata molto personale, così intima, nuda, impoverita…inoltre citavi spesso brani dei Beatles anche in concerto.
PB: Sì, i Beatles anche nei momenti più profondi avevano quella leggerezza di cui ti parlavo prima, una cosa cui anelo…“The long and winding road” per me è una canzone colossale, l’idea è stata suonarla come se fossi nel bagno di casa mia a otto anni, quando l’ascoltai per la prima volta. L’ho registrata a Bologna alla cinque del mattino, so che a molti non è piaciuta, ma per me è onesta, magari sfocata…
SA: Mi incuriosisce molto scoprire le tue origini come ascoltatore, e lettore anche, in quanto credo tu abbia delle influenze importanti.
PB: Io ho cominciato tardi a far tutto, forse perché ci metto tempo a capire, ricordo che prima di “Rosemary Plexiglas” lessi “Sexual Personae” di Camille Paglia, è straordinario, tutto il disco parla di quello. Un romanzo che mi ha “tagliato in due” è stato proprio “il mare verticale” di Giorgio Saviane, molto sottovalutato, secondo me ha scritto cose meravigliose come “L’inquisito”, “Il passo lungo”. Musicalmente invece sono rimasto influenzato da “Canzonissima”, non avevo soldi per comprare i dischi, quindi ricordo questi cantanti con l’orchestra, per il resto non sono mai stato un grande ascoltatore.
SA: Chi ti ha colpito tra gli artisti “recenti” italiani?
PB: I Perturbazione perché cerchiamo le stesse cose con mezzi diversi, i Marilù Loren che stanno aprendosi tanto, i Moleskine, e poi, beh, Marco Parente perché mi ha insegnato la parola “coraggio”.
SA: Le colazioni in tour?
Andrea Franchi: non faccio colazione
Fabrizio Orrigo: un caffè doppio in tazze grande, una brioche senza ripieno e, se c‚è un forno, un salato con ripieno.
Paolo Benvegnù: brioche con ripieno e caffè doppio (ormai ci siamo omologati!) a Firenze si indica con „il pezzo dolce‰ l‚insieme di tutti i dolci.
Poi dipende dove ci si trova: in Sicilia è d‚obbligo caffè e granita! (a 'cui cciu rici! Ndr)
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