Recensiti sul numero di marzo, i Circulatory System (ex Olivia Tremor Control) sono il nuovo universo gravitante attorno a Will Hart, uno dei capoccia dell’area Elephant6: psichedelia onnivora e iper-melodica. Abbiamo abbordato telematicamente John Fernandes, violino, clarinetto e seconda voce del gruppo.
SA: La prima cosa che viene in mente a chi ascolta i Circulatory System: Beach Boys, Beatles, soprattutto, ma anche Who e Pink Floyd. E’ un Paradiso Perduto?
JF: Il nostro amore per tutta quella musica traspare anche se non ci prefiggiamo nessuno scopo “nostalgico”. Ascoltiamo moltissime cose diverse, molta musica antica, e Will negli ultimi anni è sempre più addentro al pensiero di John Cage: ascolta sempre più spesso il silenzio o musica che usa il silenzio come materia strutturale. Quando dipinge o compone, ascolta diversi nastri contemporaneamente in vari punti della stanza.
SA: Pensi che il silenzio verrà commercializzato, come fuga dal mondo della Muzak onnipresente?
JF: Io acquisterei un disco di solo silenzio, se presentato nel modo giusto. Will mi ha fatto sentire un disco di Bernhard Gunther e Jeff Jerman: è una performance in cui camminano e gettano semi per terra. E dopo venti minuti, quando finisce all’improvviso, ti ritrovi ad ascoltare tutti i rumori intorno a te.
SA: In rete ho letto solo recensioni entusiastiche: quante copie avete venduto?
JF: Fino ad ora, abbiamo distribuito circa quattromila copie, di cui una cinquantina in Europa.
SA: Quale pezzo – degli OTC o dei Circulatory System preferisci? Io dico Nyc-25, No growing e I have been floated.
JF: Il mio pezzo preferito è Grass cannons. Ma anche I can smell the leaves, da Dusk at cubist castle… Pete Erchick, che suonava le tastiere nei dischi degli OTC, scrisse I have been floated, e quello fu il suo unico pezzo, ma è anche uno dei miei preferiti. Adesso ha fatto un disco sotto il nome di Pipes You See, Pipes You Don’t, dovresti ascoltarlo.
SA: Nei vostri dischi ci sono un sacco di fiati e strumenti “non convenzionali” (archi, fisarmoniche, ecc.): deriva dal vostro background musicale, o volevate provare qualcosa di nuovo?
JF: Siamo tutti autodidatti. Will per esempio suona a orecchio.Di solito ci presenta un pezzo abbozzato con chitarra e voce, e allora ognuno contribuisce con parti improvvisate o messe a punto dal vivo. Le mie parti di sax e clarinetto in A peculiar noise called train director e i violini in Sleepy company, sono state tutte registrate con overdubs successivi, senza un’idea precisa in mente.
SA: Scegli due tra questi dischi: Robert Wyatt – Rock bottom; Wire – 154; Pink Floyd – The piper at the gates of dawn; Hüsker Dü – New day rising.
JF: Sarò prevedibile, perché ho ascoltato solo Piper e Rock Bottom. Sono due grandi dischi, ma non li ascolto da almeno tre anni. Le canzoni che ascolto di più al momento sono: Orient-Occident di Iannis Xenakis, Soekasari di Nji Iti Narem (registrato a Java negli anni ‘20), e i Can. Di Will posso dirti… T-Rex, Sly and the Family Stone, Ikue Mori e Sun Ra.
SA: Uhm, non proprio degli ascolti “ortodossi”. E’ difficile trovare un musicista pop che conosca Xenakis e Cage…
JF: Non so perché, ma ascolto molta musica come se fosse sempre una canzone, anche se non ne ha affatto la struttura. Trovo che alcuni tessuti, come alcuni pezzi di Fennesz, siano incredibilmente melodici, come e più di una canzone.
SA: L’uso massiccio di suoni e rumori ambientali è il marchio distintivo dei vostri dischi, l’idea che avete portato nel pop psichedelico.
JF: Abbiamo cominciato a usare musica “concreta” molto prima di sapere che qualcuno l’aveva già fatto. Ad un certo punto, tra Dusk at cubist castle e Black foliage, abbiamo scoperto Luc Ferrari e Pierre Henry, che avevano fatto lo stesso negli anni ‘50. L’uso combinato di suoni ambientali e di operazioni casuali fa entrare il mondo nella nostra musica, invece di tenerli separati. A volte facciamo degli overdubs all’aperto sulle nostre canzoni, per fare sentire gli uccelli. Dopo l’uscita di Dusk at cubist castle, ascoltammo Presque Rien, di Luc Ferrari, che era in pratica la stessa cosa, solo che era fatto in Francia invece che negli States… è stato bello trovare gente che ha fatto musica con la natura.
SA: Perché suonate pop-syke nel 2002? Vi sentite conservatori, “progressivi”, o cosa?
JF: Non ci abbiamo mai pensato. Credo che la nostra musica non sia abbastanza “educata” per essere popolare, ma mi piace molto. Le canzoni di Will mi danno calore, adoro mettere tutto me stesso per fare in modo di diffonderle, di farle ascoltare.
SA: Qualcosa a proposito della Elephant6. Un’etichetta, un modo di fare musica, cosa?
JF: Will disegnò il logo tanto tempo fa e ognuno di noi metteva il marchio sulle cassette, come se fosse una vera casa discografica. Questo contatto si è mantenuto: dischi di gruppi diversi – Beulah, Apples In Stereo, OTC, Neutral Milk Hotel -, usciti per case discografiche diverse, hanno sempre il marchio Elephant6.
SA: E il tuo disco Elephant6 preferito?
JF: Non saprei, è difficile. Adoro i Music Tapes, adoro ascoltare The Apples con i miei bambini, amo alla follia Neutral Milk Hotel.
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