JSB - Come Bach / Lavoro Nero Teatro e Teatro Coppola
Il racconto delle avventure musicali di Bach diventa uno spunto per denunciare lo scandalo attuale degli investimenti spropositati che gli Stati, Italia compresa, dedicano agli armamenti piuttosto che alla cultura, dimostrando che la stoltezza dei potenti ha radici ben profonde ma dimostrando anche che il genio di Bach e le sue composizioni più belle furono possibili anche grazie all’illuminazione dei pochi che compresero l’importanza e il valore delle sue imprese musicali.
Johann Sebastian Bach era un uomo. Dopo secoli, ascoltando la sua musica, potremmo confonderci e considerarlo un essere superiore che con poteri superiori ci abbia donato composizioni perfette. Era un musicista, sì, ma prima ancora era un uomo. JSB – Come Bach, la nuova e prima produzione che Lavoro Nero Teatro ha realizzato insieme al Teatro Coppola, nasce proprio da questo assunto. Bach viene raccontato come padre di numerosi figli, come marito innamorato, come bambino di origini modeste costretto a percorrere a piedi centinaia di chilometri per potersi istruire come desidera. Un racconto accorato, scandito da intervalli musicali che guidano lentamente lo spettatore verso quello che fu il mondo del compositore tedesco. Un’unica voce narrante, delicata e mai enfatica: quella di Cristiano Nocera, appollaiato sopra una colonna di marmo commemorativa. Ma l’uomo Bach, a poco a poco, getterà la sua parrucca settecentesca, la sua giacca elegante e ogni ornamento, scenderà dal piedistallo in cui la storia lo ha relegato per calarsi nella vita quotidiana, nelle ore di insoddisfazione per ruoli professionali di cui presto si stanca, nelle ore di gioia trascorse con i figli nati come fiori, nelle ore di dolore per la morte dell’amatissima moglie Barbara. I musicisti sono sul palco, accanto all’attore, e fanno da contrappunto al racconto in maniera equilibrata e naturale come forse la compagna musica ai suoi tempi seguiva e, nello stesso tempo determinava, i passi dell’uomo Bach: sono Johanne Maitre ai flauti e all’oboe (ma anche brevemente nel ruolo di Barbara), Enrico Sorbello al violoncello ed Enrico Dibennardo al clavicembalo. Il repertorio musicale è abbastanza vario anche se, per i brani strumentalmente più complessi, i musicisti hanno dovuto affidarsi agli arrangiamenti, sostituendo gli assolo di violino, i secondi flauti e gli organi da chiesa con i quattro strumenti a loro disposizione. Così, tra una partita per flauto in la minore e una sonata in sol maggiore, seguiamo il piccolo Bach ribellarsi silenziosamente al fratello che lo costringe al violino e che non gli permette di leggere gli spartiti per organo, lo strumento a cui Johann Sebastian sarà particolarmente devoto e che andrà spesso ad ascoltare nella Catharinenkirche di Amburgo, suonato dal maestro Johann Adam Reincken da cui anni dopo riceverà lodi emozionate. La sua instancabile curiosità lo condurrà a non accontentarsi di un posto come organista ad Arnstadt e nemmeno, successivamente, al ruolo di organista e maestro di concerto presso la corte ducale di Weimar dove lavorerà sotto la protezione del principe Johann Ernst di Sassonia. Il suo sogno, che realizzerà alla corte del principe Leopoldo a Cöthen, sarà quello di diventare Kapellmeister e dirigere quindi un’intera orchestra. Quella a cui il principe aveva dato vita assumendo i musicisti che Federico Guglielmo I di Prussia, preferendo investire in esercito e armi, aveva licenziato. È così che il racconto delle avventure musicali di Bach diventa uno spunto per denunciare lo scandalo attuale degli investimenti spropositati che gli Stati, Italia compresa, dedicano agli armamenti piuttosto che alla cultura, dimostrando che la stoltezza dei potenti ha radici ben profonde ma dimostrando anche che il genio di Bach e le sue composizioni tra le più belle furono possibili anche grazie all’illuminazione dei pochi che compresero l’importanza e il valore delle sue imprese musicali. Attraverso una modesta iperbole, attori e musicisti si ritrovano sul palcoscenico del tempo presente, “come Bach”. Ognuno di loro con un nome, una data di nascita e una capacità artistica da difendere con i denti poiché “mediocrità e violenza conducono inevitabilmente all’oblio. Solo cultura ed eccellenza quando s’incontrano, creano l’immortale”.
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