Due passi sono / Cristiana Minasi e Giuseppe Carullo
È un piccolo rito, Due passi sono, a cui prendere parte anche più di una volta, per farsi la scorta di tenerezza e semplicità. La disperazione, le impossibilità, le castrazioni, le apocalissi tracciate da decine di altri lavori teatrali hanno qui il loro piccolo nemico casalingo.
Due passi sono è la semplicità fatta teatro. Una scena minuscola, due minuscoli personaggi, un fiore peluche il cui stelo allungandosi scandisce il tempo che passa. Apparentemente nulla succede nelle vite sedentarie, ripetitive e ipocondriache di Cri’ e Pe’, ovvero Cristiana Minasi e Giuseppe Carullo. Eppure il fiore cresce, anche se finto. E questo non è per nulla scontato. Nella quotidianità di Cristiana e Giuseppe, portata in scena con tanta leggerezza e pudore da liberare l’evidente autobiografismo da qualsiasi stucchevolezza e presunzione, le paure, le ossessioni, le incomprensioni a poco a poco lasciano spazio a una cosa nuova che i due guardano con stupore come fosse caduta dal cielo: l’amore o, meglio, la volontà di amarsi a vicenda. In questa volontà sono concentrate molte altre incapacità che improvvisamente si sciolgono. I “due passi” del titolo sono quelli necessari alla liberazione, al superamento delle proprie paure che ci costringono in una vita stretta e sacrificata, in cui sembra difficile persino uscire di casa, guardare le stelle, mangiare un pezzo di pane e bere un bicchiere d’acqua: basta uno sforzo piccolissimo per sentirsi liberi, anche di amare, di abbracciarsi senza guanti. Uscire e guardare il mare da vicino. In quest’ottica, anche un fiore che cresce ha un’importanza fondamentale, ogni piccolo gesto è prezioso. Cristiana e Giuseppe chiamano tutto il pubblico a testimoniare di questa presa di coscienza: l’amore “particolare” che si promettono l’un l’altra di fronte agli spettatori è un sentimento di tutti i giorni, ma ci invitano a guardarlo con occhi stupiti, come fosse qualcosa di mai provato. I due attori sono di una naturalezza disarmante: così come li vedi in scena, li ritrovi fuori dal palco, in mezzo alla gente comune. È un piccolo rito, Due passi sono, a cui prendere parte anche più di una volta, per farsi la scorta di tenerezza e semplicità. La disperazione, le impossibilità, le castrazioni, le apocalissi tracciate da decine di altri lavori teatrali hanno qui il loro piccolo nemico casalingo. È per questo (e anche per quanto ci hanno fatto ridere) che invitiamo Cristiana e Giuseppe a non stancarsi di questi due piccoli passi e a riproporli allo sguardo di tutti i disillusi che ancora non l’hanno visto. Allo stesso tempo, però, siamo curiosi di cosa il duo stia covando per le prossime scene. Sperando partoriscano presto.
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