In scena a Palermo presso il Teatro Orione “Pippo Spicuzza” il 4 novembre 2007. Un uomo solo entra in scena, si siede in fondo, lo sguardo perso nel vuoto. Una bottiglia di vino rosso tra le mani: lui beve, sorride e ricorda. Egli viaggia nel ricordo di un’infanzia e offre a te, pubblico felice, una rosa rossa senza stelo e alcuni versi senza filtro. Immagini e oggetti sulla scena, parole, pregne di storia, storie di uomini e della loro evoluzione.
L’uomo curioso e sognante è seduto, preoccupato del tempo che passa , incantato dai suoi stessi ricordi, troppo nitidi per venire alla mente in modo fluido,muta il suo sguardo, reagisce e si alza, toglie la giacca in segno di rispetto, un uso antico- ma sempre gradito a noi che teniamo alla tradizione …, si alza, dunque e danza. E’ stanco ma sorride, “piscia” sul ricordo della guerra ma soffre alla visione dei rami senza vita. L’uomo è un bambino e un clown. E’ l’ infanzia il suo momento, il suo ricordo d’amore, e le donne della sua vita, sua madre. Ci sono nella sua mente tutte, le donne che hanno segnato la sua vita … a ciascuna dedica un brindisi. Sulla scena quest’uomo si evolve, diventa animale: non predatore violento o mammifero, piuttosto uccello, animale leggiadro, o gallo, animale bizzarro, anzi no, diventa farfalla, l’animale libero, e vola sulle parole di Isadora Duncan senza per questo separarsi dalla “gravità” . L’infanzia suo momento meraviglioso, ricordi di colori, profumi e balocchi … Come esprimi la “meraviglia” del fanciullo? Come esprimi la danza del fanciullo meravigliato? Un passero -animale libero- o un burattino, magari il pinocchio di ToTò, -animale sociale- ? Sono tutt’altro che manovrati … entrambi sembrano danzare un percorso stabilito, mentre in realtà procedono da sé … L’uomo che si addentra in un sogno ubriaco viaggia tra la vita e la morte con la leggerezza del fanciullo. Il peso della vita vissuta invece spetta all’adulto, burattino di se stesso che ama le sue donne, una per una, e che lotta e che muore prima o poi …, stretto ai suoi più cari…”balocchi”. La sua anima “si fa senza più peso” e il corpo esplora lo spazio, leggero salta e gioisce divertito dalle note di M. Ravel; ad un tratto, il pubblico sospeso, vede solo le mani: le mani di un clown che non si mostra tale, mani nude che fuggono l’aria o che la attraversano, una magia, un incantesimo, un gioco di ombre e solletico …: le dita fanno il solletico alla luce che taglia la scena. Ci sei e non ci sei, ascolti o non ascolti, tu sei dentro o fuori dal riflettore? Una musica, pianoforte: ogni nota un tocco di affetto, carezza e bacio, ogni tasto che suona è un “colpo di grazia”, una vita che passa e che lascia un ricordo di sé. Un salto per ogni direzione … e un vèrso; frammenti di ricordo. Il movimento parla di un uomo-fanciullo che gioca sulla scena con il suo pianoforte invisibile: Giorgio canta e gioca, gioca a fare il soldatino, soldatino di casa, a scuola, soldatino della guerra. Ora lo sguardo va lontano; la rosa rossa è in un lago di sangue e il bambino sta ad osservare così che possa liberarsi da quel colore che lo impressiona. L’uomo stesso è veicolo di memoria storica. La vita e la storia che credi,pubblico, sulle note di “Profumi e balocchi” di Milva e i testi di Ungaretti. Si alternano la leggerezza della danza e il peso corpo, movimento consapevole, semplice e liberato da schemi o restrizioni , quello dell’ “animale” che alberga in noi e che Isadora Duncan ha tradotto per prima nella storia della danza. “Balocco” è un viaggio interno nel ricordo, da gustare. Un assolo “tragicomico”, dal sapore amaro ma corposo come un buon bicchiere di vino, d’altronde.
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