Intervista a Eugenio Maria Falcone: la casa editrice, la visione dell’editoria.
SA.: Quando e come nasce la sua casa editrice?
E.M.F.: Nel 1999 appena dopo l'entrata del magistratone Di Pietro in politica e praticamente alla fine della vicenda mani pulite l'Italia ricominciò a respirare. Le celle erano rimaste vuote (tranne per qualcuno e per qualche esule), qualcuno s'era ammazzato, qualcun'altro scontava qualche pena a casa. Il resto era libero e bello e il Di Pietro da super magistrato divenne super politico. Questi fatti, diciamolo francamente lasciarono il paese in una profonda crisi economica di cui oggi paghiamo ancora le conseguenze e siccome noi architetti siamo creativi, mi “inventai” un lavoro che in qualche maniera mi facesse utilizzare esperienze e mezzi che in precedenza erano serviti per fare la pubblicità. La precedente attività, appunto la pubblicità, era ormai un campo nel quale bazzicavano in troppi, e troppo pochi erano quelli che invece ne traevano un reale beneficio. L'editoria mi parve un campo abbastanza poco praticato e organizzammo la pubblicazione di una specie di annuario chiamato “Quo vadis”, una sorta di strumento commerciale ma con i fini dello studio sul territorio. I primi numeri infatti furono dedicati ai quartieri di Bagheria e al lavoro nel territorio. C'erano articoli della Cedrini, del preside della Facoltà di Architettura Giuliano Leone, e di ricercatori oltre che di professionisti. In allegato misi però un trimestrale di cinema indipendente si chiamava “Idola Specus” alla maniera di Bacone. Volevo ricreare una specie di Novum Organum che lui invece prendeva da Aristotele l'Organon ricreandolo come nuovo metodo. Insomma filosofi e ideologia che c'entravano col cinema? L'idea della “spelonca” Platoniana, metafora del cinema mi stimolava. E poi la rivista di cinema indipendente aperta ai nuovi linguaggi e a tutte le lingue mi fece entrare nel mondo dell'editoria a pieno. I contatti in quegli anno erano tra la Spagna, la Grecia ad Israele, Germania e Francia.
SA.: L’editore deve sempre guardare al profitto tenendo d’occhio la qualità. Riesce sempre a pubblicare lavori che lei reputa di valore?
E.M.F.: Intanto l'editore, oltre che essere in un imprenditore, deve per forza essere un intellettuale. Non credo che uno in possesso di un capitale pensi all'editoria quale “investimento”, a meno che il capitale non sia molto grosso (in Italia ne abbiamo diversi esempi) e quindi considera l'editoria come un buon investimento dentro il quale convogliare altri interessi oltre quelli puramente economici. Diciamolo subito, questo non è il mio caso. Io come Eugenio Maria Falcone, prima di tutto mi considero un intellettuale. Voglio fare però un “distinguo”. Per spiegare farò un esempio:
Una volta ad un mio amico, noto studioso di filosofia e storia del cinema, un intellettuale molto apprezzato, chiesi un suo intervento per la mia rivista, addirittura gli chiesi se voleva essere il curatore di uno spazio all'interno di Idola Specus. Lui non si negò ma quando capì che praticamente le mie risorse erano quasi nulle, alle mie insistenti richieste di riunioni disattese rispose che ormai l'intellettuale “ha la famiglia”. Così compresi l'antifona. La verità è che ormai ci siamo molto allontanati dall'onestà intellettuale che invece era una “sacra scrittura” per gli uomini che hanno creato le idee del XX secolo. Si son via via affievolite tra le pastoie burocratiche del nostro sistema democratico-oligarchico. Gli intellettuali si sono “collocati” in posti chiave, loro e i loro figli che ora vivono della “rendita” di una “capitalizzazione della cultura” che ormai è divenuta “business” dei buoni e dei cattivi, con qualche buon contratto di consulenza e allungando così i loro curricula. Ma questo che c'entra con l'editore? Eccome... l'editore indipendente deve necessariamente fare i conti anche con l'economia. Ne deriva che se vuoi veramente “distinguerti” ovvero farti almeno notare devi per forza creare qualcosa di buono. Buono dentro e fuori. Chiaramente a discapito dei numeri. Ma questi li lasciamo, almeno per il momento, ai grandi gruppi editoriali che smerciano nei supermercati della cultura i loro prodotti.
SA.: Molti scrittori esordienti pur di vedere stampate le proprie creazioni pagano le spese di pubblicazione. Qual è la sua politica al riguardo e come accompagna la distribuzione di un libro?
E.M.F.: Non lo dica a me che per primo ho autofinanziato e auto-pubblicato il mio primo libro, cioè scritto da me.
Ma non sono né il primo né l'ultimo, mi pare che la storia della letteratura è piena di autori che si sono auto-pubblicati, con o senza casa editrice. Però la gente non è preparata a queste cose, ovvero, il pubblico non sopporta che uno pubblichi la propria opera. Si sa che per essere apprezzati devono essere gli altri ad apprezzarti premiandoti con la pubblicazione del tuo romanzo. Chiaramente si sbaglia. Si fa un po' il gioco dei “Supermarket” dei titoli. Un mio amico, un certo regista indipendente Silvano Agosti, si auto-pubblica. Anzi in proposito lui ha una particolare filosofia...
Se un giovane vuol pubblicare il proprio romanzo o ciò che ritiene adeguato a questo mezzo, deve cercare di farlo. E' come il pittore, o lo scultore che istintivamente trova naturale esporre la propria opera al pubblico dal quale si aspetta consensi o dissensi. Lo stesso deve fare lo scrittore.
I mezzi per realizzare questo sono o spedire il manoscritto ad una casa editrice che si spera possa cambiare dall'oggi al domani il tuo status divenendo l'autore di un bestseller oppure cercare qualcuno che stampi il tuo “sforzo” e anche a costo di metterci qualcosa dalle tue tasche. Va bene tutto purché si riesca a raggiungere l'obiettivo che è appunto farsi leggere. Poi oggi il problema più grosso è che ognuno di noi si sente effettivamente un “autore” per cui spesso ci troviamo davanti all'annoso dilemma dei “diritti” da cedere o in ogni caso meglio nascosto che plagiato. Io in proposito penso che il diritto d'autore dovrebbe essere abolito, o meglio lo sfruttamento economico dovrebbe essere limitato all'autore reale in vita e non come spesso avviene, trasferito agli eredi, alcune volte posticci, che magari durante la vita dell'autore non lo hanno nemmeno considerato, e che ora in mortis sua, si ritrovano a gestire patrimoni ingentissimi. Noi pubblichiamo intanto in base a ciò che riteniamo veramente valido. Lo curiamo nella veste grafica, a cui io tengo molto, e anche dal punto di vista della distribuzione, che chiaramente è di tipo “alternativa” tipo internet, distribuiamo contattando le librerie direttamente ma anche con distributori regionali e nazionali. Poi col codice ISBN vai dappertutto. Addirittura siti americani distribuiscono nostri libri. Ecco perché il più delle nostre produzioni sono bi-lingua.
SA.: Il catalogo della sua casa editrice possiede opere di architettura, arte, cinema, narrativa, natura, poesia, saggistica, storia e costume; quanti libri pubblica in un anno? Ha l’intenzione di creare nuove collane?
E.M.F.: Certo. Vogliamo espandere la narrativa, la poesia e la ricerca ma ci piacerebbe riuscire a fare una collana dedicata esclusivamente ai giovani e al fumetto. Quest' anno abbiamo battuto il record per le nostre possibilità e abbiamo pubblicato dieci titoli. Certo son pochi rispetto alle grandi case editrici. Ma per noi è stato un traguardo. I libri costano, e ogni libro per me è un “pezz'e core”.
SA.: Lo scrittore che invia un manoscritto ad una casa editrice compie un gesto di speranza, il suo comportamento è rispettoso nei confronti di questi sognatori: legge tutto? Risponde a tutti anche solo per dire grazie ma non siamo interessati?
E.M.F.: Sinceramente ci arrivano poche proposte. Forse perché i nostri titoli sono perlopiù legati alle arti figurative. Ma sinceramente qualche manoscritto ci è pervenuto. Poesia e racconti per bambini con allegate le illustrazioni. Cose che francamente per il momento non rientrano nei nostri programmi. Però abbiamo sempre considerato tutto. Forse la parola “sognatori” non è la parola giusta. Forse quella giusta è “bisognosi di ascolto”. Spesso chi scrive lo fa per mancanza di comunicazione e si trova un'alternativa alla mancanza di dialogo che ahimè ormai è sempre più frequente.
SA.: Esiste la mafia nell’editoria?
E.M.F.: Esiste l'indifferenza e la pochezza di alcuni librai che solo perché magari sei palermitano ti snobbano. Ultimamente in occasione dell'uscita di tre libri ho chiesto se potevo portare le mie novità ad un noto libraio palermitano, lui mi rispose con aria di sufficienza: « siamo pieni di libri...». La stessa cosa successe quando pubblicammo il catalogo della bellissima mostra di Guttuso del “Fronte nuovo...”. Mi disse con lo stesso tono « ma guardi, me ne porti uno...» io risposi a me stesso che il libro lo avevo solo io e da me dovevano venire e non gliene portai nemmeno uno. Me li chiese poi lui e io lo feci aspettare un po'. E così fu. Se questa si può chiamare mafia va bene. Poi c'è la mafia della grande distribuzione e dei distributori che fanno poco e spesso male realmente qualcosa per gli editori come me. Per fortuna c'è internet. Nel momento in cui registro il libro su ISBN tutto il mondo sa che esiste Eugenio Maria Falcone Editore che ha pubblicato il titolo “tot.” Questa è una delle belle cose della globalizzazione.
SA.: Tutti i figli sono pezzi di cuore, ma si hanno sempre delle preferenze infondo. Lei è particolarmente fiero o orgoglioso di un libro in particolare da lei pubblicato?
E.M.F.: Senza dubbio il “Fronte Nuovo...” di Guttuso è stato il primo libro di grande importanza. Per numero di pagine, per contenuti e per la qualità. Ci sono nomi come Edoardo Bruno, Maurizio Calvesi, Enrico Crispolti, Antonella Greco, James Hyman, Maristella Margozzi, Daniela Papenberg, Luigi Sansone, Duccio Trombadori. Il noto critico Carmine Benincasa ha definito con un fax che custodisco gelosamente il catalogo, mentre eravamo alla Ca d'Oro a Roma ad una mostra di mio fratello, il miglior catalogo su Guttuso degli ultimi quarantanni. Ma ci sono libri che mi piacerebbe avessero avuto più fortuna, come alcuni titoli di fotografie con testi di Alda Merini e Gillo Dorfles. Inaspettatamente però ho avuto qualche soddisfazione da titoli che consideravo di difficile fruizione. Uno sulle orchidee spontanee del monte Catalfano. Non immaginavo nemmeno che esistessero associazioni dedite alla ricerca e catalogazione di questi minuscoli fiorellini spontanei della macchia mediterranea. Un altro bel libro è quello sulla Tonnara di Solanto passato addirittura su Mediterraneo di RAI 3.
SA.: Internet rappresenta per molti scrittori un nuovo mezzo di diffusione dei propri scritti. L’editoria è destinata ad una trasformazione per poter sopravvivere. Lei è un conservatore pessimista, o appoggia, non temendola, questa imminente rivoluzione?
E.M.F.: Internet è il mezzo più idoneo per far leggere i propri lavori ma realmente esiste un problema. La fruizione non è capillare, i fruitori sono perlopiù giovani, c'è realmente il rischio che “ti freghino” l'idea. La cosa funzionerebbe se si abolisse il diritto d'autore, o meglio lo sfruttamento economico del diritto d'autore. Ma ciò e impossibile. Dice il mio amico “tutti abbiamo la famiglia”.
Internet per me è un grande strumento, bisogna però capire “che fare” realmente, non lo temo assolutamente anzi ci sto investendo...
SA.: Le piccole case editrice si trovano a dover competere non con la storia e la qualità delle altre “affermate” case editrici, ma con il loro potere economico. La piccola editoria deve proporsi come soggetto alternativo per poter ritagliare una fetta di mercato. Davide la spunterà contro Golia?E.M.F.: Allora, se va sul motore di ricerca tipo google, e scrive Falcone Editore o Eugenio Maria Falcone, al primo posto spunta la mia casa editrice... Mi pare che basti. I libri sono “esseri” che posseggono un'anima, le gambe e il cervello. Un mio amico appassionato di libri, ne ha migliaia accatastati dappertutto, ha comprato in una bancarella di Roma il mio libro, cioè quello che non solo mi ero prodotto ma che avevo pure scritto, e a Roma non l'ho mai mandato nemmeno con la distribuzione...
SA.: Internet ha sicuramente aiutato gli editori nella distribuzione, ma essere presenti sugli scaffali di una libreria è ancora importante. La sua casa editrice riesce a navigare nei canali della grande distribuzione?
E.M.F.: Gli scaffali sono l'ambizione di tutti noi... editori e scrittori. I nostri libri li ordinano e noi li portiamo, ma è davvero difficile farli mettere in evidenza sugli scaffali delle librerie. Per fortuna c'è internet... però c'è pure molta ignoranza...
SA.: Quale futuro per l’imprenditoria editoriale?
E.M.F.: Sarà la prossima “pentola” da raschiare dal prossimo governo...
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