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Casa di bambola "L'altra Nora" / Leart' Teatro |
Ogni tanto fa bene sedersi ad ammirare uno spettacolo di tipo tradizionale: un testo classico plurirappresentato (scritto magari da un premio Nobel) che ha fatto storia, ben diretto, interpretato da attori popolari (magari grazie anche al cinema e alla televisione) di fama nazionale e dal ricco curriculum, che danno prova di bravura e tecnica, di mestiere e professionalità. |
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Io a teatro nella mia città... considerazioni editoriale di inizio anno.
08/01/2008 Teatro comunale degli Industri. Grosseto.
LEART’TEATRO
Casa di bambola "L’altra Nora. Regia di Leo Muscato"
Ogni tanto fa bene sedersi ad ammirare uno spettacolo di tipo tradizionale: un testo classico plurirappresentato (scritto magari da un premio Nobel) che ha fatto storia, ben diretto, interpretato da attori popolari (magari grazie anche al cinema e alla televisione) di fama nazionale e dal ricco curriculum, che danno prova di bravura e tecnica, di mestiere e professionalità. Tecnici sempre attenti alle luci e ai suoni (purtroppo la versione originale di Nothing compares to you, canzone che fa un po’ da colonna sonora, quella di Prince, è sostituita da altre interpretazioni; avrebbe stonato). Una grande e impegnativa scenografia che vale da sola il prezzo del biglietto, funzionale ed esteticamente in sintonia col resto.
Il tutto ospitato da un teatro all’italiana piccolo ma ben progettato e organizzato, con il suo bel gruppo di vigili del fuoco all’ingresso che magari l’agibilità, nonostante i recenti grandi restauri strutturali, non è a puntino. Un cartellone stagionale ben studiato e approvato da un’ assessore alla cultura che la sera si riempie la bocca celebrando Luciano Bianciardi, esaltandone giustamente la figura e l’importanza, nel presentare il docufilm (sul quale torneremo) di Massimo Coppola (dove Bianciardi, con la sua voce, in carne ossa e celluloide dice: “Un editore mai e poi mai deve mettere bocca su quello che scrive un autore”) e il mattino dopo censura parole scritte.
Dà un senso di sicurezza, dicevo, sedersi a godere lo spettacolo, al caldo del teatro pieno, pienissimo, seduto sulle poltroncine morbide e rosse di velluti con davanti un lampadario (ero nel palchetto del terzo piano e in quello adiacente al mio c’era il babbo di Nora (non il personaggio, quell’altra vera, ciao Nora!), da decine e decine di lampadine, dà un senso di sicurezza e ci ricorda quali sono invece le sfide che ci attendono e per le quali ci s/batt(ezzi)iamo. Ci ricorda quali sono i lasciti che abbiamo ereditato dai precursori otto/novecenteschi e che dobbiamo conservare nello spirito.
Uno spettacolo di onestissimo intrattenimento che fa riflettere sulla vita, sulle sue pieghe, piaghe, più dolorose: le piccole follie quotidiane, il potere politico, la famiglia borghese, la vita coniugale, il pensiero che danno i figli, l’attaccarsi alle bottiglie da taschino, gli schiaffi, i sacrifici che si fanno a volte per gli altri, i rapporti ambigui di vicinato e di amicizia, la gelosia, la frustrazione, il ruolo della donna, della mamma, i debiti, i documenti falsificati, le festività da santificare, il passato che ritorna e che riporta a galla vecchie ferite e storie concluse che si riaprono magari con apparente nuova speranza, i nervi che non reggono, i viscidi profittatori, i soldi che arrivano dopo mesi che non se ne vedono, la malattia, le analisi del sangue, gli ospedali, i soldi che dovevano arrivare e invece si vedono sfumare, la precarietà dell’esistenza, le vendette, le travagliate storie personali, le arrabbiature che fanno urlare, il cinismo, le croci nere, le donne scialacquatrici, lo spauracchio dei cavilli legali, lo spauracchio degli sputtanamenti sui giornali, la reputazione da difendere, gli intrighi e i ricatti, le coincidenze fortuite che non si sa se sono fortunate o sfortunate, il sapersi coi giorni contati, l’impotenza, l’illusione della spensieratezza, la disperazione, la coscienza di non poter cambiare, la fine tragica anche se apparentemente tutto era finito bene, il suicidio. Non tutto è bene quel che finisce bene.
Questo ho scritto ispirato dal testo di un drammaturgo dallo spirito puro come Ibsen e dalla visione della riscrittura felice e pure essa pura che ne ha fatto Leo Muscato con la sua meritevole compagnia. |
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Reg. Court of Palermo (Italy) n°21, 19.10.2001
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Bibliography, links, notes: |
@Teatro Comunale degli Industri, Grosseto
pen: Giovanni Vernucci
link: www.leart.it |
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