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Theatre - Theatre Companies - Interview | by SuccoAcido in Theatre - Theatre Companies on 01/03/2003 - Comments (0)
 
 
 
Manicomics Teatro

Raccontarsi è sempre un poco difficile; sembra spesso un epitaffio dove tutti vorrebbero scrivere una sintesi delle cose migliori che sono stati. Quindi, quando Marc De Dieux ci ha chiesto questo, ci siamo detti "perché invece non c’intervistiamo l’un l’altro? Forse riusciamo ad essere meno patetici". Detto fatto. Ci siamo registrati e sbobinati ed ecco qua. MM è Mauro Mozzani, RT è Rolando Tarquini e PP è Paolo Pisi ovvero i Manicomics.

 
 

RT: E’ dura la vita dei teatranti?
MM: E’ dura soprattutto per quelli che, da soli, devono organizzare rassegne, condurre corsi e laboratori, fare promozione e trovare il tempo per preparare gli spettacoli. Un po' saltimbanchi e un poco manager. Per un teatro come il nostro, che non è sovvenzionato bensì autonomo e privato, e vista la nostra intenzione di non lavorare solo come attori, ma anche come promotori di eventi e operatori teatrali in ambito pedagogico e didattico, il percorso è difficile. Ci sono problemi logistici, poiché ovviamente non riusciamo a fare tutto contemporaneamente, e soprattutto è arduo ottenere dei riconoscimenti: quelli sulla qualità del lavoro magari sì, ma quelli economici non sono così semplici. La cultura, si sa, non sempre paga. La gente, però, ha spesso una percezione opposta. Infatti, ci sentiamo dire spesso: "chissà quanto guadagni...", in realtà il nostro lavoro è molto dispendioso non solo come impegno ma anche dal punto di vista economico.

PP: Origine e protostoria, prego!
RT: Proveniamo da una costola del gruppo amatoriale di ricerca teatrale Mess'inscena, di Piacenza, (ormai scomparso), e nasciamo nel 1985. L'idea comune che avevamo era quella di un teatro rivolto al clown teatrale; non il clown da circo ma il clown come è stato concepito nel corso del Novecento e portato a teatro. Da quell'idea è nato il primo spettacolo, Claunerie, e quindi Viaggio Organizzato, lo spettacolo che ci ha fatto conoscere. Solo dopo abbiamo frequentato una scuola, la Scuola di Teatro Arsenale di Milano (teatro del mimodramma) e poi corsi e stage di approfondimento, e in seguito sono nate le nuove produzioni (… In concerto, la nuova versione di Viaggio Organizzato, che è stato rappresentato, tra Italia ed estero, più di 200 volte, e Rinchiusi In Una Indagine). Il successivo spettacolo Joe Lobotomi ha segnato un importante passo di svolta nella ricerca di un linguaggio teatrale "nostro". E’ quello che ci ha permesso di capire che la nostra scrittura teatrale doveva basarsi su "idee visive".

PP: Non penserai che ti si possa capire, vero? Cosa vuol dire "idee visive"
RT: In realtà è molto semplice; invece di ingabbiarci con una drammaturgia precisa cerchiamo di affrontare un tema attraverso situazioni forti ed evocativamente interessanti che raccogliamo dalla quotidianità e solo in un secondo momento le strutturiamo con una sequenza narrativa. Per fare un esempio è come se prendessimo tanti quadri di artisti famosi, molto belli e affascinanti di per sè, ma assolutamente distanti tra loro per logica e contenuto, e cercassimo di fargli raccontare una storia giustapponendoli nel modo corretto.

PP: Mmhh, fumoso. Cambiamo argomento. Quindi è la comicità il nostro punto di forza?
MM: All’inizio si ma oggi i nostri lavori sono segnati anche da una linea drammatica e grottesca. Importante nella formazione della poetica del gruppo è stato il percorso estero con l'inserimento in un giro di festival internazionali che ci ha permesso di vedere "teatri" diversi. In Italia il teatro è molto legato al testo e alla parola e soprattutto il teatro comico è legato alla battuta mentre il nostro lavoro utilizza poco la parola basandosi su alcuni semplici e fondamentali elementi come l'immagine e l'improvvisazione servendosi del linguaggio del corpo, della musica, dei suoni vocali, della parola e degli oggetti al fine di coinvolgere totalmente lo spettatore. L'importante, per noi, rimane comunque fare un tipo di teatro che cerca di colpire determinate corde emotive dello spettatore che non sono solo legate alla comicità ma anche ai contenuti che cerchiamo di esprimere. Insomma abbiamo trovato un linguaggio abbastanza personale riassumibile in un teatro di situazione legato a una poetica dell'immagine, ma senza volerci settorializzare. Infatti, dopo Joe Lobotomi, abbiamo accettato di fare un’esperienza completamente diversa. Lo spettacolo Brutta Canaglia La Solitudine, è, infatti, completamente di parola. Dentro questo spettacolo mettiamo però tutta la nostra esperienza precedente, legata alla gestualità e all'immagine. Si è trattato per noi di una crescita importante, considerando anche il fatto che per la prima volta testo e regia non sono nostri. Ciò è stato possibile grazie al rapporto d’amicizia con Daniele Finzi Pasca (autore e regista dello spettacolo nonché carismatico leader del Teatro Sunil di Lugano), e al modo simile che abbiamo di fare teatro e, di conseguenza, di vivere. Non è banale come sembra: il modo di fare teatro si avvicina alla vita che conduciamo.

RT: Senti PP ma tu non rispondi mai? A proposito di regia, chi è il regista del gruppo?
PP: Io rispondo poco perché sono l’ultimo arrivato e quindi della storia passata del gruppo non so tantissimo. Sono con Manicomics da 5 anni e ci sono arrivato seguendo i laboratori condotti da MM e RT e una delle cose che più mi ha interessato è proprio che non c’è un regista. La scrittura, l’allestimento e la messa in spazio è frutto di un lavoro collettivo … faticoso e spesso snervante ma decisamente è una delle tipicità del gruppo. Tutto avviene attraverso un’elaborazione comune, attraverso una "compromissione" (neologismo necessario) delle idee singole. Solo al termine del lavoro, qualche volta, facciamo la scelta di una visione esterna che ci permetta di avvicinarci allo sguardo del pubblico.

RT: Quindi non ci sono registi … o meglio siete tutti registi e attori e scrittori. Ma di che parlate negli spettacoli, come nasce la scelta di andare in una direzione piuttosto che in un’altra?
PP: Esempio: ultima produzione ECCE HOMO; uno spettacolo teatrale sulla stupidità dilagante. Ci incontriamo, parliamo e litighiamo per qualche ora, ci chiediamo quale è l’argomento sul quale vorremmo ASSOLUTAMENTE dire qualcosa oggi, ne tiriamo fuori 4, 5, 6, affossiamo quelli non fattibili, ci esaltiamo per uno. La stupidità. Ci pare che tra TV, politica, leggi e finanza, istruzione, moda ecc. la stupidità (la nostra compresa) campeggi bene. I temi si sprecano. Ci ri-esaltiamo e l’argomento è deciso. Da lì in poi inizia un lavorio di raccolta e d’osservazione e spesso, di strutture che ci possano aiutare. Nel caso di ECCE HOMO abbiamo preso spunto dalle leggi sulla stupidità di Cipolla, un economista che, per serio divertimento, ha scritto una deliziosa provocazione sul "essere stupido" dell’uomo. Come per Joe Lobotomi avevamo preso spunto dalla teoria del dramma sociale dell’antropologo Victor Turner.

RT: Prima MM ha parlato di Teatro e Pedagogia. Ma cosa c’entra, per voi, la pedagogia col teatro?
MM: Il teatro serva a crescere, a mettere in gioco se stessi. Un'esperienza che noi abbiamo provato e che ci piace trasmettere. Un capitolo importante della nostra attività è quindi il lavoro che facciamo nelle scuole con studenti ed insegnanti. Esiste in Italia un grande business del teatro per ragazzi, ma occorre distinguere tra cultura passiva (andare a vedere uno spettacolo) e cultura attiva (fare teatro). Pur producendo anche spettacoli di teatro per ragazzi ci piace moltissimo anche "far fare" teatro ai ragazzi. Abbiamo iniziato per curiosità a fare laboratori teatrali nelle scuole nel '91 presso un liceo artistico cittadino e da allora non ci siamo più fermati. Utilizziamo la nostra metodologia che si serve del linguaggio del corpo e del lavoro sull'attore come strumento di crescita e di presa di coscienza delle proprie potenzialità nonché di socializzazione all'interno di un gruppo. Questo modo di fare teatro si chiama oggi Teatro-Scuola e in Italia è un movimento gigantesco che ancora deve essere scoperto appieno, per potenzialità e funzione, dal professionismo teatrale. Dal ‘96 collaboriamo strettamente con l’Associazione Teatro Giovani di Serra San Quirico (AN) nell’organizzazione della Rassegna Nazionale di Teatro Scuola, uno degli eventi più importanti, in Italia, in quest’ambito.

MM: Quindi siete anche organizzatori … ma de che?
RT: In realtà non siamo proprio organizzatori o meglio, lo siamo per necessità. Gli Eventi, come li chiamiamo noi, sono rassegne, festival, incontri, che organizziamo sul territorio per dare voce alle nostre attività e dare voce al teatro e ai teatri che secondo noi sono importanti da vedere. Organizziamo LULTIMAPROVINCIA un festival di teatro all’aperto durante l’estate, EFFETTI COLLATERALI una rassegna di gruppi teatrali locali, LIMITROFIE una rassegna di teatro-scuola e INCONTRI un festival "di ospitalità" di gruppi esteri in collaborazione con il movimento Belga di Theatre Action.

PP: Va bene … signor Presidente (MM) parliamo un po’ di soldi … ma è proprio vero che non avete contributi?
MM: Beh no … Non abbiamo convenzioni fisse per le nostre attività ma riceviamo contributi per l'organizzazione degli eventi e su progetti; dal Comune di Piacenza, dalla Provincia di Piacenza e da qualche anno anche dalla Regione Emilia Romagna. Anche nella ricca Emilia però non è così facile vivere di teatro. Nella nostra città, Piacenza, per esempio non c'è mai stata una politica teatrale a lunga scadenza. Da anni si parla di polo teatrale e di spazi ma non abbiamo ancora visto niente muoversi in questa direzione. Spazi vuoti e sfitti, di proprietà delle istituzioni sono in attesa di destinazione d’uso da anni. Ci si favoleggia intorno ormai da decenni. E poi esistono i teatri storici classici (Teatro Municipale, Teatro dei Filodrammatici), autentici gioielli da vedere ma non da "toccare" per i costi proibitivi e per la funzionalità ridotta rispetto a proposte teatrali alternative. Nessuno recita più ormai solo sul proscenio; alle nuove generazioni teatrali serve uno spazio dinamico, un luogo aperto con quinte da muovere e ambienti ampi per lavorare e provare. Spazi di questo tipo a Piacenza esisterebbero, manca invece il coraggio di realizzare ciò che da anni, alternativamente, le maggioranze promettono. La politica affossa sempre tutto. Servirebbero persone illuminate, con delle visioni e delle direzioni chiare e uno staff di tecnici esperti della materia cui delegare la realizzazione dei progetti culturali.

RT: Senti PP, tu che sei l’ultimo arrivato nel gruppo … dicci … cosa ti ha attirato dei Manicomics?
PP: Soprattutto la visione di un teatro che è molto vicino alla vita. Si cerca di attingere dalla tradizione, dagli insegnamenti dei grandi maestri del Novecento, per rinnovare il modo di fare teatro. Crediamo nelle proposte culturali nuove che facciamo e nell'idea di un teatro lontano dai grandi circuiti. Un teatro che serve a chi lo fa, con l'idea che se tu metti in gioco qualcosa di te, del tuo immaginario e delle tue emozioni allora riesci a coinvolgere chi ti sta guardando. Un tipo di lavoro che parte dal training, legato alla pedagogia teatrale, alla scoperta del sé. Perché il teatro è un percorso iniziatico. Inizi e non sai dove vai a finire e alla fine di questo percorso sei cresciuto, sei giunto ad una nuova consapevolezza di te stesso e del rapporto con gli altri.

 


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Reg. Court of Palermo (Italy) n°21, 19.10.2001
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Bibliography, links, notes:

Pen: Manicomics per "SuccoAcido..."

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