E’ in questo luogo frutto di una fantasia arbitraria, che l’esistenza è sospesa in un momento eterno, in cui affiorano sprazzi del proprio passaggio sulla terra che si manifestano come stati fisici dell’essere. Associando luoghi del corpo, intesi non solo come spazi fisici, ma spazi percettivi e percepibili, a distese di fiori, emergono fugaci e quasi impalpabili impressioni interne. Questi Fiori vietati, così come annuncia il titolo del progetto, sono accessibili solo alla solitudine, solo in essa si attivano quegli spazi percettivi che presuppongono un continuo rapporto con la morte, il passaggio per eccellenza. Questa fantasia su cosa si apre varcata la soglia della morte del corpo, accende la memoria di qualcosa di sconosciuto, di una dimensione altra in cui il ricordo di ciò che si è stati, si confonde con l’attesa e l’interrogativo di quello che sarà.
regia e coreografia: Alessandra Luberti interpreti : Daniela Donato, Ilaria Palermo, Davide De Lillis, Antonio Stella, Carlomauro Maggiore testi: Claudio Collovà testo voci registrate: Alfredo Costa Monteiro immagini fotografiche in videoproiezione: Alessandro Giuliano produzione: Compagnia Esse p.a. con il sostegno di: Officine Ouragan e La Vicaria, Palermo
Il progetto “Les fleurs interdites” si sviluppa attraverso tappe intermedie, studi preliminari: “Non calpestare i fiori” brevissima performance con Alessandra Luberti e Simona Malato, musica dal vivo Giacco Pojero e Nino Vetri, è andata in scena per la serata organizzata da Liacos (libera associazione coreografi siciliani), nella serata di chiusura del Palermoteatrofestival a Palermo nel Maggio 2006 “fino alla fine degli occhi” primo studio con Daniela Donato, Ilaria Palermo e Alessandra Luberti, andato in scena per Anteprimavera al Nuovo Teatro Montevergini nel Maggio 2008
Les fleurs interdites
Regia e coreografia Alessandra Luberti interpreti Daniela Donato, Ilaria Palermo, Davide De Lillis, Antonio Stella, Carlomauro Maggiore testo Alfredo Costa Monteiro, Claudio Collovà musiche t.b.a. immagini fotografiche Alessandro Giuliano video design Giuseppe Sciortino produzione Compagnia Esse p.a. con il sostegno di Officine Ouragan
“Non è spinto da brama né da espediente, è come l’erba e l’albero messere non corrotto, inventivo…..” (Ezra Pound)
“ Les fleurs interdites ” nasce da una riflessione sulla percezione rispetto al modo in cui le esperienze corporee e sensoriali prendono vita e quindi forma dinamica. A questa riflessione si sovrappone una visione, quella di un limbo totalmente immaginario, che conserva solo la sospensione del Limbo dantesco, ma non il contenuto. E’ in questo luogo frutto di una fantasia arbitraria, che l’esistenza è sospesa in un momento eterno, in cui affiorano sprazzi del proprio passaggio sulla terra, non sotto forma di azioni concrete o quotidiane, ma come stati fisici dell’essere. Scoprendo attraverso il corpo degli spazi inediti, interni e manifestabili ai sensi, si traccia un percorso che, attraverso stati fisici diversi e a volte contrapposti, permette il risveglio della percezione corporea in chi guarda. Le qualità sfuggenti di questi stati fisici, si esprimono in termini dinamici, cinetici come il fluttuare, lo svanire, il trascorrere, il crescere e il decrescere, attivando stati emotivi sottili. Associando luoghi del corpo, intesi non solo come spazi fisici, ma spazi percettivi e percepibili, a distese di fiori, emergono fugaci e quasi impalpabili impressioni interne. Questi Fiori vietati, così come annuncia il titolo del progetto generale, sono accessibili solo alla solitudine, nel senso che solo essa permette di attivare questi spazi percettivi e quest’area d’indagine presuppone un continuo rapporto con la morte, il passaggio per eccellenza. Il dialogo con essa è l’anima portante di tutto il mio lavoro, ciò che ad esso conferisce forza vitale. Questa fantasia su cosa si apre varcata la soglia della morte del corpo, accende la memoria di qualcosa di sconosciuto, di una dimensione altra in cui il ricordo di ciò che si è stati, si confonde con l’attesa e l’interrogativo di quello che sarà.
“ Spartite le acque del mio dolore, oggi come ieri senza misura, senza ascolto, io venni pecora nera carica di desideri in un deserto senza erba a morire. Furono anni quelli in cui il senso mi attanagliava la carne e la giovinezza era piena di rose entro cui sarei morta baciandomi l’ultimo sospiro. Amavo me stessa come l’unica corda, come un grande violino che non aveva un Dio, e mi fecero seppellire mani e piedi perché non lavorassi più la mia terra. Tornai indietro mille, duemila volte a trovare le tracce perdute della mia casa, dei quattro alberi che avevo piantato in onore dei figli. Nessuno credeva che io avessi un grande giardino.”
Alda Merini da L’anima innamorata
‘Vedo persone in bianco girare in tondo, persone dormire una sull’altra, distese di corpi, qualcuno porta in braccio un nuovo arrivato in questa sorta di Limbo sospeso, dove sono sospese le anime in un momento eterno, vedo affiorare sprazzi di cosa furono queste anime in vita, in uno dei loro tanti passaggi sulla terra.’
Dedico concentrate contemplazioni ai fiori, raccolgo fotografie del mutare delle loro forme e colori. Così attraverso fugaci e quasi impalpabili impressioni interne. Ho proiettato queste foto sul corpo scoprendo come esso, attraverso il movimento, anima nuovamente l’immagine fotografica, non solo, sparisce dentro di lei, ne diventa parte pur proiettandola fuori di essa come in un ologramma. In alcuni momenti sento nascere suggestioni emotive a cui non so dare nome, vengo affascinata dal divenire animale del corpo umano, mimetizzato nell’immagine, il suo perdere i connotati umani, dando alla sua forma a volte molto definita, a volte evanescente, il potere di aprire percezioni nascoste.
Fiori vietati, accessibili solo alla solitudine.
Fiori come spazi interiori, stati che concentrano l’essenza di uno dei tanti passaggi sulla terra, uno dei tanti modi di essere al mondo, di attraversare la vita, per questo passaggi, passaggi attraverso lo spazio-tempo della terra, alternati ad un tempo sospeso, eterno, che si ripete in un dramma astratto, apparentemente sempre uguale a se stesso, ma con variazioni accidentali, coincidenze, appuntamenti. Ipotizzo che ognuno passi per la vita più volte, che la esperisca in modi molto diversi, che porti dentro di sé echi dei passaggi precedenti, che ogni passaggio abbia un suo particolare sapore, che sia una esperienza unica e irripetibile, la cui essenza si concentra in un particolare fiore, colore, carattere, evidenziando ciò che risuona fra mondo organico, vegetale e umano. La visione iniziale, sempre poi così distante dal progetto concluso, pur essendone l’anima, si confronta concretamente con i corpi, con l’esperienza interiore individuale di ognuno di loro, che darà vita alla danza partendo da suggestioni interne, quasi impalpabili, destinate a scolpire piano piano lo spazio, a creare un mondo, prima inesistente, con la sua architettura mobile, che come appare svanisce.
Il progetto iniziato a Gennaio 2008 percorrerà alcune tappe intensive di lavoro per arrivare alla sua conclusione tra l’autunno del 2008 e l’inizio del 2009. |