Lo stage, dal titolo “Musica sufi ottomano-turca e flauto ney: pratica strumentale e valori culturali”, giunto alla sua seconda edizione dopo il fortunato esordio dello scorso anno, sarà ancora diretto da Stéphane Gallet, dell’associazione “Voix des Voies” di Parigi, insieme a Giovanni De Zorzi, che insegna flauto ney al Conservatorio “Arrigo Pedrollo” di Vicenza, assistiti dalla dottoressa Maria Giuliana Rizzuto.
Il corso terminerà sabato 25 ottobre con un concerto finale degli allievi nell’Aula Scarlatti del Conservatorio Bellini di Palermo, e culminerà, domenica 26 ottobre, in un concerto dei maestri Stéphane Gallet (flauto ney, voce, viella yailı tanbûr), Giovanni De Zorzi (flauto ney, voce) e Francesco Clera (percussioni) nella suggestiva cornice della Basilica di San Francesco d’Assisi. Nell’ambito dello stage è, inoltre, previsto un reading di poesia sufi, in programma al “Teatro delle Balate” all’Alberghieria.
Le iscrizioni sono già aperte e ci sarà tempo fino al 15 ottobre. La quota di iscrizione (simbolica) è di dieci euro. Ai partecipanti verrà rilasciato un attestato di frequenza che consente il riconoscimento come “Crediti Formativi Universitari”. Il corso avrà la durata di 30 ore. Per iscriversi, occorre chiamare il numero 091.586314 e recarsi nei locali dell’Officina di Studi medievali, in via del Parlamento 32, a Palermo (dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 12.30). Per informazioni, telefonare al numero 3270827691 o scrivere a mariagiuliana@yahoo.it.
Avviciniamoci a questo strumento insolito: il ney è uno strumento dal passato millenario divenuto nei secoli l’unico strumento a fiato adottato negli ensembles di musica classica persiana, araba e ottomano-turca. Dal IX d.C. il ney è uno tra i rari strumenti musicali impiegati nell’incontro cerimoniale sufi detto samâ‘, “ascolto, audizione”, nel corso del quale si ascoltano musica e poesia nell’intento di pervenire a particolari stati interiori, definibili come estasi o, più correttamente, enstasi. Dal XIII secolo il ney assume un particolare ruolo, musicale e simbolico, in seno alla confraternita sufi detta mevlevîye, più nota in occidente come confraternita dei “dervisci rotanti”, sorta sull’esempio del poeta sufi di lingua persiana Mevlâna Jalâl-ud-Dîn Rumî (Balkh, 1207-Konya, 1273). Per la mevlevîye il particolare samâ‘ che combina poesia, musica e “danza” divenne una pratica quasi quotidiana elaborata nei minimi dettagli. I tekke, “centri”, mevlevî divennero presto i conservatori e i centri letterari ed artistici dell’impero ottomano (1326-1922) e, nel tempo, si venne formando un notevole insieme di composizioni destinate al samâ‘ che vennero trascritte e transnotate, costituendo le prime testimonianze di scrittura musicale in area ottomana turca.
Ufficio stampa: Alberto Samonà - albertosamona@libero.it
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