Nel progetto dal titolo Affetto, di Federica Ferzoco, sono presentati diversi oggetti: un calco, il modello di un arredo domestico, un tavolo con dei disegni. Tutto è in mostra ed è legato da un comune denominatore che ne fa come reperti della scena di un evento delittuoso, del quale per altro l’osservatore stenta a comprendere la dinamica. Ed è questo il proposito dell’artista. Non le interessa, infatti, una ricostruzione oggettiva, ma semmai la messa in scena di relazioni, la rappresentazione di un contesto di rapporti, controversi e in cui una sottile violenza sia solo mood inapparente. Nella composizione della scena domestica due corpi, uno maschile e l’altro femminile, occupano uno spazio comune. Dalla disposizione sembrerebbero parte della stanza: sono corpi inanimati come il resto dell’arredo, sono soma, direbbero i greci, pura espressione corporea, calchi, infine. Sono il prodotto di un affetto, appunto, che tiene uniti, assimila e omogenea, senza riuscire a esaltare le individualità, sacrificando le persone in cambio di un’ideale. Per capire e illustrare il significato della scena Federica Ferzoco allestisce un suo tavolo anatomico, un piano sul quale però distende il disegno dell’organo che diciamo essere sede dell’affetto, il cuore. L’artista ne fa, sul tavolo e nelle trasparenze che allestisce per la mostra, una raffigurazione esatta, anatomica, che nell’aspirazione all’oggettività, rinnega ogni cedimento simbolico. Sembra quasi un pezzo di quella Fabrica di Vesalio, mirabilmente illustrata da Van Calcar.
Domenico Maria Papa
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