La galleria Glenda Cinquegrana: the Studio è lieta di presentare per l’occasione del Milano Photofestival 2014 la mostra personale del fotografo italiano Giovanni Guadagnoli, intitolata Mimesis: declinazione, che attraverso un percorso fatto di 12 lavori recenti racchiude la sua ricerca più recente dedicata al tema dei paesaggio.
Le immagini di Guadagnoli si confrontano con uno dei grandi temi della fotografia contemporanea, ovvero con l’antico pregiudizio caro alla cultura occidentale che l’immagine fotografica abbia la funzione di rappresentare la realtà. Le opere in mostra, che giocano con le prospettive più classiche della tradizionale fotografia di paesaggio, si confrontano con il tentativo di mimesis, svelandone tutta la fallacia e l’intrinseca contraddittorietà. Come scrive Gigliola Foschi nel testo di accompagnamento alla mostra, ciascuno scatto di Guadagnoli costituisce una messa in dubbio radicale della rappresentazione a partire dalla rappresentazione stessa, e della fotografia a partire dall’interno della fotografia stessa”, dove il meccanismo di rappresentazione è continuamente messo in uno stato di sospensione e di dubbio che trasforma le sue immagini in qualcosa di inquieto e affascinante, instabile e attraversato da una profondità inesauribile. I paesaggi di Guadagnoli, che pure sono realizzati attraverso la costante sovrapposizione di numerosissime immagini di paesaggio, altro non sono, prosegue la Foschi, che ultra-paesaggi, impossibilitati a rappresentare un luogo preciso, ma capaci di evocare lo spazio della natura. L’inganno dello scenario è costruito con immagini che assomigliano a fotografie post-pittorialiste, con tocchi di colore che si rifanno alla pittura impressionista, o che simulano un intervento manuale fatto con i pastelli a cera. L’impossibilità del rispecchiamento e della rappresentazione per il fotografo è il frutto non solo della difficoltà di pensare univocamente la ‘Natura’; ma questa è figlia del disagio concettuale dell’uomo contemporaneo nel sentirsi da questa accolto in termini di identificazione. In un momento storico come quello attuale, caratterizzato dall’allargamento della prospettiva spaziale e dalla progressiva dilatazione dell’orizzonte tecnologico, l’atteggiamento naturale del fotografo non può che essere improntato a un relativismo profondo. Alla luce di questa riflessione il fotografo riconsidera anche il concetto di uomo che, come dice Guadagnoli, è dato come imprevisto, discontinuità, presenza alienata; restituito nell’evanescenza di una forma precaria, fantasmatica; collage sospeso sull’ipotesi di una fusione con l’insieme sempre in fieri, mai definitiva, moncone di una memoria frammentaria e tuttavia necessaria. Di conseguenza i paesaggi di Guadagnoli appaiono come scenari affascinanti e misteriosi, nei quali la presenza dell’uomo è vista come fuggevole passaggio, pura visione destinata a perdersi. L’unico punto di riferimento per decifrare il mistero delle immagini sono notazioni scritte a mano, frammenti di testi che il fotografo ha inciso, quasi a volerci dare un ultimo appiglio prima di perderci. Queste sono tracce di diari e di memorie di uomini del passato, quasi a mostrare che se l’uomo è di passaggio qualche frammento di memoria è destinato a sopravvivere. Il fascino della fotografia di Guadagnoli, è tutto in questa visione, che libera dal riferimento alla realtà, altro non è che dilatazione di un’immensa dimensione interiore. |