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Comics - About Comics - Article | by SuccoAcido writing in Comics - About Comics on 24/03/2013 - Comments (1)
 
 
 
Marco Pinna

Nicola, R-Esistenza precaria. Perdere con stile contro il grande capitale. Una saga post-proletaria scritta, sceneggiata, disegnata e colorata da Marco Pinna.

 
 

SA: Ciao Marco, vorrei cominciare chiedendoti di Nicola, il protagonista del tuo libro. In un’epoca come la nostra dove i supereroi vincono sempre e seducono un pubblico sempre più superaddomesticato (o supersegaiolo), perché hai deciso di mettere in scena un’epopea operaia?
MP: Ciao Gianpiero, l’intento non era di sedurre il pubblico con una storia vincente. Volevo raccontare il grottesco della sconfitta odierna, quella sociale, e per di più cercando di schifare il lettore.

SA: Nicola è piaciuto molto ad Altan, che ha realizzato la prefazione del tuo libro affidandola alle parole del suo celebre personaggio-operaio Cipputi. Eppure, al di là delle affinità di classe, ho l’impressione che il Dna di Nicola sia molto diverso da quello di Cipputi e che per ritrovare le sue origini bisogna andare ancora più lontano, tra le storie della resistenza partigiana e quelle del ciclo dei vinti di Giovanni Verga. Dici che sono fuori strada?
MP: Nicola è un personaggio nato senza troppe premeditazioni, che io stesso continuo a conoscere episodio dopo episodio (in seguito al libro son state pubblicate altre storie per I Siciliani di Orioles e Il Male di Sparagna). Posso dirti che sicuramente qualcosa dei Malavoglia mi si è sedimentata dentro. Allo stesso modo provo ammirazione per il coraggio e la voglia di libertà espressi dalle tante storie di Resistenza. Certamente tutto questo può avere influito nel carattere del personaggio.

SA: L’interno fabbrica compare poco nel tuo fumetto. In realtà Nicola è il portatore di uno sguardo che non fa sconti su una condizione umana che riguarda tutti e che è rappresentata da tutto ciò che si muove fuori dalla fabbrica. Si parla di scuola, di famiglia, di corruzione, di mass media, di sanità di trasporti e di tanto altro. In Italia il punto di vista di un operaio negli ultimi decenni non ha trovato molto spazio sui giornali o nei dibattiti, laddove si cerca di indagare ed interpretare la contemporaneità. Eppure, Nicola è accusato dai figli di “vivere nel Medioevo”. Ma per te, cos’è esattamente il Medioevo? Tu, oggi, dov’è che lo ritrovi veramente?
MP: Su grandi giornali e TV il dibattito è affidato a qualche giornalista sapientone e un paio di politicanti di fazioni diverse. Giusto come contorno o stacchetto folkloristico appare il cosiddetto popolo, e magari messo in grembo addirittura a Beppe Grillo. A farsi coinvolgere da certe demenzialità si finisce per esaminare una verità di cartone. Per quanto riguarda il medioevo, è passato alla storia come un periodo in cui il sangue scorreva per le strade, intellettualmente buio, buissimo, per il dominio della morale corrotta. Vogliamo cercare qualche fattore comune con l’era moderna? Il sangue scorre anche oggi, ma almeno un po’ più in là, per esempio nei campi da cui vengono i nostri bei pomodori, o nelle fabbriche fatiscenti in cui vengono cuciti i nostri vestiti alla moda.
E per fortuna oggi il fondamentalismo si è spostato sul campo economico, dove stiamo tutti col collo sotto l’accetta del boia finanziario.
E poi abbiamo la tecnica dalla nostra parte, così possiamo nascondere in un computer tutto quello che ci distingue da un sasso!

SA: Proviamo ad immaginare come reagirebbe il segretario del più grande sindacato italiano, la Cgil di Susanna Camusso, alla lettura del tuo libro. A tuo avviso, prevarrebbe l’entusiasmo o l’imbarazzo?
MP: Dopo aver visto la Camusso sbracarsi dalle risate, a tavola pomposamente imbandita, insieme a Mario Monti (uno che alla Fiat di Pomigliano, da Marchionne, ha detto ‘‘questo è il modello che ho in mente per l’Italia’’), credo non possa imbarazzarla neanche girare un film con Tinto Brass. Forse potrebbe provare entusiasmo, ma proprio sfrenato, come quando proclama quattordici minuti di sciopero contro lo sfruttamento dei lavoratori.

SA: Il sottotitolo del libro recita: “Come perdere con stile contro il grande capitale”. In qualche modo vuoi anticipare ai lettori che questa è la storia di una sconfitta annunciata. Ma c’è un “ma”, una questione di “stile”, proprio quella parola che piacerebbe molto a Mario Monti. In che senso è possibile perdere con stile?
MP: Il sottotitolo è da attribuire a Carlo Gubitosa (editore del libro e co-autore degli episodi più recenti, dove Nicola combatte contro Monti e Fornero) che avendo visto il fumetto man mano che prendeva forma, ha finito anche per regalare qualche battuta ai personaggi. Lo stile con cui perde Nicola fa riferimento al fatto che non abbia proprio alzato bandiera bianca... Lo stile che più piace a Mario Monti è invece quello in cui chi perde non cerca di dimenarsi troppo.

SA: Tutta la storia è una “saga post-proletaria”. Significa che i proletari non esistono più o che, come nel caso di Nicola, la prole cioè i figli, non rappresentano più una speranza di riscatto ma una sorta di condanna all’accettazione dell’imbecillità e all’impossibilità di ribellarsi?
MP: I proletari esistono ancora, soltanto in modo diverso. All’inizio degli anni settanta le lotte operaie portarono alla conquista dello statuto dei lavoratori, ma oggi sembra che per la maggiore si cerchi di non farsi rubare le briciole. È raro sentire casi come quello degli operai Innse (Milano) che per mesi, senza percepire alcuno stipendio, hanno autogestito la produzione della loro fabbrica occupata (onorando tutte le commesse in barba al loro novello padrone, che voleva licenziare tutti per vendere i capannoni), riuscendo alla fine a trovare un altro compratore, impegnato a non chiudere la fabbrica, peraltro in piena salute economica fino ad allora.
Io stesso ho due bimbi, due e cinque anni, e per ora sono gli esempi più nitidi di ribellione che abbia davanti agli occhi... anche se magari possiamo riparlarne fra una dozzina d’anni... Certo, a volte mi chiedo cosa abbia sbagliato Nicola con la sua famiglia... spero di capirlo prima che sia troppo tardi!

SA: “La mafia è come la fame, non si discute”. Le zecche sono “gli assessori al pelo”. I crocifissi nelle scuole che crollano servono “soltanto per spaventare vampiri e comunisti”. “I peli superflui sono come i diritti dei lavoratori”. Il tuo libro è pieno di battute lapidarie, secche quanto un aforisma, mentre il tuo stile è volutamente sporco, lontano dal bel tratto talvolta asettico che esce da quelle scuole artistiche che ti compiaci di aver sempre disertato. Ripercorrendo la tua storia di vignettista e fumettista, qual è il percorso che ti porta a mettere insieme forma e sostanza?
MP: Beh, il tratto è sporco ma non so quanto volutamente, e visto che l’episodio in questione l’ho disegnato tre anni fa, oggi noto anche un po’ d’immaturità. Sicuramente tutto nasce dalla reazione diretta a certe notizie o situazioni, e visto che sono dipendente dal disegno fin da quando ero un bimbetto, mi viene naturale, anzi necessario, svilupparci una vignetta o un fumetto attorno.

SA: Se per un momento dovessi abbandonare il tuo ruolo di giovane operaio emigrato giovanissimo in Germania e di narratore e ti trovassi ad indossare la giacchetta di chi detiene il “grande capitale”, cosa ne penseresti della satira che si pubblica sui giornali in Italia? Ne avresti realmente fastidio o piuttosto la avvertiresti come un lieve solletico, talvolta piacevole? E in Germania funziona diversamente?
MP: Certo, a vedermi apparire in una scena grottesca come Mannelli a volte sa disegnare, mi farei un po’ schifo. Penso che la satira sia efficace quando svela al lettore qualcosa che non aveva preso in considerazione. Invece finché si limita a fare battute divertenti sulle caratteristiche del potente di turno, rimane una pippa tra amici. È anche socialmente utilissima la satira che non guarda ai potenti ma prende di mira noi sfigati qualunque.
In Germania il Titanic, il sedicente ‘‘mensile satirico definitivo’’, che campa dagli anni settanta in ottima salute, con migliaia di lettori e abbonati, quasi un’istituzione, che viene citato sui quotidiani per i suoi scherzi irriverenti, che lancia appelli per salvare i grandi giornali indebitati perché altrimenti avrebbero meno bersagli da prendere per il culo, si è beccato una querela da papa Ratzinger: jackpot!

SA: Questo è il tuo primo libro, ma ormai sono circa dieci anni o quasi che osservi dall’estero la vita politica e sociale del Belpaese con gli occhi della satira. Hai collaborato dal 2005 con Pizzino, per poi continuare con Emme de L’Unità, con Mamma, con Il Male di Sparagna, con mostre ad hoc e pubblicazioni sul web. Credi che mettendo assieme il panorama editoriale satirico di questi anni si possa ripercorrere la storia dei cambiamenti (e degli immobilismi) di questo Paese? Sono andati di pari passo o una delle due è andata più velocemente?
MP: Credo siano andati di pari passo, ma come dicevo prima, forse si è guardato un po’ troppo poco a noi stessi.

SA: “I have a dream!” era soltanto un’allucinazione?
MP: Specialmente di questi tempi, per sognare, molti hanno bisogno di un aiutino...

 


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Bibliography, links, notes:

Pen: Gianpiero Caldarella

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www.mamma.am/nicola
www.mamma.am/governoladro

 

 
 
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  Cool
  posted by Nessun untente on 10/07/2015 16:57:52
 
Grazie per il bene writeup. E ', infatti, è stato un divertimento conto esso. Guardate avanzato lontano aggiunto gradevole da voi! A proposito, come potremmo comunicare?
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