«Salvare la Grecia, l’euro e l’Europa» sono quelle che Max Otte definisce le tre menzogne politiche nel pamphlet Fermate l’eurodisastro! (Chiarelettere, 2011).
Far comprendere chi approfitta veramente della crisi finanziaria e dare un nome agli errori del sistema sono gli obiettivi cui mira la trattazione, svolta con un linguaggio agevole anche per chi non è specialista, perché l’opposizione comincia con la conoscenza e dalla conoscenza nascono opposizione, impegno, cambiamento.
Ecco che allora Otte, professore all’Università di Graz e direttore dell’Ifve, nonché gestore indipendente di fondi d’investimento e direttore del Centro per il Value Investing, chiarisce il fatto, nudo e crudo: non ci troviamo nel bel mezzo di «una crisi dell’euro», bensì di una crisi bancaria.
I beneficiari dei 110 miliardi di euro, messi a disposizione come pacchetto di salvataggio dal Fondo monetario internazionale e come prestiti bilaterali, non sono stati né i cittadini greci né quelli dei paesi creditori, tra i quali la Germania, ma unicamente i membri di quella che l’economista chiama, riutilizzando una definizione coniata nel 1913 dal giudice costituzionale Louis Brandeis, l’oligarchia finanziaria, cui la politica si è volontariamente sottomessa. Di questa super-casta fanno parte banche d’investimento, hedge funds, banche ombra, agenzie di raiting e altri operatori finanziari che, con la compiacenza dei governi, hanno operato in maniera poco trasparente, invadendo il settore delle banche commerciali e danneggiando l’economia reale.
L’oligarchia finanziaria è […] riuscita a fare in modo che le banche d’investimento e le società che fanno speculazione possano investire con denaro altrui anche se dispongono di un capitale proprio minimo. Tutto ciò è stato confezionato ben bene a livello legislativo grazie a lobbisti e politici remissivi.
Se lo sviluppo di tali distorsioni risale, secondo Otte, al periodo tra l’introduzione dell’euro e l’inizio della crisi, la crisi dell’euro a sua volta è considerata il risultato, peraltro prevedibile, dell’errata unione monetaria tra paesi molto diversi.
Per creare una valuta unica è necessario uno spazio economico omogeneo così come la libertà di movimento di merci, capitale e lavoro. L’Unione europea non ha mai avuto queste caratteristiche: le sue economie nazionali sono molto diverse tra loro. Quindi non c’erano le condizioni per creare la moneta unica.
Senza contare che, per la loro economia corrotta e l’alto tasso di evasione fiscale, paesi come la Grecia non avrebbero mai dovuto essere ammessi nell’area dell’euro.
Contro lo strapotere dei grandi gruppi bancari d’investimento, Otte sprona i lettori a diventare “capitalisti del popolo”, mettendo il proprio denaro in una banca cooperativa e comprando titoli di solide aziende tedesche ed europee. Per tornare alla libera economia di mercato e arginare l’eurodisastro, inoltre, l’economista sostiene la via delle riforme, poche ma radicali, e prende le distanze dalla soluzione della rivoluzione violenta. Del resto l’oligarchia non ha un piano occulto per dominare il mondo, difende semplicemente i propri interessi. A ogni costo.
Sulla questione della Grecia e degli altri paesi debitori, Irlanda, Portogallo e Spagna, Otte interviene suggerendo la riduzione del debito attraverso una bancarotta pilotata, la soluzione migliore per tutti, tranne che per gli speculatori, e rimprovera ad Angela Merkel di aver fatto marcia indietro sulla proposta da lei stessa avanzata nel maggio 2010, cioè quella di stabilire le regole generali da applicare nel caso di insolvenza di uno Stato: E così vennero concessi nuovi crediti e garanzie alla Grecia da parte della Ue, del Fondo monetario internazionale e dei paesi forti dell’Unione europea affinché quello Stato di fatto insolvente potesse continuare a pagare gli interessi sui suoi debiti alle banche e alle società dei servizi finanziari.
Altrettanto duro è il giudizio sugli USA, cui farebbero comodo le difficoltà dell’eurozona in quanto il dollaro non è più forte come un tempo nel suo ruolo di valuta di riserva internazionale.
Eurodisastro, dunque, come forma della più generale crisi finanziaria europea, che Otte analizza sottolineando il legame di causa-effetto tra la finanza mondiale e la crisi dell’euro. I limiti della sua argomentazione appaiono quando l’economista distingue nettamente, nell’ambito della finanza ad alto rischio, le banche d’affari dalle casse di risparmio, banche popolari e casse rurali, che rappresenterebbero una spina nel fianco degli speculatori, o quando considera l’abbandono dell’area dell’euro da parte di Grecia, Spagna, Irlanda e Portogallo come l’unica via d’uscita credibile alla spirale del debito.
Nella postfazione al breve saggio, Francesco Daveri ripercorre le fasi essenziali della crisi, mettendo in discussione alcune delle soluzioni consigliate da Max Otte con l’analisi delle loro conseguenze, e dedica una riflessione al contributo dell’Italia ad affossare l’Europa: […] le tre manovre dell’estate 2011 hanno «riportato i conti in sicurezza» (parole del ministro dell’Economia) agendo soprattutto dal lato delle entrate. Come in passato. Ma il passato insegna anche che chiudere i deficit aumentando le tasse finisce per solleticare l’appetito dei politici ad aumentare di nuovo la spesa pubblica alla prima occasione. […] Una manovra incentrata sui tagli di spesa sarebbe stata altrettanto dolorosa per il paese, ma almeno avrebbe avuto la ragionevole speranza di essere meno temporanea. E avrebbe dato un contributo a risollevare le sorti dell’euro.