“La catastrofe della liberazione” da Herbert Marcuse, “L’uomo a una dimensione. L’ideologia della società industriale avanzata”.
“L’attualità di L'uomo a una dimensione non è soltanto legata al persistere delle stesse distorsioni, nelle società industriali avanzate, che il suo autore intravvide all’epoca con lucidità. È la storia più recente che si è incaricata di restituire al libro una inquietante presa diretta” (Luciano Gallino).
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“The Catastrophe of Liberation”
“The Catastrophe of Liberation” by Herbert Marcuse, “One-Dimensional Man: Studies in the Ideology of Advanced Industrial Society”.
“One-Dimensional Man is an important work of critical social theory that continues to be relevant today as the forces of domination that Marcuse dissected have become even stronger and more prevalent in the years since he wrote the book” (Douglas Kellner)
All joy and all happiness derive from the ability to transcend Nature – a transcendence in which the mastery of Nature is itself subordinated to liberation and pacification of existence. All tranquillity, all delight is the result and of conscious mediation, of autonomy and contradiction. Glorification of the natural is part of the ideology which protects an unnatural society in its struggle against liberation. The defamation of birth control is a striking example. In some backward areas of the world, it is also “natural” that black races are inferior to white, and that the dogs get the hindmost, and that business must be. It is also natural that big fish eat little fish – though it may not seem natural to the little fish. Civilization produces the means for freeing Nature from its own brutality, its own insufficiency, its own blindness, by virtue of the cognitive and transforming power of Reason. And Reason can fulfill this function only as post-technological rationality, in which technics is itself the instrumentality of pacification, organon of the “art of life”. The function of Reason then converges with the function of Art.
The Greek notion of the affinity between art and technics may serve as a preliminary illustration. The artist possesses the ideas which, as final causes, guide the construction of certain things – just as the engineer possesses the ideas which guide, as final causes, the construction of a machine. For example, the idea of an abode for human beings determines the architect’s construction of a house; the idea of wholesale nuclear explosion determines the construction of the apparatus which is to serve this purpose. Emphasis on the essential relation between art and technics points up the specific rationality of art.
Like technology, art creates another universe of thought and practice against and within the existing one. But in contrast to the technical universe, the artistic universe is one of illusion, semblance, Schein. However, this semblance is resemblance to a reality which exists as the threat and promise of the established one. In various forms of mask and silence, the artistic universe is organized by the images of life without fear – in mask and silence because art is without power to bring about this life, and even without power to represent it adequately. Still, the powerless, illusory truth of art (which has never been more powerless and more illusory than today, when it has become an omnipresent ingredient of the administered society) testifies to the validity of its images. The more blatantly irrational the society becomes, the greater the rationality of the artistic universe.
[…] The rationality of art, its ability to “project” existence, to define yet unrealized possibilities could then be envisaged as validated by and functioning in the scientific-technological transformation of the world. Rather than being the handmaiden of the established apparatus, beautifying its business and its misery, art would become a technique for destroying this business and this misery.
The technological rationality of art seems to be characterized by an aesthetic “reduction”:
“Art is able to reduce the apparatus which the external appearance requires in order to preserve itself – reduction to the limits in which the external may become the manifestation of spirit and freedom”.
According to Hegel, art reduces the immediate contingency in which an object (or a totality of objects) exists, to a state which the object takes on the form and quality of freedom.
Such transformation is reduction because the contingent situation suffers requirements which are external, and which stand in the way of its free realization. These requirements constitute an “apparatus” inasmuch as they are not merely natural but rather subject to free, rational change and development. Thus, the artistic transformation violates the natural object, but the violated is itself oppressive; thus the aesthetic transformation is liberation.
The aesthetic reduction appears in the technological transformation of Nature where and if it succeeds in linking mastery and liberation, directing mastery toward liberation. In this case, the conquest of Nature reduces the blindness, ferocity, and fertility of Nature – which implies reducing the ferocity of man against Nature. Cultivation of the soil is qualitatively different from destruction of the soil, extraction of natural resources from wasteful exploitation, clearing of forests from wholesale deforestation. Poverty, disease, and cancerous growth are natural as well as human ills – their reduction and removal is liberation of life. Civilization has achieved this “other”, liberating transformation in its gardens and parks and reservations. But outside these small, protected areas, it has treated Nature as it has treated man – as an instrument of destructive productivity.
La catastrofe della liberazione
“La catastrofe della liberazione” da Herbert Marcuse, “L’uomo a una dimensione. L’ideologia della società industriale avanzata”.
“L’attualità di L'uomo a una dimensione non è soltanto legata al persistere delle stesse distorsioni, nelle società industriali avanzate, che il suo autore intravvide all’epoca con lucidità. È la storia più recente che si è incaricata di restituire al libro una inquietante presa diretta” (Luciano Gallino).
Ogni gioia, ogni felicità derivano dall’abilità di trascendere la Natura, trascendenza in cui il dominio della Natura viene pur esso subordinato alla liberazione e alla pacificazione dell’esistenza. Ogni serenità, ogni piacere risulta da una mediazione conscia, dall’autonomia e dalla contraddizione. La glorificazione del naturale fa parte dell’ideologia che protegge una società innaturale nella sua lotta contro la liberazione. La diffamazione del controllo delle nascite è un esempio lampante. In alcune aree arretrate del mondo, è anche «naturale» che le razze negre siano inferiori alle bianche, e che i cani abbiano gli avanzi, e che gli affari vadano avanti. È anche naturale che i pesci grossi mangino i pesci piccoli - benché ciò non sembri forse naturale ai pesci piccoli. La civiltà produce i mezzi per liberare la Natura dalla sua brutalità, dalla sua insufficienza, dalla sua cecità, in virtù del potere conoscitivo e trasformatore della Ragione. E la Ragione può assolvere a questa funzione solo come razionalità postecnologica, in cui la tecnica è essa stessa lo strumento della pacificazione, organo dell’«arte di vivere». La funzione della Ragione converge quindi con la funzione dell’Arte.
Il concetto greco dell’affinità tra arte e tecnica può servire come illustrazione preliminare. L’artista alberga idee che, come cause finali, guidano la costruzione di certe cose - proprio come l’ingegnere alberga le idee che guidano, come cause finali, la costruzione d’una macchina. Per esempio, l’idea di una abitazione per esseri umani determina da parte dell’architetto la costruzione di una casa, l’idea di una grossa esplosione nucleare determina la costruzione di un apparato che serva a questo scopo. L’accento sulla relazione essenziale tra arte e tecnica fa rilevare la razionalità specifica dell’arte.
Come la tecnologia, l’arte crea un altro universo di pensiero e di pratica contro ed entro quello che esiste. Ma a differenza dell’universo tecnico, quello artistico è un universo di illusione, apparenza, Schein. Codesta apparenza, tuttavia, somiglia ad una realtà che esiste come minaccia e promessa della realtà stabilita. Sotto forme diverse di maschera e di silenzio, l’universo artistico è organizzato dalle immagini d’una vita senza paura — mascherate e silenziose perché l’arte non ha il potere di produrre questa vita, e neppure quello di rappresentarla adeguatamente. Pure, la verità impotente ed illusoria dell’arte (che non è mai stata più impotente e illusoria di oggi, quando è diventata una componente onnipresente della società amministrata) attesta la validità delle sue immagini. Più clamorosamente irrazionale diventa la società, maggiore si fa la razionalità dell’universo artistico.
[…] Si potrebbe quindi dire che la razionalità dell’arte, la sua abilità di «progettare» l’esistenza, di definire possibilità non ancora realizzate, sono rese valide e operanti nella trasformazione scientifico-tecnologica del mondo. Piuttosto di essere l’ancella dell’apparato in essere, che ne abbellisce i traffici e la miseria, l’arte diverrebbe una tecnica per distruggere gli uni e l’altra.
La razionalità tecnologica dell’arte sembra essere caratterizzata da una «riduzione» estetica:
“L’arte è capace di ridurre l’apparato che l’apparenza esterna richiede al fine di preservare se stessa - di ridurlo ai limiti in cui l’esterno può diventare una manifestazione dello spirito e della libertà”.
Secondo Hegel, l’arte riduce la contingenza immediata, in cui un oggetto (o una totalità di oggetti) esiste, ad uno stato in cui l’oggetto assume la forma e la qualità della libertà. Tale trasformazione ha carattere riduttivo perché la situazione contingente sopporta requisiti che sono esterni, e che si oppongono alla sua libera realizzazione. Questi requisiti costituiscono un «apparato» giacché essi non sono puramente naturali, ma son piuttosto soggetti a mutare ed a svilupparsi in modo libero e razionale. La trasformazione artistica viola così l’oggetto naturale, ma l’oggetto violato è pur esso oppressivo; perciò la trasformazione estetica è una liberazione.
La riduzione estetica appare nella trasformazione tecnologica della Natura se e quando riesce a collegare dominio e liberazione, a dirigere il dominio verso la liberazione. In questo caso la conquista della Natura riduce la cecità, la ferocia e la fertilità della Natura - il che implica ridurre la ferocia dell’uomo contro la Natura. La coltivazione del suolo è cosa qualitativamente diversa dalla distruzione del suolo, l’estrazione delle risorse naturali è cosa diversa dal loro sfruttamento dissipatorio, lo sfoltimento delle foreste non vuol dire disboscamento indiscriminato. La povertà, la malattia e la crescita cancerosa sono mali naturali e tuttavia umani — ridurli ed eliminarli significa liberare la vita. La civiltà ha già posto in opera quest’«altra» trasformazione liberatrice nei suoi giardini e nei parchi e nelle riserve. Ma al di fuori di queste piccole aree protette ha trattato la Natura come ha trattato l’uomo — come uno strumento di produttività distruttiva.
Herbert Marcuse, “One-Dimensional Man: Studies in the Ideology of Advanced Industrial Society”, chap. 9 “The Catastrophe of Liberation” (Boston MA: Beacon Press, 1964).
Herbert Marcuse, “L’uomo a una dimensione. L’ideologia della società industriale avanzata”, cap.9 “La catastrofe della liberazione”, EINAUDI 1967.
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