Che gran scassamento di minchia ‘sti appelli.
Sempre appelli, appelli da tutta la vita. All’asilo, mi ricordo, il mio primo appello: il pianto che mi sono fatto che ancora la maestra Sessa e la bidella Benedetta se lo ricordano dopo 30 anni.
E certo si, psicologicamente l’appello è pesante. Alle elementari, mi ricordo, che stringevo i pugni e mi facevo sempre più curvo mano a mano che l’appello scorreva per avvicinarsi a “Di Dia”. “Di Dia” e balbettando “presente” scaricavo anche un piritino silenzioso che stonava il mio compagno di banco Occorso.
Alle medie, ricordo, l’appello diventò piacevole. Adolescenza e gli ormoni sviluppano facendoti capire certe cosette. Così “D’Addelfio” che veniva subito prima di “Di Dia” era il nuovo metallo che attraeva l’ansia: bellissima D’Addelfio!…
Alle superiori, ricordo, l’appello diventava routine quotidiana ma sempre ansia dava se era la prof.ssa di geografia Giuliano a chiamarlo e lì tornavo all’asilo. All’università, ricordo, c’erano pochi appelli e mi mancava quell’ansia dell’attesa, quel sentirmi cercato, sotto un mirino… e il risultato si è visto.
L’appello serve ogni tanto picciotti! Per l’ansia personalmente vissuta vi abbiamo voluto risparmiare un vero appello con tutti i nomi dei presenti e assenti, ma ci piacerebbe davvero riuscire un po’ a proiettarvi ancora tra i banchi di scuola con quella certa ansia dell’attesa che, ci auguriamo, non venga mai a potervi venire a mancare.
Più mafioso che mai, contro tutte le mafie...
Marc De Dieux
SULLE SORTI DI SUCCOACIDO: APPELLO ALL’UNDERGROUND ITALIANO settembre 2002
Dopo 10 numeri e 20 mesi di presenza nei luoghi più vari e disparati della cultura sotterranea italiana (negozi di dischi, centri sociali, teatri, labels, scuole d’arte e molto altro…), di tirature sempre crescenti e di successo impensato su tutta la penisola, abbiamo avuto la malsana idea – ahinoi - che i lettori più affezionati avrebbero gradito un piccolo sunto della nostra attività, dei nostri dubbi, e – perché no - dei nostri tantissimi problemi. O meglio, semplicemente qualche chiarimento. Riguardo a cosa? Più che altro riguardo ad alcuni “luoghi comuni” nati intorno alla nostra fanzine, e che proprio su queste pagine ci piacerebbe - una volta per tutte - chiarire. Il punto è che durante questi due anni, accanto a complimenti di ogni sorta (e piovuti da ogni dove: pensate a Berlino, che non è proprio dietro l’angolo…) ci sono giunte voci e dicerie poco rassicuranti, chiaro segno di misunderstanding radicale dei nostri obiettivi e delle nostre idee: che la nostra fanzine non troverà mai sbocchi futuri, in quanto in Italia ci sono già riviste competenti e specializzate (Blow Up su tutte); che l’idea di mettere in comunicazione musica e teatro è vecchia come il mondo, e che crediamo quindi di aver inventato chissà che; oppure che siamo bravi scrittori ma non grandi critici, che la nostra scrittura non è “ professionale”, che non siamo credibili, e via dicendo.
Procediamo con ordine. Chi ci paragona a Blow Up, o pensa che il nostro obiettivo sia quello di diventare una rivista semi-enciclopedica, professionale, venduta in edicola e letta da quella stessa schiera di “musicologi” - interessati soltanto ad uscite più o meno specializzate - sbaglia di grosso. Siamo esseri umani, è vero, e il più delle volte ragioniamo secondo modelli pre-esistenti, schemi pre-costituiti. Il più delle volte, soprattutto, ci fermiamo lì, forse demotivati da un sistema tardo e reazionario come quello “culturale” di questa nostra penisoletta di periferia. Tali modelli (in questo caso le riviste di musica, così come sono in Italia oggi) non fanno che accecare/azzerare la nostra fantasia/creatività, riportando le nostre valutazioni e le nostre ipotesi dal campo delle possibilità allo status quo di un presente immutabile, o al massimo meccanicamente ripetibile. Per questo si pensa alla nostra fanzine come a un’aspirante Blow Up, o a un nuovo Rumore. Noi di Succoacido, però, ci siamo messi in testa di creare un modello nuovo, alternativo (nel vero senso del termine), una fanzine ben confezionata, distribuita radicalmente non solo in Italia, ma anche in Europa (come già accade, e in futuro chissà…), capace di arrivare nei teatri e nei negozi di dischi invece che nelle edicole, diventando un medium, una tempesta di simboli onnipresente (poiché gratuita), in grado di presentare ad un determinato settore della società italiana - onnivoro di culture e aperto a qualsiasi stimolo - una serie di realtà che proprio a lei si rivolgono, che la cercano, senza trovarla, proprio per la mancanza di comunicazione tra questi mondi così distanti e separati. Il nostro obiettivo (poiché senza obiettivi è facile ritrovarsi disuniti, distanti, svogliati) è quello di ampliare il bacino d’utenza di arte, musica e teatro. Chi abbia dato un’occhiata ai materiali trattati, ovvero teatro e musica tra gli articoli, e arti visive per quel che riguarda l’art-work, avrà capito da sé che il Succo non c’entra praticamente nulla né con Blow Up, né con Rumore, né con qualsiasi altra pubblicazione musicale o teatrale (fanzine comprese) presente oggi in Italia. Basti pensare al fatto che negli ultimi numeri non abbiamo pubblicato su carta le recensioni dei dischi. Il perché a questo punto potrete capirlo da voi.
Attenzione però. Mettere in comunicazione questi mondi separati - e il più delle volte chiusi - non è un intento rivoluzionario-missionario, o un buon pensiero di cui farci belli. Semplicemente una necessità, non solo nostra – attenzione – ma ancor più delle case discografiche e dei musicisti più creativi, che vedono le loro vendite in calo vertiginoso; e di quei teatranti che aspirano ad un pubblico nuovo senza trovare risposta, e ancora di quegli artisti che cercano insistentemente nuovi stimoli e nuove collaborazioni. Vi prego di non venirmi a dire che questi mondi interagiscono già a perfezione: tra gli stessi articolisti c’era chi guardava di cattivo occhio il teatro e le arti grafiche, e viceversa… chissà quanti tra il pubblico. Prendendo coscienza di questo stato di cose, ci proponiamo – in tutta umiltà – di offrire un prezioso aiuto a tutte queste diverse realtà.
Manca ora la questione più importante. Il nostro futuro. In precedenza s’è parlato del progetto di allargare il bacino di utenza (musicale o teatrale che sia). Su quest’idea vive Succoacido, lungo questa linea continuano i nostri sacrifici (economici soprattutto) per farci sentire ovunque, per produrre un inebriante e ottimo rumore. Per ora non c’è venuto in tasca nulla, e supponiamo che mai ci verrà in tasca qualcosa. Solo che se si continua di questo passo sarà letteralmente impossibile sopravvivere nell’underground, tanto che rischiamo di chiudere i battenti entro qualche mese. Saremo espliciti: il Succo non è e probabilmente non sarà mai a pagamento, proprio per la natura di ‘medium’ che sin dalla nascita si è imposto. La vita e il successo di Succoacido sono quindi nelle mani di distributori, negozi di dischi e compagnie teatrali, che sostenendoci in modo più massiccio riuscirebbero a riempire tutte quelle pagine di pubblicità che ci garantirebbero – non una lira di più – un’adeguata copertura delle spese. Il tutto, per i motivi sopra elencati, sarebbe anche – soprattutto - a loro vantaggio.
Un buon investimento quindi, né più né meno.*
Riguardo alle (pochissime a dire il vero) accuse di scarsa professionalità, di poca attendibilità e di scrittura troppo “naif”… mi chiedo perché l’essere “credibili” debba sempre coincidere con l’essere seri, banali oltre misura. Sappiate allora che a noi piace essere “incredibili”, in tutti i sensi. Non rimproverateci dunque un po’ di mancanza di “spessore”, come direbbero alcuni, null’altro che distacco, a-sessualità critica. A volte mi chiedo perché ancora i nostri intelletti non riescano a riconoscere il buono dall’errato, il bello dal mediocre, allontanandosi dai preconcetti del serio e del faceto, di un pallido professionale opposto a questo stile sorridente sognante (quando è poi in una risata - scritta o urlata che sia - che più che altrove si celano i nostri sogni, le nostre paure, i nostri pensieri più autentici). Mi chiedo perché in una realtà come quella dell’Italia presente si resti attaccati ad un pessimismo cosmico che ci fa venire un latte alle ginocchia che nemmeno un camion di mucche. Il mio motto è questo: più le cose vanno male più una grattata ci farà spulciare. L’altro giorno ho riletto l’intervista ai Final Kazz, scritta da Aldo Spavaldo: ho riso per ore, non la cambierei con nessuna cosa scritta al mondo. E’ questo il motivo per cui alla prima riunione di Succoacido il nostro team – in un gran momento di crisi - si è riempito la pancia di sfincione e cassatelle, milze e panelle, solleticandosi vicendevolmente senza pensare a qualsiasi questione qualsiasi. Con Succoacido vorremmo regalarvi, oltre ad una buona fanzine, anche una bellissima pancia stra-piena di tutto (musica, cibo, sesso, libri e teatri, e tante altre delle cose del mondo), un manuale gastronomico per i vostri cervellini insaziabili e per occhi e orecchiette divoratrici e golose. Insomma, picciottazzi, leggete, godete e ingrassatevene lieti. Noi a questo punto non possiamo più mentirvi: la nostra missione è il vostro sorriso.
* un ringraziamento speciale in questo senso va ad Audioglobe, Bar La Muerte, Demos, Loretta, Materiali Sonori, Uptones, Zo, Wallace e White’n’Black.
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De Dieux /\ SuccoAcido