Dimenticare per non sclerotizzare!
"Il sole sorge ancora" dell’ex attore Jiang Wen, presentato a Venezia lo scorso anno, irrompe nella rassegna del Palazzo delle Esposizioni come una scintillante esplosione di fuochi d’artificio che apparentemente confonde, ma che sedimentando lascia incredibili e necessari chiavi di lettura del nostro comune vivere e della Cina contemporanea a partire da una particolare analisi del significato della “rivoluzione culturale” avvenuta in Cina.
Taiyang zhaochang shenqi (Il sole sorge ancora) 2007 di Jiang Wen durata 116’ Cast: Joan Chen, Zhou Yun, Anthony Wong, Cui Jian, Kong Yishan, JayCee Chan Produzione: EmperorMotionPicture, Beijing Taihe Film Ltd., Beijing Buyilehu Film Ltd.
Il film, ben costruito, è strutturato sull’intreccio di quattro storie girate con abili movimenti di macchina che raccontano e immaginano episodi di vita in differenti e opposti territori naturali, riuniti da una visione magica e visionaria per meglio indagare il senso profondo dell’esistenza di fronte agli impacciati tentativi di ogni essere umano.
Una fotografia dai colori saturi e ben contrastati ci racconta storie labili, magiche, irrisolte, ma legate tra loro da personaggi veri che sembrano vagare nel tempo e nello spazio, dal deserto dei Gobi allo Shangri-là nello Yunnan. Così un ragazzo che nella prima storia del film combatte con una madre impazzita per aver perduto le proprie scarpe, nel terzo episodio diviene allievo di un professore alle prese con una surreale accusa per molestia sessuale, tranquilli…nel finale tutto pare collegato da un poetico treno su rotaie fiorite, pronto ad accolgliere figli di rapporti fugaci e dimenticati!
A questo punto, usciti dalla sala con un vortice d’immagini al ritmo di musica balcanica nella testa torna il senso delle parole pronunciate dalla madre al figlio che le chiedeva del padre sparito. Guardando una foto dove il padre del ragazzo è senza volto, la madre propone al figlio di immaginare la faccia del padre sottraendo la sua, quella della madre che, li presente, gli consiglia di non temere la “dimenticanza”, ma di farne un antidoto (forse troppo “orientale” per la nostra educazione) contro l’invecchiamento celebrale, la memoria arrugginita che non consente nuove forme di conoscenza e di linguaggi personali.
Così si chiarisce la presunta pazzia di una madre che semplicemente tornava a vivere allontanando un passato magicamente rappresentato da un pappagallo che la insegue ripetendo “lo so, lo so”, e l’assurda accusa di molestia sessuale imputata ad incredulo professore. Il poetico e magico film di Wen è metaforicamente un duro atto d’accusa contro le sovrastrutture sclerotizzate ed annichilenti della “rivoluzione culturale” ed un invito ad una individuale “rigenerazione” per tutti!
Ricordate di dimenticare!
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