Arte, libri, cinema, storia, psicologia, informatica, politica estera, sociologia, musica classica e non, geografia... che sono, le materie di qualche liceo o università? Sì certo, e il bello è che il nostro le tratta TUTTE. E in modo enciclopedico. Come farà (faranno?) se lo chiedono in tanti. Le sue enciclopedie della Storia del Rock, opera immane, tanto approssimativa - a tratti - quanto visionaria, sublime e rivelatrice, hanno influenzato tutti coloro che in Italia sprecano inchiostro per raccontarvi dischi volanti e band sotterranee. Il suo sito poi è un dizionario totale e globale (ma per davvero) in cui la scienza si mostra come opera d'arte mostruosa e annichilente, in cui il (non)sapere universale è la pappa dello Scaruffi, che tra la distruzione di Gerusalemme e l'11 settembre (il giorno dopo dichiarava: L'America non è in guerra) ce ne fa vedere di tutti i colori... Dopo il redattore dei redattori, Stefano Isidoro Bianchi, ecco l'onnisciente pioniere del giornalismo via internet (era il 1985!): un'altra icona ispiratrice nella nostra avventura nel post-giornalismo (ma sì, ficchiamocelo un po’ ovunque sto benedetto 'post'). Post-fricchetoni e post-fricchetone, ecco a voi la post-intervista post-post con il post-lui, ovvero il tuttologo, Piero Scaruffi.
SA: Beh Piero, la prima domanda è scontata - non solo ma è una domanda che circola sulle bocche di molti anche al di fuori di questa intervista: sei veramente TU e solamente TU che ti occupi di tutto ciò che sta sul tuo sito? Tutte le tue enciclopedie (rock, cinema, addirittura un saggio sociologico sull'America contemporanea, e altro) e tutte le sezioni del tuo sito (psicologia cognitiva, arte, viaggi, informatica...) sono scritte completamente di tuo pugno?
S: E` come chiedere a Hitchcock chi e` l'assassino... :-)
SA: Veniamo alle recensioni. Negli ultimi 2 anni i voti sono notevolmente calati...
S: Non sono d'accordo. Non mi sembra. Anzi. Guarda i voti degli anni '60: www.scaruffi.com/ratings/1960.html. In certi anni non c'e` nessun 7.
SA: So però che hai ricevuto alcune mail dai lettori che te l'hanno fatto notare, e che hai risposto dicendo che sono semmai le altre riviste che danno voti troppo alti, perché coi dischi rock che ci sono in circolazione le sufficienze dovrebbero essere sempre più rare.
S: Semplicemente diamo un significato diverso a quei numeri. Per me "8" significa che quel disco lo devi comprare subito. Chi da` dieci "8" al mese ovviamente assume un significato diverso. Basta mettersi d'accordo sui termini. "Cara" in spagnolo significa "faccia" e in italiano significa "querida". Stessa parola, ma significati diversi.
SA: A mio avviso il 2001 è stato invece un anno carico di grandi sorprese e ottimi lavori in ambito rock. Perché trovi 'brutti' la maggior parte dei dischi attuali, mentre allo stesso tempo altri sostengono che per il rock questo sia un periodo fertilissimo?
S: Mi baso su cio` che ascolto... A me proprio non sembra. D'altronde non vedo idee nuove in giro. La situazione mi sembra molto simile a quella dei primi anni '60, dei primi anni '70, dei primi anni '80 e dei primi anni '90, facenti seguito a periodi molto creativi. Che il rock abbia un ciclo decennale? L'anno scorso i dischi che mi sono piaciuti di piu` non erano in realta` rock (ed erano quasi tutti strumentali). Quest'anno mi sembra anche peggio. Soprattutto mancano le idee. Ci sono dischi che vengono bene perché ormai anche un terzino della serie C puo` fare un bel disco, con tutti gli arsenali di studio e i produttori smaliziati che ci sono in circolazione. Le idee, purtroppo, e` piu` difficile fabbricarle in studio.
SA: Alcuni paragrafi della tua Enciclopedia del Rock sono punti fermi per molti critici, nonché alcune delle pagine più belle scritte sulla musica rock.
S: Non sono d'accordo. Io di musica non ho mai capito nulla. Ho capito molto bene, secondo me, soltanto i meccanismi che stanno dietro alla musica rock, anzi che stanno dietro alla "storia della musica rock", per essere precisi. Banalmente, i meccanismi per cui un genere o un complesso diventa celebre e "influenza" altri complessi, i meccanismi delle grandi case discografiche, delle classifiche di vendita, etc, tutte cose che in altri generi musicali non esistevano o erano secondari (neanche il jazzista piu` incallito sa dirti se Armstrong, Ellington, Davis arrivarono al primo posto delle classifiche di vendita o meno). La musica rock si porta dietro un bagaglio sociologico ed economico che e` quasi sempre preminente rispetto al fatto musicale. La storia della musica rock e` tutto fuorché (quasi) una storia della musica.
SA: Beh ti chiedo umilmente: puoi svelare allo staff di Succoacido il segreto della 'recensione perfetta'? :-)
S: Il silenzio. Ascolta il disco in silenzio. Tendiamo sempre ad ascoltare musica popolare (rock, jazz, folk, disco) in ambienti affollati e rumorosi (perlomeno in USA non fumosi). Non sara` forse perche' nel silenzio si notano molte piu` cose e con la musica rock e` meglio non notarle?
SA: Mi pare che trascuri nettamente la scena rock italiana, che proprio in questi ultimi anni - grazie soprattutto al lavoro di molte etichette indipendenti tra le quali Wallace e Snowdonia - sta dando frutti notevolissimi. So che addirittura hai apprezzato gli Eiffel65... perché non hai dedicato più tempo alle realtà rock della penisola?
S: Sono profondamente ignorante di musica italiana e pertanto preferisco non cimentarmi (stessa cosa per gran parte delle altre nazioni, alcune, come l'India e la Cina, molto piu` popolose dell'Italia)
SA: Un po' di autobiografismo: come sei capitato in America?
S: Non ricordo.
SA: Che differenze hai trovato passando dalla 'provincia' all' 'impero'?
S: Enormi. Ma ci vorrebbe un libro per rispondere. Soprattutto ho scoperto che tutto cio` che dicevano (e dicono ancora) gli italiani era (ed e` sempre piu`) falso. Per esempio che gli Americani sono incolti, a differenza degli Italiani (gli Americani leggono valanghe di libri, gli Italiani smettono di leggere dopo la scuola; gli Italiani conoscono soltanto i monumenti Italiani, gli scrittori Italiani, etc), o che gli Americani non sanno nulla del mondo mentre gli Italiani... (al contrario, trovo sempre piu` Italiani che hanno idee superficiali sul mondo, e Americani che sanno tutte le capitali del mondo). Soprattutto il mondo visto dall'Italia (e immagino da qualsiasi paese europeo) e` un mondo centrato sull'Italia: i giornali non parlano per nulla di paesi africani, sudamericani e orientali che sono troppo distanti. In USA c'e` una netta dicotomia fra chi si interessa soltanto di fatti locali (e allora sono davvero locali) e chi si interessa del resto del mondo. Nel secondo caso il "mondo" non e` soltanto il Canada e il Messico, ma e` davvero il "mondo", dall'Argentina allo Zimbabwe (sospetto che ben pochi italiani sappiano a quali crisi mi sto riferendo citando quei due paesi). In questo senso l'America apre molto gli orizzonti. Anche il fatto banale di vivere in un paese in cui sono rappresentati tutti i gruppi etnici del mondo (non solo tutte le nazioni) ti aiuta a capire meglio il mondo. E naturalmente non dispiace il fatto che molte tecnologie partono da qua: adesso sono tutti multimediali e sono tutti Internet, ma in USA c'erano gia` arrivati vent'anni fa... statisticamente e` inevitabile che dia un qualche vantaggio (anche fossero 280 milioni di idioti, che non sono). Questo si riflette anche sugli ambienti culturali e artistici. In realta` gli artisti americani hanno molto meno soldi degli europei (perche' il governo americano non finanzia praticamente nulla) ma alla fine vedi che in quasi tutte le arti finiscono per eccellere molti americani. La ragione non e` chiaramente una superiorita` genetica (visto che sono tutti figli di immigrati), ma semplicemente il fatto che vivono in un sistema piu` stimolante e piu` aperto alle novita`. Queste naturalmente sono le cose positive. Poi ce ne sono tante negative, che ti puoi leggere nelle mie webpagine di politica. Ma per la mia formazione spero che siano state preminenti quelle positive, quindi tendo a citare quelle positive.
SA: Sei stato uno dei primi pionieri (forse il primo) del giornalismo via internet. Che ricordi conservi dell'esperienza relativa alla tua prima e-zine (nel 1985)?
S: Ottimi. Tempi veramente eroici. Parlavamo di una musica che pensavamo non ascoltasse nessuno, e invece adesso sono tutti figli di quella musica. L'internet era un po' l'unico posto dove trovavi informazioni. L'internet creo` anche un mondo virtuale in cui importava poco che tu fossi in California o in New Zealand. Contribui` enormemente a far conoscere realta` prima ignorate. Conobbi Foetus perché qualcuno da Berlino continuava a parlare su Internet di quelle serate sconvolgenti. Era veramente un universo parallelo. Era anche tutto volontario e gratuito (a quei tempi non si vendeva nulla su internet) e in gran parte fatto da studenti e da ricercatori universitari (gli utenti principali dell'internet a quei tempi) e quindi, senza offesa per chi non ha la laurea, fatto con un minimo di criterio. Poi le case discografiche hanno denunciato il primo e massimo ispiratore di tutti noi, Dave Datta, e poi c'e` stata l'esplosione commerciale di Internet, che adesso e` diventata un grande centro commerciale. Sono arrivati gli autobus dei turisti (devo dire che gli italiani si sono subito distinti fra i piu` indisciplinati) e oggi e` persino difficile spiegare qual'era l'etica dell'Internet. Mutatis mutandis secondo me e` stata un'esperienza molto simile a quella della controcultura e delle comuni degli anni '60. Confido che le prossime generazioni troveranno un altro modo per fare le stesse cose e aggirare le musiche di regime. Come diceva Marx, il problema e` sempre quello di cambiare il mondo, non soltanto di capirlo.
SA: Dato che buona parte della tua attività è pubblicata su un sito internet, pensi che la rete e le web-zine possano funzionare, o rischiano di essere dimenticate in fretta se non supportate da un'edizione cartacea?
S: L'Internet e` appena nata e la vuoi gia` distruggere? Penso che non abbiamo visto ancora nulla. Fra vent'anni queste cose saranno evolute in modi che non riusciamo neppure a immaginare. Sono relativamente contento che le riviste online non siano riuscite a fare soldi e parecchie siano fallite: chi ci ha provato soltanto per farci i soldi ci ha rimesso. Chi ci ha provato per la passione e` ancora li`. Tutto sommato e` una sorta di vendetta per quelli come me che lo facevano gia` negli anni '80 e che di colpo si sono visti sommersi di "concorrenza". Molti di quei concorrenti cercavano soltanto di far soldi e ancora hanno principalmente quell'obiettivo. Ma fortunatamente e` difficile far soldi pubblicando gratis su Internet. E` facile diffondere informazione, e` difficile far soldi. Una combinazione splendida.
SA: So che curi anche una sezione dedicata alla politica internazionale, esprimendo punti di vista piuttosto 'alternativi' rispetto alle fonti di informazione tradizionali...
S: Sono principalmente uno storico. E` una pura coincidenza che la musica rock sia cosi` celebre e pertanto io sia piu` celebre come storico rock che come storico, per esempio, del primo cristianesimo o del ventesimo secolo.
SA: Ho letto addirittura che per te la soluzione al problema palestinese debba consistere nella totale distruzione di Gerusalemme, confermi?
S: Assolutamente. Faccio fatica a pensare a qualcosa che abbia causato piu` tragedie nella storia dell'umanita`. E` un simbolo della stupidita` e della crudelta` umana. Non provo simpatia, in generale, per le religioni.
SA: So che il tuo sito è costruito secondo una precisa filosofia: rifiuto del business relativo all'industria culturale, rifiuto della pubblicità, assenza di immagini, possibilità di parlare liberamente e negativamente di qualsiasi artista senza scrupoli, eccecc... ci vuoi quindi dire che con il tuo sito (uno dei più seguiti - forse il più seguito dagli ascoltatori di musica rock 'underground' in Italia) non ci guadagni un dollaro?
S: Dipende da come conti. Naturalmente se conti il tempo che ci metto sono in perdita mostruosa. Con le stesse ore potrei fare soldi a palate nell'industria del software. Ogni ora che dedico ad un disco e` una perdita netta. Il website ha anche dei costi vivi. La pubblicita` copre piu` o meno i costi vivi. Pero` ci sono anche degli introiti: un numero crescente di riviste e website compra i testi che pubblico sul website. Si puo` discutere se li comprerebbero comunque. Come minimo, dovrei fare uno sforzo per sollecitare i direttori di quelle testate. Invece il website mi consente di far pubblicita` a mia volta ai miei testi e trovare piu` acquirenti. Quindi io metto tutti gli articoli che vendo negli introiti del website. A me sembra anche che questo modello abbia piu` senso del modello tradizionale della rivista, in cui il direttore ti passa un disco e ti dice di recensirlo entro domani. Quelle recensioni sono quelle di cui ti puoi fidare di meno. I miei pezzi su web si evolvono man mano che ascolto un disco. C'e` un punto in cui qualcuno decide che quel pezzo e` cosi` buono che lo vuole comprare. Quasi mai capita il giorno dopo. Spesso capita anni dopo. E, soprattutto, pubblico anche le recensioni che nessuno mi commissiona, fatto non trascurabile... Su una rivista leggi soltanto le recensioni che il direttore della rivista ha deciso di pubblicare. Su web leggi tutte le recensioni che la gente si e` sentita in dovere di fare. Bottom-up rispetto che top-down. Direi che con il complesso delle attivita` culturali riesco a mantenermi. Certo non ti puoi illudere di diventare ricco con il giornalismo rock... Sarebbe relativamente facile fare come hanno fatto in tanti: vendere dischi insieme alla recensioni. Finche' posso farne a meno ne faccio a meno. Idem per la pubblicita` delle grandi case discografiche, che fanno certamente l'acquolina, ma finche' posso farne a meno... Per adesso era e rimane un hobby, e, come tutti gli hobby, ogni penny che ci guadagno e` una sorpresa.
SA: Curiosità: com'è la giornata tipo dello Scaruffi?
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