LO SPECCHIO DEL TEMPO RIFLETTE IL NOSTRO ESSERE
Dottor Jekyll e Mr. Simpson
Nessuno ci vieterà di leggere la verità ridendo!
Storie "adulte" e allucinanti quelle della famiglia Simpson, sinistramente "sociali", troppo minuziosamente ciniche, oltremodo al di là di possibili spiegazioni "reali", a tal punto da risultare di essere uno di quei pochi prodotti così facilmente assimilabile come un possibile esempio speculare dello stesso fruitore. Lo specchio, di un'allegoria sociale e delle sue molteplici metafore delle quali queste storie sono abilmente seminate. Uno specchio sul quale la luce "interiore" a stento è in grado di fare una ben che minima distinzione per tentare di chiarire o, perlomeno, interrogare quelle forme grottesche, così perfettamente proposte dall'autore. Una ricerca che si espande a quelle sonore risate, stimolate dalle strampalate azioni dei Simpson, ma anche a quel senso di disagio che lento, ed inesorabile, in maniera collettiva e capillare si inscrive nelle remote profondità di quanti seguono questa infinita saga. Mr. Simpson, non ha torto, può essere ritenuto l'esplicitazione del nascosto che alberga nel più profondo di ogni essere umano. E' ciò che invano cerchiamo di non vedere, se non con superficialità, aiutati in questo da tutti i stereotipi socioculturali di cui siamo circondati e dai quali veniamo inesorabilmente sommersi e ambiguamente protetti. Forse, è questo un motivo per il quale molti continuano a lasciarsi toccare da quelle storie e ad esserne "perseguitati", tanto da farle diventare un "classico" dei loro sogni/incubi, se non proprio del loro patrimonio letterario. I Simpson possono essere fruiti secondo molteplici chiavi di lettura. Ad esempio, come uno spaccato della nostra società, uno scorcio di "solitudine famigliare", di apatica disperazione sociale. Grazie a questa atipica visuale, i vari membri della famiglia Simpson possono essere attentamente vagliati arrivando ad accorgersi che, da questa ricerca, si dilata ed emerge prepotente una figura su tutte: Elizabeth Marie "Lisa" J. Simpson. Lisa, secondogenita della famiglia, ha solo 8 anni ma è già un punto di riferimento per i vari problemi del nucleo famigliare, oltre ad essere una piccola intellettuale, depressa, incompresa, rompiscatole e molto sensibile. Frequenta la seconda elementare alla "Springfield elementary school" dove eccelle in ogni materia ed è ritenuta la prima della classe, eterna secchiona, con un unico cruccio; non riuscire a prendere 10 anche in ginnastica. Si impegna notevolmente ed è, anche, la costante vincitrice di tutti i premi messi a disposizione degli alunni più meritevoli come: premio "cocca della maestra", "miss 10 e lode", presidenza del "gruppo dei secchioni", ecc.. Eppure tutti questi suoi meriti sembrano non aver alcun riscontro a livello personale, se si considera che lei stessa si definisce "La più triste bambina della seconda elementare!". Tollerante con i diversi e i bisognosi, combatte strenuamente per i suoi ideali e per questo si attira le antipatie altrui, fino a diventare una figura impopolare, figura distaccata dal proprio contesto tanto da arrivare ad autoemarginarsi dallo stesso nucleo famigliare, autoghettizzandosi nell'unico spazio a lei disponibile e consone: la sua cameretta. Da qui la scelta del perentorio: "Se nessuno mi cerca sono nella mia stanza!". Gli altri componenti famigliari, con caratterizzazioni più ilari e meno profonde, non riescono ad interagire con questa contrariata personalità, il fratello Bart la stuzzica continuamente deridendola per le proprie ideologie, la madre Marge tenta di farla sorridere perché la ritiene, giustamente, infelice, il padre Homer oltre a non comprenderla non si capacita del perché sia vegetariana. E' ciò che si potrebbe definire una "vera famiglia"! Una famiglia che può rispecchiare nel suo intimo una farsa sociale, una comunità in costante degrado ben espressa dalla inadeguatezza tra loro dei vari componenti, dalla incompatibilità della stessa famiglia all'interno della società, dal loro stesso ruolo assai discutibile. Niente di più reale, niente di più vero. Da questo punto di vista, Mr. Simpson incarna, anche, l'ultimo tragico/comico erede della "figura paterna", il grottesco, affascinante archetipo della solitudine interiore, l'esemplare più bello di un'esistenza inutile ed effimera. Mr. Simpson, l'eroe più tragico che l'immaginazione popolare abbai dato corpo. Un eroe filtrato attraverso lo sguardo di generazioni sconquassate, anche, da un senso opprimente di solitudine. Dunque, non sarebbe sbagliato affermare che Mr. Simpson è ciò che con trepidazione e disperazione nel nostro più oscuro interiore siamo. E' lo specchio del futuro, l'immagine che si estende all'interno, al di là dei limiti consentiti per ricordare ai vari lettori ciò che essi stessi potrebbero essere, forse, domani.
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