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Writing - Poetry & Tale's Room - Article | by SuccoAcido in Writing - Poetry & Tale's Room on 18/09/2005 - Comments (0)
 
 
 
Chi ti ha dato la patente?

Ma la fila scorre lenta, una formica, una lumaca… un trenino dai vagoni scollegati, tanti legumi che rotolano piano piano.

 
 

Stavo lavando i piatti quando mia sorella ha bussato alla porta, è entrata.
Come va? Poi ci sei stata a vedere il concerto?
Roby? A lavoro?

Le mani zeppe di sapone. Bollicine che saltellano per aria, ci avrò messo un litro di sapone. È che odio sentire l’untuosità, le mani scivolose, i pezzetti di cibo, le molliche di pane, i resti della verdura, frammenti di carne secchi, induriti. È per questo che prima di lavare i piatti e le scodelle ci passo sempre lo scottex per togliere il grosso.
Quando li immergo nell’acqua sono già puliti.

Lei è così, abituata a fare una serie di domande a raffica, ma non pretende che nessuno le risponda, è come un test a scelta multipla, premi play e lei inizia, tu puoi scegliere quella che ti piace di più. La scegli, rispondi, e lei automaticamente smette ed inizia a conversare come tutti. C’è anche un’altra possibilità.
Ti sei fatta di nuovo il colore?
Si, ti piace?
Secondo me stavi meglio prima…
Ecco, grazie. Perché stavo meglio prima, scusa?
Perché sei bianca come una mozzarella e i capelli rossi secondo me non ti stanno bene.
Mentre le parlo mi volto con le mani immerse nell’acqua, perché se non la guardo ha sempre paura che la prenda per il culo o non dica sul serio, ma solo per scherzare.
Vaffanculo.
Lo dice ridendo, ma lo so che c’è rimasta male.
È sempre carica di borse mia sorella, non lo so che ci mette dentro. Due le lascia sempre a me, ma quando se ne va via è carica come un mulo ugualmente.
Oggi mi ha lasciato una busta di plastica rossa con dei giornali, ed una di carta marrone, quelle con i manici che ti danno nei negozi di abbigliamento, su questa c’è scritto Cockney Style, di blu. Ci sono dei vestiti che non porta più, ancora non ha capito che la sua taglia non mi calza, ma non le dico niente sennò si offende.
C’è una gonna nera lunga lunga di raso, che mi arriva sotto ai piedi, e per provarmela me la devo tenere su con le mani sennò mi cade giù, oppure me la devo un po’ infilare fra le gambe e tenerle strette.
Un paio di jeans, una maglia gialla con tante margherite arancio, mia sorella si mette di questa roba…
Quando scendo giù, dopo aver pulito tutto, con un senso di benessere e di pace interiore per essere stata capace, anche oggi, di aver messo tutto in ordine senza farmi soffocare dalla pigrizia, ho il sacchetto in mano, lo metto al posto del passeggero e mi fermo al bidone giallo, quello per la raccolta dei vestiti. Poi ingrano le marce e mi tuffo a tutto fuoco nel traffico lento che scorre per arrivare in città.
Devo andare a fare la spesa e preparare anche cena.
Che faccio per cena?
Non dovrei preoccuparmi, Roby è abituato a mia suocera, qualsiasi cosa per lui è una meraviglia di sapore.
Metto la radio a tutto volume per non sentire i rumori di fondo, quelli metropolitani, quelli della gente che smatta, degli autisti incollati al clacson, le urla i vaffanculo a denti stretti stretti, quelli a bocca larga, spalancata, le dita medie alzate.
Canticchio un motivetto che non conosco e attendo in fila, lavori in corso, semafori spenti, rotatorie… e file e file, incolonnamenti di macchine… mi guardo allo specchietto e mi passo un dito sotto agli occhi per stendere il fondotinta che regolarmente si rapprende sulle piccole rughe, il mascara no, non lo metto da una vita, da quella volta che me lo sono infilato in un occhio per darmelo e, nuovo di zecca è andato a finire nel cestino della spazzatura assieme agli assorbenti, i bastoncini degli orecchi zeppi di cerume e altre scorie umane.
Non c’è bisogno delle ciglia da gattona o degli occhioni da cerbiatta, mi sono detta, basta un filo di ombretto steso sulle palpebre, un lucidalabbra trasparente e sei a posto, senza troppo esagerare che alla fine sembri una ragazzina.
C’è un tipo davanti a me che mi guarda dallo specchietto. Gli vedo una strisciolina di fronte, gli occhi e una fettina di naso. E questo mi piazza gli occhi addosso.
Mi passo le mani nei capelli, provo a guardare a destra a sinistra, ma alla fine gli occhi tornano lì… e ritrovo i suoi che non mi mollano, non mi fanno respirare. Mi guarda, mi osserva, mi scopa con le pupille… ha una buona immaginazione, deve avere fantasia per avermi già immaginata nuda, pluriorgasmica, mugolante urlante implorante.
Mi abbasso per mettere una cassetta, torno su e lui è sempre lì, sposta lo sguardo solo appena, giusto il tempo di vedere se scorre un po’ la fila. Ma la fila scorre lenta, una formica, una lumaca… un trenino dai vagoni scollegati, tanti legumi che rotolano piano piano.
Mi mordo il labbro e lo vedo sorridere.
Se sto sudando?
Mi succede sempre quando sono nervosa.
Se sentisse quanto riesco a puzzare nel giro di pochi minuti, la pianterebbe di sicuro.
Si riparte, oltre alla prima ci incastra anche la seconda, svolto veloce, metto la freccia e questo mi viene dietro, infischiandosene di quelli che suonano e lo mandano in quel posto affollatissimo che si chiama Fanculo.
Guardo dritto eccetto qualche guizzo veloce allo specchietto laterale.
Lo vedo li, dietro di me, al mio inseguimento, con un bel sorriso stampato in faccia, giovane distinto voglioso di donna di matura.
Non la smetto di sudare. Dico vaffanculo, dico. Parcheggio, lui parcheggia. Prendo la borsa, scendo di macchina, scende di macchina. Inserisco l’allarme, inserisce l’allarme, entro nell’ipermercato, mi segue.
Mi inchiodo, mi fermo, il portafogli cazzo, l’ho lasciato a casa, faccio per tornare indietro e me lo trovo davanti, Mi scusi mi dice, anche se sono io che gli ho pestato un piede.
Scusi lei, tengo la testa china, parlando alla sua giacca, alla sua cravatta.
Zampetto via.
Salgo in macchina.
Sospiro e metto in moto.

Quando torna Roby neanche lo sento.
La cena è in forno, ho fatto le lasagne e anche i biscotti, quelli che gli piacciono da morire.
Mentre si toglie la giacca, lo guardo e non so perché ho così voglia di fare l’amore con lui, subito, adesso, prima di cenare.

 


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Reg. Court of Palermo (Italy) n°21, 19.10.2001
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pen: Lisa Massei

 
 
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