Finché si appiccica il nostro ideale di donna perfetta (o uomo perfetto) ad una persona inconsapevole, siamo ancora nell’ambito dei sogni e delle illusioni (del tipo principessa o principe azzurro). I problemi sorgono quando non ci si vuole convincere che la nostra visione idilliaca non coincide con la realtà e quindi si sta assieme ad una persona del tutto estranea (salvo poi rinfacciarle di essere cambiata anche se lei è rimasta sempre la stessa).
SA: Salve Andrea, benvenuto fra le pagine di Succoacido… che ne diresti, per iniziare, di parlare del modo in cui ti sei avvicinato alla scrittura, come, quando e perché? Hai iniziato subito con la prosa oppure hai scritto/scrivi anche poesia?
AM: Le prime cose che ho scritto sono state le poesie che componevo alle elementari. Ho continuato a scrivere poesie per tutta l’adolescenza, poi sono passato alla narrativa. Ho iniziato a scrivere "seriamente" ai tempi dell’università, al liceo avevo troppo poco tempo libero.
SA: Leggendo "Bambole Cattive a Green Park" mi è venuto naturale fare dei paragoni mentali con altri scrittori, alcuni esordienti, altri no… nel senso che fra le tue pagine ho trovato la giusta armonia che ci deve stare in un romanzo di questo genere, poiché sono presenti sia il lato ironico e giovanile, che quello tragico e sentimentale. Mentre spesso mi è capitato di leggere romanzi che avevano o l’uno o l’altro ma che cercavano di fare entrambi però senza la giusta coerenza. Come è nato "Bambole Cattive a Green Park"? E’ un romanzo su cui hai lavorato per molto tempo oppure ti è venuto di getto, una cosa istintiva?
AM: La stesura di un romanzo richiede parecchio tempo, quindi devi innanzitutto innamorarti dell’idea che ne sta alla base, farti coinvolgere totalmente da una storia... Di solito prima di iniziare a scrivere compilo una breve scaletta, che mi serve da mappa e da bussola. Ma poi i personaggi, quando finiscono su carta, si animano e s’impuntano perché vogliono essere indipendenti e fare di testa loro. Sono loro che mi "impongono" il finale.
SA: "Bambole Cattive a Green Park" è un romanzo che per certi versi mi ha sorpreso… Mi piace l’idea del viaggio e anche il modo che hai di scrivere, si avvicina molto alla fiaba in certi frangenti, per calarsi di nuovo nella realtà. Sei d’accordo con questa mia impressione?
AM:E’ vero. Credo che nella vita capitino a tutti dei momenti in cui sembra di essere finiti in una favola: per i tre ragazzi atterrare a Londra è come finire in un mondo favoloso, e il protagonista vive in questo modo anche il suo amore per Sally, che non ha nulla di realistico (lo scoprirà solo alla fine, quando sarà di nuovo ben ancorato alla realtà quotidiana). Ma purtroppo ci sono anche momenti che ti fanno credere di essere finiti in una tragedia, ed è quello che succede a Schopenhauer.
SA: Viaggiare penso che sia una cosa che ci arricchisce moltissimo, è come se andando in giro raccogliessimo dei frammenti di noi che ci mancano. Ci sono stati molti scrittori che hanno scritto grazie ai viaggi e alle esperienze che traevano da essi, ed altri che comunque sono riusciti a scrivere cose fantastiche anche senza muoversi mai da casa propria. A te piace viaggiare? Pensi che sia un fattore che ti dà ispirazione per scrivere? Il posto più bello che hai visto, quello più brutto e il prossimo viaggio che vorresti fare.
AM: Mi piace viaggiare ma sono molto casalingo, lontano mille anni luce da Kerouac e dalla vita on the road. Di sicuro viaggiare può darti spunti per scrivere, ma può darteli anche ascoltare un disco, vedere un film, chiacchierare con qualcuno. Il posto più bello? La città che mi ha colpito di più, non a caso, è Londra, mentre dal punto di vista naturalistico adoro il mare. Il posto più brutto? Le periferie industriali delle grandi città. La città che vorrei vedere è New York.
SA: So che stai scrivendo un nuovo romanzo, che fra l’altro avrà una parte ambientata alle spiagge bianche di Rosignano Solvay, dove io vivo. Cosa ti ha colpito di questo posto?
AM: Come ti dicevo prima, adoro il mare. Le spiagge bianche sono esteticamente favolose, sembra di essere finiti in qualche paradiso tropicale. Peccato che siano prodotte dagli scarichi industriali...
SA: Leggendo "Bambole Cattive a Green Park" ho avuto l’impressione che Londra ti sia piaciuta come città, però non ci vorresti vivere, forse per un semplice fatto di legami, di radici… oppure perché ci sono delle cose che non ti sono piaciute troppo. Se sì, quali?
AM: Come città, Londra è perfetta: c’è movimento, gioventù, ci sono bellissimi parchi e centri commerciali. Però io sono nato e cresciuto a Torino e, fatte le debite proporzioni, sono un po’ stufo di vivere in città. Avrei bisogno di una dimensione più tranquilla.
SA: In "Bambole Cattive a Green Park" ci sono tre ragazzi che fuggono alla ricerca di una avventura diretti all’ombelico dell’Europa, e per farlo rinunciano agli orali della maturità. La voglia di fuggire, di trasgredire, ma anche di crescere. Sono tutte cose tipiche dell’adolescenza, però credo che nel corso della vita spesso si ripropongono. Sì, le cose cambiano, ma forse non si finisce mai davvero di crescere, di voler dare una svolta alla propria vita ecc… Si vorrebbe fuggire da tutto, ma forse soprattutto da se stessi, probabilmente è il senso di insoddisfazione che ci porta verso questi pensieri. Che ne pensi?
AM: Gli antichi dicevano che viaggiando si cambia cielo ma non animo. Sapevano bene che quando si vuole fuggire da un luogo si vuole in realtà fuggire da se stessi. Ma i nostri problemi ci seguono sempre. I tre protagonisti all’inizio pensano di essersi lasciati tutto alle spalle, e invece i problemi, se non li risolvi, prima o poi riaffiorano.
SA: Collegandomi alla domanda precedente, ieri su un blog ho letto questa frase: Insoddisfazione = narcisismo. Che ne pensi?
AM: Sia "insoddisfazione" sia "narcisismo" sono due termini che mi sembrano molto vicini a "scrittura" e in generale a chi scrive. Scrivi perché sei insoddisfatto ma anche perché sei un po’ narciso.
SA: Un atteggiamento tipico dei ragazzi è quello che appunto descrivi nel protagonista di "Bambole Cattive a Green Park", cioè la voglia di dimostrare che si è maschi, superiori o migliori solo se non ci si innamora… poi naturalmente le cose cambiano, i sentimenti non si possono confezionare a nostro piacimento. Ad ogni modo affronti questo argomento come una sorta di processo di crescita, scrivi appunto "Crescere è cambiare, e cambiare è smentirsi" (una frase che mi è piaciuta molto proprio perché diretta ed estremamente sincera), eppure ci sono molti ragazzi anche in su con l’età che perseverano con questo atteggiamento, come se avere tante donne aumentasse il prestigio. Al di là dell’atteggiamento un po’ infantile c’è anche una sofferenza ed insicurezza di fondo, cose che poi anche sul finire del tuo romanzo si vanno sempre più delineando. Quel che volevo chiederti è se secondo te è un fattore legato soprattutto all’età oppure ad altre cose, per esempio l’educazione, l’etica, la società in cui viviamo?
AM: Penso che dipenda un po’ dalle persone che si frequentano e un po’ dalla propria insicurezza. A nessuno piace farsi vedere debole e quindi tutti cercano di mascherare le proprie debolezze. Ad esempio, il protagonista di "Bambole cattive a Green Park" è un finto sicuro, perché vorrebbe essere al di sopra dei problemi dei suoi amici ma poi alla prima occasione i fatti lo smentiscono.
SA: 10. Due autori che sicuramente ti hanno colpito molto sono sia Salinger che Carver entrambi citati nel tuo ultimo romanzo… cosa pensi abbiano di speciale? Quali altri scrittori ti sono piaciuti moltissimo?
AM: Salinger lo adoro. Ogni sua frase sembra perfetta. Di Carver mi piace il realismo nel dipingere storie e ambienti quotidiani. Gli autori che amo di più, tra quelli in attività, sono Jay McInerney e Bret Easton Ellis. McInerney, a mio parere, è il numero uno.
SA: Anche la musica è uno dei tuoi interessi, almeno da quel che si evince leggendo le tue cose… Nirvana, Oasis, Blur, The Beatles...
AM: Esatto. La mia proverbiale curiosità negli ultimi anni si è riversata in modo particolare sulla musica. I gruppi citati erano quelli giusti per la colonna sonora di "Bambole cattive a Green Park". In questo momento i miei gruppi preferiti sono gli Strokes e i Vines.
SA: Anche se si tratta soltanto di ragazzi alle prime armi, nel tuo ultimo romanzo, mi pare di capire che secondo te il rapporto uomo-donna è spesso difficile da vivere. Una cosa che ho apprezzato moltissimo è il fatto che, ad un certo punto dici che spesso gli uomini appiccicano a una donna la loro idea di donna perfetta, anche se nella realtà non è assolutamente così. Come se si imponessero di vedere delle cose che non esistono, allontanandosi dalla realtà, naturalmente. Sono d’accordissimo su questa cosa. Lo stesso accade per l’altro sesso, secondo me, ed è per questo che poi ad un certo punto ci si sveglia, magari già sposati con al fianco una persona che ci è estranea, o che ci aspettavamo fosse completamente diversa. Tutto questo perché non si vuole stare da soli, si vogliono razionalizzare delle cose che non possono essere razionalizzate, si vorrebbe che i sentimenti si potessero scegliere… o per quale altro motivo secondo te?
AM: Finché si appiccica il nostro ideale di donna perfetta (o uomo perfetto) ad una persona inconsapevole, siamo ancora nell’ambito dei sogni e delle illusioni (del tipo principessa o principe azzurro). I problemi sorgono quando non ci si vuole convincere che la nostra visione idilliaca non coincide con la realtà e quindi si sta assieme ad una persona del tutto estranea (salvo poi rinfacciarle di essere cambiata anche se lei è rimasta sempre la stessa). Al protagonista del mio libro riesce ancora più comodo trasferire il proprio ideale su Sally, perché i due non parlano la stessa lingua e non sanno nulla l’uno dell’altra.
SA: I tuoi due romanzi sono usciti per case editrici differenti, e immagino che in questi anni tu ti sia fatto una idea dell’editoria italiana… Le case editrici a pagamento, quelle fantasma, e quelle più oneste. Ti andrebbe di dirci che ne pensi e di parlare brevemente della tua esperienza?
AM:Un consiglio: mai pagare per pubblicare. Non serve a nulla. Io sono stato fortunato perché sono riuscito a pubblicare il mio primo romanzo, "Quelli di Goldrake", per una piccola casa editrice che non chiedeva il fatidico contributo. E sono stato ancora più fortunato perché il mio secondo romanzo è uscito per un editore prestigioso come Marsilio.
SA: Disco, libro, film e frutto preferito.
AM: Difficile, ma ci provo. Disco: "Revolver" dei Beatles. Libri: "Il giovane Holden" di Salinger. Film: "L’attimo fuggente" di Weir. Frutto: mapo o mappo che dir si voglia.
SA: La cosa che più ami e più odi di Torino.
AM: Di Torino amo il lato estetico: ci sono delle piazze e delle vedute magnifiche, per non parlare dei parchi e delle vie del centro. Odio tantissimo il traffico, la mancanza di parcheggi e il disservizio dei mezzi pubblici: spero che arrivi presto la metropolitana!
SA: Qualche anticipazione sul nuovo romanzo che stai scrivendo?
AM: E’ la storia di un cantante rock all’apice del successo, invidiato da tutti meno che da se stesso... Ed è la storia della sua — quasi paradossale — amicizia con un ragazzo qualunque della provincia italiana. Ma succedono tante cose, è la storia più complessa che abbia mai scritto.
SA: E’ giunta la fine… concludi come meglio credi…
AM: Grazie a tutti quelli che sono arrivati fino in fondo.
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