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Writing - Magazines - Interview | by SuccoAcido in Writing - Magazines on 01/09/2004 - Comments (0)
 
 
 
Stewey's Star Fanzine

Incontro virtualmente Giordano Simoncini sempre con grande emozione. Chiedetegli la sua splendida creatura e non ve ne pentirete: una delle migliori pubblicazioni in Italia secondo me. Ho avuto la fortuna di conoscerlo un po' ma internet non basta mai.

 
 

SA: Chi è "l’editore" Giordano Simoncini? Che fa?

S’sS: [ Giordano Simoncini è un giovane ragazzo ventiquattrenne, molto giovane, praticamente più o meno un pivello. Sono più o meno un pivello; il quale vive sostanzialmente a cavallo di due città — Pescara e Roma — in maniera alquanto discontinua e scombussolante. Tra le altre cose, ho imbaulato una laurea in Scienze Politiche, ed allo stesso luogo mi appresto a dirigere un’ ulteriore, in Filosofia. Al di là di ciò, s’ intende, c’è sempre stato e sempre ci sarà molto e molto d’ altro; tuttavia mi è di estremo tedio elencare. Meglio; alle volte è di tedio estremo L’ Elencare; quindi skippo. Seguitando, certo: potrei effettivamente definirmi a mia propria volta, al seguito del Marc De Dieux che tal si ritiene, qualcosa come una sorta di "editore"… eppure, tanto meno è mia intenzione farlo, ed assolutamente non tra queste pagine. Ciò non toglie che anch’ io, come Marc De Dieux, spenda comunque del tempo della mia vita nel tentativo di conferire dignità ad una pubblicazione indipendente, titolata Stewey’s Star. Solo "del tempo", ad ogni modo; non tutto il tempo. Mi piace infatti lasciarmene parecchio a disposizione per stare dietro a quel "molto d’ altro" di cui grossomodo 113 parole fa; che però si tratti di tempo molto denso, questo sì, certamente. Eppure, di farne mestiere / leggasi "di trasformare in qualche modo quella nozione lì, editore, in plausibile predicato di me /, francamente né lo voglio né lo spero: andrebbe a ledere, in modi che non mi sono chiarissimi ma che intuisco a priori, l’ animo di una cosa che voglio si mantenga sempre in un certo qual modo "pura", in quanto frutto di ciò che da questa parte del mondo potrebbe essere definito "passione", la retribuzione della quale valuto spesse volte essere a vario titolo triviale.] = Editore ‡ brutto.

SA: Perché sto intervistando Giordano Simoncini? Perché Giordano Simoncini mi sta rispondendo?

S’sS: Verosimilmente, perché 1) ci stiamo simpatici a vicenda 2) siamo due casi sociali per certi versi simili, che hanno battuto itinerari in qualche maniera contigui e gradiscono di intrattenersi a parlarne tra loro 3) abbiamo ritenuto opportuno associarci a delinquere pubblicando l’ uno un’ intervista all’ altro al fine di dare aria alle trombe, predicare ai venti del deserto… e soprattutto divertirci un po’; che nella nostra epoca è pur sempre il Gesù Cristo dei moventi, se posso dire.

SA: Perché proprio "Stewey’s Star"?

S’sS: [Stewey’s Star, la stella di Stewey, è una cosa (in quanto stella, si suppone regalo) posta in mano al bambino Stewey; il quale Stewey sarebbe, nelle mie intenzioni, l’ idealtipo dell’ assoluta anomia fanciullesca, o perlomeno dell’ affatto compiuta socializzazione. A ben vedere, Stewey è un po’ una sorta di paradosso, è libero perché non sa dire riguardo ai valori, ma al contempo non lo è per nulla poiché il suo status di bambino non potrebbe mai permetterglielo. La sua libertà fisica giungerà poi con il passare del tempo, ma la sua libertà metafisica sarà a quel punto già interamente compromessa; vale a dire che Stewey è destinato a non essere più Stewey, a diventare altro. Fermarlo lì, scritto, enunciato, alla sinistra di un numero che cresce (il numero di uscita, che in quanto tale rende conto del trascorrere di un tempo che non ha potere di trasformare le cose), è stato, un po’ per artifizio, un volerlo salvare]. = suonava bene.

SA: muovendo io da una prospettiva terrona, esattamente come Giordano Simoncini, non posso fare a meno di chiedergli: com’ è possibile che proprio da terroni nascano pubblicazioni come Stewey’s Star, essendo la terronia per antonomasia terra abbastanza impermeabile alla propaganda culturale? Come ha reagito lo splendido Abruzzo di Giordano Simoncini quando l'infermiera gli ha portato in braccio l'infante Stewey’s Star? Ed ancora, oggi come oggi, com’è che Stewey’s Star va a zonzo lungo tutto lo stivale? Dove la si "inzuppa meglio"?

S’sS: L’ Abruzzo… e chi lo sa! È la più amabile delle terre, e però — almeno per quanto mi riguarda — per gran parte incomprensibile. Che sia "impermeabile alla propaganda culturale", ad ogni modo, non ci giurerei: anche tra gli abruzzesi, come all’ interno di qualsiasi altro concetto capace di raggruppare enti, è possibile distinguere; ed a seguito della distinzione non è poi così difficile constatare che qui e lì, a macchie di ghepardo, dei fermenti culturali effettivamente ci sono — anche se, questo di certo, assolutamente privi di margini entro i quali essere coltivati -. Ciononostante, mi trovo costretto a constatare che St.St. in Abruzzo sia da sempre stata poco più che un’ araba fenice, e che si possa e soprattutto si debba in qualche modo ovviare alla cosa. D’ altro canto, e prima di passare oltre, avrei lo scrupolo di sottolineare una cosa che dovrebbe comunque andare da sé: che l’ insistenza di St.St. su di un determinato territorio o meno, è quanto di più lontano dal seppur ultimo degli indici di verifica culturale che la più folle statistica al mondo sarebbe mai capace di considerare attendibile. Poi mi chiedi di renderti conto riguardo al modo in cui St.St. è distribuita e/o si muove entro i confini dello stato: non ne ho che una idea assai vaga. Allo stato attuale delle cose St.St. si diffonde in modalità che mi sono per la maggior parte ignote; ciò che io mi limito a fare è affidare un congruo numero di copie da vendere a coloro i quali decidono di supportare la pubblicazione tramite gli spazi pubblicitari (al fine che questi amati costoro abbiano poi la possibilità di annullare la spesa tramite il ricavato della vendita di queste stesse copie), ed altresì darne un certo ulteriore ammontare a chiunque ne chieda, soprattutto agli amici. Capita poi che questi amici siano negozianti, band, studenti, membri di associazioni culturali, individui "da banchetto", singoli e privati cittadini… e che ciascuno di questi soggetti faccia con le proprie copie ciò che vuole, vendendole o meno, regalandole o meno, etc. L’ unica fatica che me la sento di aggiungere a questo caotico procedimento di diffusione, una fatica sporadica ed estemporanea, è quella di abbozzare un qualche tipo di monitoraggio volto a constatare dove si è "inzuppato peggio", al fine di correre a qualche tipo di riparo, di volta in volta inventato e/o improvvisato a casaccio e con un po’ di fantasia. Fino ad ora, la faccenda ha funzionato più che bene.

SA: Di quali realtà sue conterranee sarebbe premura di Giordano Simoncini farci fare conoscenza?

S’sS: Conterranee… Pescara? Hmh. L’ Indierocket Agency di Paolo, che è oramai l’ unica realtà in grado di far arrivare musica in città, la defunta e stupendissima fanzine "Itself" — accaparrarsi una copia dell’ ultimo numero mai uscito è cosa imprescindibile -, la Brigata ParcoFlorida, l’ annuale Festival delle Letterature (che va espandendosi, e, seppur istituzionale, è pur sempre gestito da individui che istituzionali lo sono pochino…), la pizza dell’ Alcione (che secondo me è la migliore) ed il panino di McAntony, il MOCA, i fuochi di Sant’ Andrea … ed il mare. Che "è il nostro".

SA: Come recluta i suoi collaboratori Stewey’s Star? Appelli a chi fosse interessato?

S’sS: St.St. arruola in maniera anarchica, irrazionale ed uterina. Di base, non ci sono collaboratori fissi, e non credo potrebbero mai essercene, poiché ciò darebbe al tutto un sapore "professionalista" che aborro e ri-aborro ( ciò non fa nulla, ad ogni modo, la mera possibilità che St.St. ospiti collaboratori "usuali"). Mi chiedi di fare appelli… per parlare di questo, si rende necessario che io parli anche di me, ed in questi termini: centralista democratico. Vale a dire, democratico, sì, ma centralista; d’ altra parte non potrebbe essere altrimenti! St.St., infatti, non è nata da un collettivo, ma da un singolo; i primi numeri non li ha partoriti una redazione, ma sempre quel singolo. In poche parole, il nucleo originario è unitario; io. Suppongo che sia perlomeno perdonabile che questo stesso nucleo unitario sia così affezionato al proprio parto da volerlo controllare nella maniera che ritiene più adeguata; la quale, va da sé, è definita sempre da un’ unica ed unitaria opinione. Non si tratta di nulla che implichi autoritarismo, facciamo che ci capiamo; più semplicemente, St.St. vorrebbe avere una cosa molto simile a quella che i professionisti definiscono "linea editoriale", e la fonte di quest’ ultima non può essere collegiale. Ciononostante, di fatto, collaborare con St.St. è la cosa più facile del mondo, se la si conosce di quel tanto che è sufficiente a capire cosa St.St. rigetta: a quel punto è sufficiente proporsi e/o proporre un progetto, ed essere disposti a discuterne per un attimo o poco più. Generalmente non si è mai nulla se non benvenuti.

SA: Al contrario di SuccoAcido, Stewey’s Star vive solo sulla carta e non sulla Rete. Qualora SuccoAcido chiudesse, Giordano Simoncini si farebbe costruire un sito web da me? (Sennò che faccio, scusa?)

S’sS: La Rete è invisa a Stewey’s Star / Stewey’s Star ha orrore della Rete. Inoltre, il fatto che esista già "La stella di Stewey", lontano referente telematico di St.St. - il quale a dire il vero più che esserlo per St.St. stessa lo è per il solo Giordano Simoncini -, esaurisce immediatamente ogni residua e remota possibilità in merito. Troverai senza dubbio un altro modo per impiegare al meglio il tuo tempo, nel mentre che St.St., di carta ed in copie limitate, sarà ancora una roba che chi la vuole trova il modo di procurarsela.

SA: andrebbe a Giordano Simoncini di cimentarsi in un'analisi critica dell'attuale situazione in cui versa la stampa indipendente italiana?

S’sS: … diciamo sempre le solite cose: alla stampa indipendente italiana mancano fondi, denaro, soldi, quel minimo indispensabile a garantire la sopravvivenza; ed i fondi mancano poiché in ultima istanza mancano i lettori, i fruitori. Fino a questo punto, durante i miei discorsi con chi si muove nel nostro stesso ambito, ho sempre riscontrato che siamo tutti belli e d’ accordo. Le opinioni divergono poi quando arriva il momento di aggiungere un passaggio logico, vale a dire: "… i fruitori mancano… ma perché?". Per rispondere, c’è chi sostiene una tesi che colpevolizza le moltitudini: "sono pigre, ignoranti, disinteressate, hanno a malapena la forza di concentrarsi sulla televisione"; e chi invece preferisce l’ approccio autocritico, scagliandosi contro i prodotti: "non ci sono più idee, non c’è più quid che differenzi un prodotto di sottobosco da uno d’ edicola, tra le pagine indipendenti si è smarrita la coerenza, sono guazzabugli, distribuiti male, brutti da vedere, poco allettanti" etc. Personalmente, ritengo che un determinato gruppo di risposte valide si trovi più o meno in media re: cioè, è assolutamente vero che determinate pubblicazioni come dire underground siano perniciosamente manchevoli di attrattiva, per l’ essere poco curate o pressappochiste o sbilenche dal punto di vista linguistico o contenutistico o salcazzo; al contempo, però, l’ arena dei potenziali fruitori ti fa cadere spesse volte le braccia, ti lascia disarmato per la sua noncuranza e per la sua indifferenza e per la sua — solo certe volte, ma tremende — ignoranza. Al fianco di questi problemi, in qualche modo strutturali (particolarmente quello del pubblico) e dunque difficilmente risolvibili, si dovrebbe constatare altro. In primo luogo che, è vero, il Web è divenuto, per gli "editori" indipendenti, una rognosissima gatta da pelare: dal momento che è oramai così facile ed istantaneo immergere la propria voce, con la propria opinione a corredo, nei flutti telematici degli infiniti che parlano, che interesse c’è ad impiegare tempo e risorse al fine di far quadrare un progetto editoriale cartaceo, il quale peraltro permette di raggiungere un pubblico assai più limitato? Tanto vale sacrificare quel po’ di personalità, dinanzi ad una facilità ed una snellezza procedurale così evidente. In secondo luogo che, da quanto sono in grado di osservare di questi tempi, pare che il mondo del piano di sopra vada sempre più interessandosi anche a quello del piano di sotto, mediante subitanee e (forse, non so) allarmanti incursioni; così c’è Brand New che ospita quel determinato artista che pensavi di conoscere solo tu e qualche altro eletto, Musica di Repubblica che ti parla di gruppi che mai avresti sospettato etc. etc. Di che tipo di strategia di mercato si tratta? Io ne darei conto tramite la definizione di consumo vocazionale (quello correlato al c.d. "marketing della sensibilità), quello tipico del consumatore dell’ ultimo ventennio; vale a dire il consumo che ha per scopo la distinzione, l’ esatto contrario dello status (includiamo nella categoria anche, ad esempio, il radicalchicchismo enogastronomico su base regionale, l’ architettura d’ interni etnicista — che sta mostrando la corda, fortunatamente - , le strategie di marketing dell’ Ikea, che calcano la mano sulla "creatività", e non di meno quelle della Benetton, e via dicendo…). Un consumo — proprio per questo — paradossale, in quanto pensato su larga scala e quindi destinato in qualche modo a remarsi contro… tuttavia, al di là delle analisi, cosa è che permette che ciò accada? Il fatto che "il mondo di sopra" (questo lessico a là Tolkien) abbia spazio per invadere sporadicamente quello "di sotto", è in qualche modo direttamente implicato dalla scarsezza e dalla poca efficienza degli argini posti dai media indipendenti; i quali, in passato, e ciò non andrebbe scordato mai, hanno contribuito in maniera determinante al processo di strutturazione dei valori dei circuiti ai quali afferivano, per il loro ruolo sintetico e connettivo tra le varie realtà; i quali media, altresì, sono poveri e scarsi pur sempre perché carenti di fondi; ed i fondi non bastano poiché, a monte, c’è penuria di fruitori; ed il gatto si morde la coda. Ci sarebbe molto altro da dire, e molto di più complesso e noioso, e ci vorrebbe il doppio dello spazio per discuterlo: non si possono tirare le somme tra le pagine di SuccoAcido!

SA: Quale stampa indipendente frequenta l'editore indipendente Giordano Simoncini? Ed i classici "consigli al lettore"?

S’sS: Tutte le fanzine italiche che riesco a procurarmi, tutte quante senza eccezioni. A ciò si aggiunga tutto ciò che di interessante si reperisce sui banchetti, nelle occasioni giuste che non sta a me dover riassumere e/o caratterizzare qui ed ora, e non di meno tra gli scaffali di Mondo Bizzarro (pubblicità gratuita, ahia). E molto altro, che non è possibile sistematizzare… Consigli al lettore: 1) tentare di dimenticarsi della PiùCard di Feltrinelli, di tanto in quanto, e spingersi ad affondare il naso nel Piccolo 2) il neonato Nero magazine, che promette bene…

SA: Cosa e come, di questi tempi:… desidera Giordano Simoncini

S’sS: giornate di 36 ore o più.

SA:… rallegra Giordano Simoncini

S’sS: Fritto, Sgallets&friends, Vizio, Gobbone, Maximino, Tremone, Meccanico, Patagghiu, Carlo, l’ uomo del Karada, Rosmì, Treasure, i Peripatetici, Bagninaffià ed una marea di altre figure, gli zombi, gli ascensori, le Morning Musune, "Come inguaiammo il cinema italiano" e fare foto a bizzeffe

SA:… deprime Giordano Simoncini

S’sS: … impossibile riassumere, un’ infinità di contingenze… e per gran parte, ed in determinati sensi, gli Stati Uniti D’ America e relativa cittadinanza, dai…

SA:… mette ansia a Giordano Simoncini:

S’sS: la costante mancanza di tempo.

SA:… teme Giordano Simoncini

S’sS: l’ egotismo altrui.

SA:… attende Giordano Simoncini

S’sS: la scoperta di cosa sia per me da considerarsi soddisfacente.

SA:… impegna Giordano Simoncini

S’sS: troppe cose troppo strette compresse schiacciate tra loro.

 


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pen: Marc De Dieux

 
 
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