L’esperienza di Fernandel inizia nel giugno del 1994, nel momento in cui viene fondata l’omonima rivista trimestrale che, tuttora attiva e presente, è disponibile in tutte le librerie Feltrinelli d’Italia e su abbonamento annuale (che attualmente costa 16,00 euro). L’obiettivo è, fin dall’inizio, quello di allontanarsi il più possibile dagli stereotipi della letteratura e porsi come mezzo di confronto e di scambio per le diverse esperienze di scrittura, cercando di superare il problema dell’isolamento in cui spesso si trovano gli esordienti. La rivista ospita racconti e propone anticipazioni e commenti sulla narrativa italiana, ed i testi di autori esordienti vengono affiancati a quelli di autori già affermati: Paolo Nori, Francesca Mazzucato, Grazia Verasani e Gianluca Morozzi sono fra gli scrittori che hanno esordito sulle sue pagine, Antonio Moresco, Anna Maria Ortese, Dario Voltolini, Giulio Mozzi (e molti altri) gli scrittori che di volta in volta hanno partecipato alla crescita della rivista.
Il passaggio all’editoria libraria avviene nel 1997, rispettando sostanzialmente queste regole di base: Fernandel pubblica solo narrativa italiana, i suoi libri non si presentano mai in maniera chiassosa, anzi piuttosto sobria, cercando soprattutto di stabilire un rapporto privilegiato, intimo, con il lettore. In questi anni di attività Fernandel ha pubblicato molti autori esordienti ed emergenti, ed è diventata una casa editrice "di ricerca", come si dice in gergo, puntando non tanto e non solo sulla forza dell’intreccio, sulla "bellezza della storia", quanto sulle capacità linguistiche e sullo stile di scrittura dell’autore. Il tratto comune che lega gli scritti pubblicati da Fernandel è la visione stralunata, atipica, "altra" con cui gli autori guardano il mondo. Un libro Fernandel è, o cerca di essere, un nuovo modo di guardare le cose. Ultimamente Fernandel ha anche diversificate le sue attività con la collana Laboratorio Fernandel, che comprende saggi sulla lettura e sulla scrittura e libri in qualche modo sperimentali (come il romanzo collettivo Piovono storie o l’antologia Verso dove, sul senso del confine e le realtà territoriali bilingui dell’Alto Adige e di Trieste). A settembre parte anche la serie LdM — Libri di merda — curata da Paolo Nori. In questa atmosfera informale e di calore umano si inserisce anche il sito www.fernandel.it ed il suo attivissimo forum, che ha creato una vera e propria comunità di scrittori e lettori — in particolare emiliano-romagnoli, ma non solo, che seguono le presentazioni dei volumi e le letture in giro per l’Italia, quasi dei grupies letterari. Fernandel è nata e progredisce grazie alla passione e al lavoro di una sola persona, Giorgio Pozzi, fondatore e direttore della casa editrice, da un paio d’anni affiancato dalla sua compagna, Elena Battista, conosciuta dalla comunità del Forum come Laredazione. Giorgio Pozzi risponde ad alcune delle nostre domande.
SA: Quali sono le difficoltà con cui combatte quotidianamente un piccola casa editrice per non restare schiacciata dalla realtà dei grandi nomi in cui si trova a muoversi e quali sono i suoi punti di forza?
GP: In realtà il rapporto con la grande editoria è quasi inesistente: ognuno fa il suo lavoro e gli spazi di "convivenza" ci sono. È vero però che la grande editoria occupa quasi tutti i banconi delle librerie, e quindi quasi tutti gli spazi commerciali, ma questa è una difficoltà che riguarda Fernandel così come molte altre case editrici "minori".
SA: Ora preparati alla solita domanda bastarda: quale tra i libri pubblicati ti ha segnato davvero in senso personale, non dunque in relazione a vendite o considerazioni commerciali o di visibilità, e perché. Ovviamente non puoi avvalerti della facoltà di non rispondere.
GP: Non è una domanda bastarda, e la risposta è semplice: il primo libro che abbiamo pubblicato. Si intitolava www.fabula.it ed era una raccolta dei migliori testi comparsi in rete sul sito fabula.it (ora scomparso). Eravamo nel 1997. In quel momento ho capito che stavo diventando un editore, e che avevo tante cose da imparare.
SA: Au contraire, qual è il libro che hai sempre sognato di pubblicare, per qualsiasi motivazione sia emozionale che commerciale?
GP: Devo dirti la verità, non mi viene in mente niente in questo momento…
SA: Quali sono i criteri che adotti per selezionare le opere che ti sono proposte?
GP: Intanto devono piacermi, e questo è proprio un criterio stupido, lo so, ma è l’unico che io ritenga davvero valido. Io faccio delle scelte, e ne sono l’unico responsabile: almeno che possa scegliere testi che mi piacciono. Poi devono privilegiare lo stile narrativo alla vicenda raccontata: mi interessano i "contastorie", ma più che la storia raccontata preferisco il modo in cui il narratore me la propone.
SA: Racconta la fine che fanno i "respinti" e il triste luogo dove giacciono, descrivi pure il cimitero delle opere dimenticate, (ndr. a me si è stretto il cuore, nel vederlo).
GP: I "respinti", ovvero semplicemente i manoscritti inviati dagli aspiranti scrittori e che per qualsiasi motivo decidiamo di non pubblicare, vengono ammonticchiati sotto il divano della redazione. Vengono "nascosti alla vista" per una specie di pudore nel buttare via i testi che ci sono stati inviati. È però inevitabile sgombrare il divano, di tanto in tanto….
SA: Hai un nome di "giovane scrittore" da consigliare ai lettori di succo acido?
GP: Il trentenne bolognese Gianluca Morozzi. Con Fernandel ha già pubblicato tre libri (Despero, un romanzo sulla musica; Luglio, agosto, settembre nero, un romanzo sui giorni che vanno dal G8 genovese alla guerra in Afghanistan; Dieci cose che ho fatto ma che non posso credere di aver fatto, però le ho fatte, un libro che ha un titolo talmente programmatico che credo sia inutile spiegare…).
SA: Quanto tempo dedichi a Fernandel?
GP: Ci lavoro quasi otto ore tutti i giorni. È un lavoro full time.
SA: La consideri ancora una passione o un vero e proprio "mestiere" riconoscendo dunque un aspetto meno ludico al tutto, e cosa provi per l’evoluzione subita o dovrei dire voluta da Fernandel?
GP: Credo che la passione e il mestiere non debbano per forza essere in contrapposizione. Credo che Fernandel sia diventato il mio lavoro, ma io non ho meno passione ora di quanta ne avevo dieci anni fa. Semmai più consapevolezza, più sicurezza, più lucidità. Sono molto contento dei risultati che abbiamo ottenuto a partire dal 1994 (anno di fondazione della rivista "Fernandel"), ma considero questi risultati come un punto di partenza, e non di arrivo. Secondo me Fernandel ha ancora una notevole potenzialità inespressa.
SA: Potresti formulare un piccolo vademecum in aiuto di un giovane scrittore che volesse proporsi?
GP: È deprimente dirlo, soprattutto sentirlo dire da uno come me che in questo campo ci lavora, ma la cosa più importante (al di là del talento, è chiaro) è la fortuna. Le case editrici sono talmente sommerse di proposte che per superare la soglia di attenzione bisogna proprio avere fortuna. Anche le conoscenze aiutano, è inutile negarlo: se un parente o un amico lavorano in una redazione, ci sono maggiori possibilità di essere letti. Comunque, se io non fossi un editore, non vorrei fare l’aspirante scrittore: è una condizione troppo stressante.
SA: Ecco un’altra domanda bastarda per concludere. In due parole intervieni e sana la polemica sui temi di "letteratura ombelicale" e "letteratura giovanilistica", i tormentoni che dilaniano il forum del tuo sito costantemente.
GP: No, perché sanare. Sono così piacevoli questi tormentoni. Mi diverte pensare a sconosciuti che si scannano virtualmente su questioni letterarie…
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