Fabrizio Ajello/Christian Costa - Spazi docili [Docile Spaces]
Abandoned, neglected, ignored city chunks. Historic buildings walled up, monumental gardens turned into wilderness, crumbling industrial infrastructures, culture places left to die. Here the Power, turned into unknowable otherness, observes us. The power to overlook or to restore, to change anyway the life of people. It’s not us who are looking at such spaces, but it’s them who are scanning us making us uncomfortable, overwhelming us.
Abandoned, neglected, ignored city chunks. Historic buildings walled up, monumental gardens turned into wilderness, crumbling industrial infrastructures, culture places left to die. Here the Power, turned into unknowable otherness, observes us. The power to overlook or to restore, to change anyway the life of people. It’s not us who are looking at such spaces, but it’s them who are scanning us making us uncomfortable, overwhelming us.
Globalization processes and connected economic crisises are driving more and more suburbs, industrial complexes and, generally speaking, not immediately manageable or exploitable places toward maroon and oblivion. As if this were not enough in Italy in the last decades the ability to face urban areas and to plan a normal cultural life seems completely lost. These two trends have a contact point in the more and more frequent disregarding of whole parts of our cities and in a serene refusal to be involved in their problems. This is dramatically clear in Southern Italy. In the “made to man’s measure” cities of the wealthy Middle/North this trend just assumes different forms. Where there is’t any suburb the managerial and administrative incompetence penetrates even inside historic districts, trying to conceal itself using smoke screens and brilliant communication. Every day, without even noticing them, we pass by places which, instead of generating income, offering services or proposing cultural events remain sadly bolted and not exploited. Spazi docili [Docile Spaces] aims to explore the ways contexts like Florence deny their own stereotype of open, welcoming, rich, culturally dynamic cities. The exclusion from city life seems to be in years by now one of the preferred ways used by ruling classes to reveal their inaptitude to govern urban areas, to renovate them or even only to mark them with cultural policies. The project starts using spaces documentation - with urbanistic-architectural-functional tools - as a key to understand and confront the embarrassing irrelevance, regarding culture but not only, of italian politics. The second layer of this project is focused on analysis of gathered materials. Researchers and specialists of different fields will be involved in a constant critical reflection and diffusion of results. The third layer is the artistic one: from documentation and rational understanding of reality to empathetic, visceral, arational understanding. Artistic media to shape new ways to imagine places; to suggest to the people new ways of seeing and using their own spaces; to free places from urban decay, which is always based on the categories we use to see and judge, apart from the reality of facts. The judgement is already inside us. Only art can change these mental biases, even in short amounts of time. In this way art can change the world.
Fabrizio Ajello/Christian Costa - Spazi docili
Pezzi di città abbandonati, negletti, ignorati. Edifici storici murati, giardini monumentali divenuti terra incolta, strutture industriali fatiscenti, luoghi di cultura lasciati morire. Qui il Potere, divenuto alterità inconoscibile, ci osserva. Il potere di ignorare o di riqualificare, di cambiare comunque la vita delle comunità. Non siamo noi a guardare tali spazi, sono essi a scrutare noi e ad imbarazzarci, a schiacciarci.
I processi di globalizzazione e le crisi economiche ad essi legate stanno spingendo sempre più periferie, complessi industriali e, in genere, luoghi non immediatamente gestibili o sfruttabili verso l’abbandono e l’oblio. Come se ciò non bastasse in Italia da diversi anni sembra ormai del tutto smarrita la capacità di affrontare il territorio e di pianificare una sana vita culturale. Il punto di contatto tra queste due tendenze è costituito dalla sempre più frequente rimozione di intere parti delle nostre città e dal placido rifiuto di affrontarne i problemi. Se ciò risulta drammaticamente evidente nel Meridione d’Italia, nelle città “a misura d’uomo” del ricco Centro-Nord questa congiuntura si declina semplicemente secondo forme diverse. Dove mancano le periferie l’incapacità gestionale e amministrativa penetra fin dentro i centri storici, cercando di nascondere sé stessa attraverso operazioni di facciata e comunicazione brillante. Ogni giorno, senza nemmeno riconoscerle, passiamo accanto a strutture che invece di generare reddito, offrire servizi, proporre discorsi culturali restano malinconicamente sprangate e non utilizzate. Il progetto Spazi docili intende esplorare le modalità attraverso le quali realtà come Firenze smentiscono il proprio stereotipo di città aperta, accogliente, ricca, culturalmente dinamica. La sottrazione di intere aree dal vissuto cittadino sembra essere ormai da anni una delle forme privilegiate attraverso le quali le classi dirigenti rendono palese la loro incapacità di gestire il territorio, riqualificarlo o anche solo connotarlo attraverso politiche culturali. Questo progetto intende partire dalla documentazione degli spazi attraverso un discorso eminentemente urbanistico-architettonico-funzionale come chiave di lettura per capire e affrontare la sconcertante irrilevanza, in campo culturale ma non solo, della classe politica italiana. Secondo aspetto del progetto è quello dell’analisi dei materiali raccolti, attraverso il coinvolgimento di tecnici e ricercatori secondo un approccio multidisciplinare, in una continua riflessione critica e divulgazione dei risultati. Terzo livello è quello artistico: partire dalla documentazione e comprensione razionale della realtà per arrivare alla comprensione empatica, di pancia, arazionale, secondo le forme dell'arte. I linguaggi artistici per creare nuovo immaginario connesso ai luoghi; per far concepire alle persone modi diversi di vedere ed usare i loro spazi; per far uscire i luoghi dal degrado, che parte sempre, prima di tutto, dalle categorie secondo le quali guardiamo e valutiamo la realtà, a prescindere da essa. Il giudizio è già dentro di noi. E solo l'arte cambia tali forme mentali, e anche nel breve periodo. Così l'arte può cambiare il mondo.
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