A cura di Patrizia Silingardi e Francesca Pincelli
Narra Ludovico Ariosto che alla ricerca della perduta ragione dell’innamorato Orlando (racchiusa come distillato in una famigerata fiala), il cavalier Astolfo, a cavallo dell’Ippogrifo, approda in una fantasmagorica Luna ritratta come una disordinata cloaca postdiluviana in cui sono raccolte tutte le cose che si sono perdute sulla Terra. Sorta di grandiosa discarica di oggetti prossimi alla ripulsa e all’oblio, la Luna ariostea si presta all’omologia con i rovinosi fondali postmoderni cui l’estetica di Stefano Pasquini si rivolge per selezionare la "materia prima" che andrà a costituirne i manufatti artistici. Per curiosa similitudine la fiala descritta da Ariosto è conforme al capolavoro duchampiano 50 cc air the Paris (27.12.1919, readymade – ampolla di vetro, originale rotto e replica riparata fornita da Duchamp, 1949, Filadelfia, Philadelphia Museum of Art, The Louise and Walter Arensberg Collection), opera emblematica al fine della comprensione della sezione di lavori quali sono stati scelti per tale evento espositivo. Della sterminata produzione artistica di Stefano Pasquini, la possibilità di contenere l’incontenibile, il gusto astruso per quegli oggetti ambigui, leggermente surreali, in cui si condensa un eccesso di senso e significato, è il pretesto per raccontare una sua indole estetizzante e marginale che si distingue dalla lungimirante ricerca kitsch e post-punk che caratterizza molta parte del suo lavoro (2). In particolare si tratta di una serie di assemblage catturapolvere e al limite della scultura, provocatori accumuli di oggetti disparati, incorniciature, grafismi a cui è assegnato lo statuto di reliquia, preziosimo, e unicità. Permeata dalla passione duchampiana per la reticenza – intesa non come silenzio ma come ambiguità attraverso il silenzio - la selezione dei lavori sarà interessata da implicazioni sentimentali quali la preservazione, la testimonianza e l’affezione sentimentale. In questi modi, in luogo all’utopia nichilista, la rumorosità mondana del residuo postmoderno si placa nel silenzio apparente, nella volontà e nell’occasione in cui è possibile l’applicazione del principio "religioso" della veneratio. Finalmente posti sopra al "piedistallo" dell’Arte, elevati al rango, gli oggetti, in primo luogo misconosciuti, demitizzati, sottoposti al dislocamento e allo stravolgimento funzionale, appaiono infine come silenziosi, senza alcun racconto urlato e pittoresco, ora prostrati con discrezione alla benevolenza e alla venerazione dell’osservatore.
Vetustaviacarteria60modena41100 Orari: venerdì e sabato 17.00 – 19.00 e su appuntamento +39 3475601841+39 3316825625/ studiovetusta@gmail.com studiovetusta.blogspot.com
La cartella stampa con immagini in alta è scaricabile subito su http://www.stefpasquini.com/email-news/veneratio/CSveneratio.zip (28 mb)
(2) "Estetica catastrofica del caos, del rottame, dello strappo, del collage, del recupero e della manipolazione: estetica della pura negazione e del capovolgimento sistematico di tutti i valori. Le usuali gerarchie sono letteralmente messe sottosopra: il brutto prende il posto del bello, il cattivo gusto si autoproclama buon gusto. Come nell’alambicco di un alchimista folle, ciò che vi è di più vile si trasforma in ciò che vi è di più prezioso. Tutti i valori si invertono e si annullano, omologandosi; il caos è celebrato come un nuovo ordine e l’oscuro, il torbido sono l’unica luce tollerata. P. BOLLON, Elogio dell’apparenza. Gli stili di vita dai Merveilleux ai Punk.
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