Il Villino Favaloro di Palermo – aperto per la prima volta al pubblico dopo tredici anni di chiusura – ospita il terzo e ultimo capitolo della trilogia espositiva Le stanze d’Aragona, a cura di Andrea Bruciati ed Helga Marsala, con le opere di trentasei artisti italiani di diverse generazioni, fra maestri e mid career di livello internazionale, e giovani artisti emergenti del panorama contemporaneo. Il progetto, promosso e organizzato da RizzutoGallery (Palermo), è realizzato in collaborazione con il Comune di Palermo e la Soprintendenza Regionale Beni Culturali e Ambientali di Palermo, con il supporto dell’Ersu (Ente Regionale per il Diritto allo Studio Universitario) e con il patrocinio dell’Assessorato dei Beni culturali e dell’Identità siciliana della Regione Siciliana.
IL PROGETTO Le stanze d’Aragona nasce con l’intento di avviare una ricognizione della scena pittorica italiana degli ultimi anni, filtrata dallo sguardo di due curatori, con un’attenzione particolare rivolta alle nuove tendenze dell’astrazione e della pittura concettuale. Il progetto si è articolato attraverso due mostre collettive minori, composte da otto artisti ciascuna e ospitate negli spazi di RizzutoGallery a marzo e maggio 2015; un’anticipazione del lavoro più ampio, che prenderà corpo col terzo e ultimo appuntamento al Villino Favaloro, dove ai sedici artisti già coinvolti se ne aggiungeranno altri venti. Le opere sono state in parte create appositamente per l’evento e in parte selezionate insieme agli artisti, dalla loro produzione più recente o più significativa. “Scegliere Palermo e scegliere un titolo dal sapore quattrocentesco, che riporti alla celebre stagione internazionale della cultura siciliana, culminata nei regni di Ferdinando I e Alfonso V d'Aragona, non è un caso. E probabilmente è anche una provocazione. Le stanze d’Aragona si svolge in una città oggi considerata marginale, che un tempo fu fucina di avanguardie e talenti straordinari, per ribadire che il cuore delle cose, la sostanza, lo sguardo differente, appartengono non alle forme e agli equilibri provvisori, non alle gerarchie e alle tendenze accreditate. Anzi. Qualche volta è intorno alle luminose periferie – del mondo, ma soprattutto del pensiero – che i tanti centri possibili ruotano e si ridefiniscono.”[Helga Marsala] “La grande tradizione della pittura italiana, nell’ultimo scorcio di secolo non sufficientemente premiata dai contesti internazionali, resta una realtà intorno a cui recuperare consapevolezza e costruire dinamiche di pensiero, di indagine intellettuale, di veicolazione istituzionale e anche di mercato. Che la pittura sia una delle massime espressioni della cultura italiana, in dialogo con le vicende internazionali, resta il punto focale. Riaccendendo un dibattito di spessore sulla contemporaneità, la storia dell’arte recente, le direzioni future da immaginare e un presente scosso da mutamenti radicali.” [Andrea Bruciati]
LA MOSTRA Trentasei gli artisti diche hanno aderito al progetto, quasi tutti dediti principalmente alla pittura: Giuseppe Adamo (Alcamo, Palermo, 1982), Paola Angelini (San Benedetto del Tronto, 1983), Stefano Arienti (Asola, Mantova, 1961), Domenico Bianchi (Roma, 1955), Renata Boero (Genova, 1936), Jacopo Casadei (Cesena, 1982), Antonio Catelani (Firenze, 1962), Manuele Cerutti (Torino, 1976), Paolo Chiasera (Bologna, 1978), Stefano Cumia (Palermo, 1980), Matteo Fato (Pescara, 1979), Giulio Frigo (Arzignano, Vicenza, 1984), Gaia Fugazza (Milano, 1985), Anna Gramaccia (Perugia, 1980), Andrea Grotto (Schio, Vicenza, 1989), Tiziano Martini (Soltau, Germania, 1983), Andrea Mastrovito (Bergamo, 1978), Cristiano Menchini (Viareggio, 1986), Maria Morganti (Milano, 1965), Lorenzo Morri (Jesi, 1989), Nunzio (Cagnano Amiterno, L’Aquila, 1953), Paolo Parisi (Catania, 1965), Alessandro Pessoli (Cervia, 1963), Lucio Pozzi (Milano 1935), Barbara Prenka (Gjakova, Kosovo, 1990), Riccardo Previdi (Milano, 1974), Pietro Roccasalva (Modica, 1970), Alessandro Roma (Milano, 1977), Giovanni Sartori Braido (Mestre, Venezia, 1989), Vito Stassi (Palermo, 1980), Massimo Stenta (Trieste, 1991), Marco Tirelli (Roma, 1956), Sulltane Tusha (Durazzo, Albania, 1988), Marco Useli (Nuoro, 1983), Claudio Verna (Guardiagrele, Chieti, 1937), Serena Vestrucci (Milano, 1986). La mostra presenta opere che vanno dal 2001 al 2015, nel tentativo di restituire uno spaccato coerente, quanto diversificato, della ricerca pittorica più attuale, evidenziando al tempo stesso segni di rottura e linee di continuità rispetto al passato. Si passa, infatti, da un’opera di Pietro Roccasalva del 2001, che apre simbolicamente questo quindicennio, ai lavori creati appositamente per l’esposizione: alcuni di artisti affermati, quali Nunzio e Domenico Bianchi, altri di figure emergenti, tra cui Giuseppe Adamo, Stefano Cumia, Anna Gramaccia, Andrea Grotto. Tutte le opere, incluse quelle di artisti di riferimento degli anni Sessanta, Settanta, Ottanta, appartengono alle produzioni recenti. Ne viene fuori una fotografia di questo momento storico, tra indagine sulla superficie, contaminazioni e ricerca concettuale, procedendo dalla tensione fra astratto e figurato fino all’astrazione più radicale, in un raffronto dinamico tra artisti di diverse generazioni. “L’astrazione guida la traiettoria del progetto, ma non la esaurisce. Sono così presenti artisti per cui l’elaborazione del mondo passa attraverso forme fluide, geometriche, ritmiche, gestuali o segniche, analitiche o sintetiche. Artisti che al contempo superano, in molti casi, il più algido formalismo, giungendo a un’epifania visiva fatta di vibrazioni e di scambi osmotici tra la natura, il tempo e lo spazio, tra gli oggetti e le loro tracce, tra la superficie come dimensione epidermica e il processo pittorico come elaborazione alchemica, cosmologica, percettiva o spirituale. Astrazione radicale, dunque, ma anche simbolico-formale. Parimenti, il lavoro intorno all’astrazione incontra singole ricerche che includono riferimenti alla figurazione, ma sempre in una chiave fortemente concettuale, lontana dalla narrazione, dal realismo o dal racconto fantastico. La pittura, infine, è letta qui nella sua forma più rigorosa, persino tradizionale (una pittura-pittura), ma anche nell’esperienza di ibridazione con altri linguaggi – dalla scultura all’architettura, passando per il video e l’installazione – ponendosi più che altro come attitudine, vocazione, orientamento dello sguardo e del pensiero”. [Andrea Bruciati ed Helga Marsala]
IL VILLINO FAVALORO Gioiello del Liberty palermitano, immerso nel cuore della città, lungo la centralissima via Dante, il Villino Favaloro è stato progettato e costruito dal celebre architetto Giovan Battista Filippo Basile nel 1889-1891. Il figlio, Ernesto Basile, completò la struttura tra il 1913 e il 1914. L’abitazione appartenne prima alla famiglia Favaloro e poi al Senatore Giuseppe Di Stefano. Col suo giardino unico, la sua serra in ferro e vetro, la preziosa torretta ottagonale coi decori musivi di Salvatore Gregorietti e i saloni ricchi di affreschi e decorazioni floreali, viene considerato il primo esempio di architettura modernista a Palermo. “La Soprintendenza Regionale Beni Culturali e Ambientali di Palermo, nelle more della definizione delle procedure atte all'allestimento del Museo della Fotografia "Enzo Sellerio", di cui il Villino Favaloro è sede istituzionale, ha deciso di riaprire eccezionalmente lo stesso promuovendo la mostra Le stanze d’Aragona. Un’occasione speciale per i palermitani, che si vedranno restituire temporaneamente un importante monumento cittadino, in attesa della riapertura definitiva”. [Soprintendenza BB.CC.AA. Palermo]
IL CATALOGO La mostra sarà accompagnata da un catalogo bilingue, in italiano e inglese, con un’ampia selezione di immagini e testi critici, relativi all’intera trilogia. Il volume sarà presentato nel corso della mostra.
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