Tra due fuochi Nicola Vitale
La mostra Tra due fuochi unisce la pittura di Gianantonio Abate, Ernesto Jannini, Nicola Vitale e dell’islandese Helgi Fridjónsson. Il Novecento vede dividere una cultura popolare sempre più legata alle mode di intrattenimento (fumetti, illustrazione, film hollywoodiani, musica popolare ecc.) da un’arte considerata “impegnata”, che reagisce alla superficialità edonista di una società opulenta. Ciò avviene già tra Ottocento e Novecento con il nascere dell’arte moderna che si allontana dagli stereotipi del naturalismo. Nella seconda metà del 900 con il nascere dell’arte contemporanea si estenueranno queste tendenze, frequentemente anche con una ibridazione tra tali posizioni opposte, cercando proprio nel "corto circuito" di accostamenti paradossali (come troviamo nella Pop art) una forma espressiva che ha spesso componenti ironiche e provocatorie. O nel nouveaux réalisme dove, seguendo le premesse di Duchamp, oggetti d’uso della più banale quotidianità diventano con una forzatura intellettuale elementi di un linguaggio. L’arte concettuale, ormai totalmente intellettualizzata, tende a una smaterializzazione dell’opera e al suo annullamento in forme di protesta, così come vari aspetti di queste tendenze sono orientati alla provocazione. La frammentazione della contemporaneità, espressa da quest’arte così irrequieta e controversa, ha portato a una scissione della coscienza dell’uomo occidentale, dove intelletto e sensibilità sono separati, da una parte in una eccessiva intellettualizzazione sempre più fine a se stessa, e dall’altra in forme del sentimento degradate, in stereotipi di largo consumo ridotti a elementi del puro intrattenimento, mentre una reattiva aggressività è sintomo di una diffusa perdita del senso. Questa scissione è alla base del disagio esistenziale contemporaneo dove la mano destra non sa più cosa fa la sinistra, dove il pensiero, l’immaginazione, il sentimento, sembrano non riuscire più a trovare connessioni e costituire un senso profondo e stabile su cui fondare valori condivisibili. La lacerazione che apre oggi a un futuro incerto, impone di ritrovare proprio nell’arte quello strumento per ricucire quella frattura. Questi artisti ripropongono una nuova unità degli elementi scissi, sottraendoli a una coscienza separata: stereotipi della cultura popolare che ritrovano, con un approfondimento del valore estetico dell’immagine, l’unità con strutture del pensiero, in una nuova armonia. Ciò viene realizzato più che con una forzatura dello stile (attitudine oramai esaurita) con una organicità dell’opera, che si allontana da ogni forma di ironia o provocazione, pur nel carattere giocoso delle figurazioni. Lo fanno in modo sottilmente diverso coordinando due tendenze in una nuova sinergia: da una parte privilegiando l’aspetto estetico delle forme e dei colori che creano un tensione interna irradiante, una “solarità” che unisce e sublima gli elementi in gioco, dall’altra costruendo un linguaggio che possa ritrovare armoniche congiunture significative tra i punti nevralgici in cui si esprimono i diversi livelli di coscienza. Questo orizzonte espressivo è nato negli anni Ottanta, annoverato erroneamente nel vasto movimento della cultura Postmoderna, si muove invece verso una nuova atemporalità, dunque non soggetta al destino di repentino tramonto di un’arte basata solo sull’analisi del linguaggio. Ha trovato una esplicita teorizzazione nel libro di Nicola Vitale, Figura Solare (Marietti 2011). |