“Vivir para contarla” suggeriva il grande Premio Nobel Gabriel García Márquez, e così se ne volava a Cuba per i suoi seminari di cinema. Cuba, isola della musica insolubilmente legata all’aura retró dei Buena Vista Social Club, ha qui lo stesso valore di certe zone ormai mitiche degli Stati Uniti. La melodia (ovvero il son, il boogie e il blues) si fonde ai frammenti di un racconto visivo. Da qui pare attingere Michela Mattioli: forse non esattamente dallo stesso contesto strutturale, ma comunque da un’esperienza che è in primo luogo individuale, anche se trasfigurata nell’atmosfera nebulosa del sogno. |
Sabato 31 gennaio 2015 ore 17:00 Palazzo Stella - inaugurazione
LA FORMA DELLA MUSICA mostra personale di Micaela Mattioli a cura di Elena Colombo
aperta fino al 18 febbraio 2015 da martedì a sabato ore 15:30 – 19:00
Genova, SATURA art gallery
S’inaugura sabato 31 gennaio 2015 alle ore 17:00 nelle suggestive sale di Palazzo Stella a Genova, la mostra “La forma della musica” di Micaela Mattioli a cura di Elena Colombo. La mostra resterà aperta fino al 18 febbraio 2015 con orario 15:30 – 19:00 dal martedì al sabato.
“Vivir para contarla” suggeriva il grande Premio Nobel Gabriel García Márquez, e così se ne volava a Cuba per i suoi seminari di cinema. Cuba, isola della musica insolubilmente legata all’aura retró dei Buena Vista Social Club, ha qui lo stesso valore di certe zone ormai mitiche degli Stati Uniti. La melodia (ovvero il son, il boogie e il blues) si fonde ai frammenti di un racconto visivo. Da qui pare attingere Michela Mattioli: forse non esattamente dallo stesso contesto strutturale, ma comunque da un’esperienza che è in primo luogo individuale, anche se trasfigurata nell’atmosfera nebulosa del sogno. I colori, come accenti di una composizione malinconica, inseriscono il figurativo su sfondi sfumati che derivano dalla sperimentazione informale. Tinte seppiate richiamano le vecchie foto, con la loro eleganza e il loro fascino da Belle Époque. Gli strumenti, assoluti protagonisti prima ancora del gesto umano del suono, diventano soggetti e asse prospettico della composizione, emergendo dalla bruma della memoria. Così, ogni opera è come una voce smorzata che congiunge il passato e il presente cucendo insieme gli episodi: dalle cartoline vivaci di Toulouse-Lautrec al documentario “Sound City – from Real to Reel”, sembra di assistere alle prove per uno spettacolo un po’ triste: ci sono gli artisti però non manca nemmeno il pubblico; un pubblico fatto di donne in attesa, ben vestite per una festa annunciata. Sono presenze universali, figure immaginabili perché private di un’identità somatica, importanti non per la personalità dei tratti, quanto per la volumetria tornita dei corpi, che le rende modelli ideali di uno schizzo più che singole realtà, come se si trattasse di manichini per il disegno o per le creazioni di sartoria. |