Carmelo Rifici dirige “Visita al padre” di Roland Schimmelpfennig: l’identità negata delle nuove generazioni, la nuova produzione del Piccolo Teatro di Milano, con Massimo Popolizio, Anna Bonaiuto e Marco Foschi. Il drammaturgo tedesco è, in Germania, l’autore del momento e una delle penne più interessanti della letteratura teatrale contemporanea. Nato nel 1967 a Gottinga, ha lavorato come giornalista e scrittore freelance a Istanbul; poi si è dato al teatro al Münchner Kammerspielen, alla Berliner Schaubühne, al Royal Court di Londra, alla Deutsches Schauspielhaus di Amburgo. |
Piccolo Teatro Studio Melato (via Rivoli 6 – M2 Lanza) dal 18 gennaio al 16 febbraio 2014
Visita al padre di Roland Schimmelpfennig traduzione Roberto Menin regia Carmelo Rifici scene Guido Buganza costumi Margherita Baldoni luci Claudio De Pace musica di Daniele D’Angelo
Personaggi Interpreti La professoressa Paola Bigatto Edith Anna Bonaiuto Nadia Caterina Carpio Peter Marco Foschi Marietta Mariangela Granelli Heinrich Massimo Popolizio Isabel Sara Putignano Sonja Alice Torriani
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Foto di scena Attilio Marasco
Un ragazzo di cui non si sa nulla se non il nome, Peter, bussa alla porta di una casa, perduta nella campagna tedesca. Dice di essere il figlio di Heinrich, il padrone di casa, maturo intellettuale che da anni lavora, senza riuscire a concluderla, a una traduzione del Paradiso perduto di Milton. Nessuno aveva notizie dell’esistenza di Peter, nato da una relazione occasionale intrattenuta da Heinrich molti anni prima, e sempre vissuto negli Stati Uniti. Lo stesso giovane si era sempre creduto orfano. Alla morte della madre, la rivelazione dell’esistenza in vita di Heinrich e la decisione di partire, alla volta dell’Europa e della “famiglia”. Nella villa Heinrich vive tra legami ambigui, circondato da sole donne: la moglie Edith, la figlia che hanno avuto insieme, la figlia di primo letto e la nipote della stessa Edith, una professoressa, collega di lavoro, che si è recata a fargli visita portando con sé la propria giovane figlia. Heinrich è l’unico maschio all’interno di una casa abitata solo da donne, che non possono avere figli. Donne che chiedono di avere un ruolo, che devono inventarselo. Nel gruppo si inserisce violentemente un nuovo maschio dominante, il giovane Peter. Heinrich si innamora della giovane nipote. Edith è sedotta da Peter, di cui ignorava l’esistenza. Si attua lo scontro “mitico” tra padre e figlio. Schimmelpfennig ragiona sul concetto di memoria, tra storia e cultura, e della mancata “eredità” nel rapporto fra due generazioni. “In questo testo”, spiega Rifici, “ritrovo un tema che ho incontrato già nel teatro di Lars Norén, di Heiner Müller e di Botho Strauss: la constatazione di un passato rimosso, in Germania e in Europa. La mancata riflessione su un’eredità storica scomoda - nazismo, fascismo, e fine del comunismo – ha pertanto impedito il passaggio dalla vecchia alla nuova generazione. Un mondo di padri senza cuore, incastrati in un sistema da cui non vogliono uscire, è posto sotto assedio da giovani privi di una storia, di un passato e di un’identità ma che, come Peter, desiderano trovare una loro collocazione nel mondo e non riuscendoci non riescono ad agire se non attraverso la distruzione”. “Visita al padre ritrae una determinata classe”, spiega lo stesso Schimmelpfennig. “È qualcosa di politico o si tratta di un’immagine riflessa? Per me teatro politico significherebbe lo sviluppo di una visione politica e sociale al di là delle grandi questioni di morale, torto e ragione. Ma il teatro non è mai astratto, tema del teatro è l’uomo, l’individuo. Per me il teatro tratta sempre il cambiamento. O di un desiderio di cambiamento o del fallimento del cambiamento”.
Orari: martedì e sabato ore 19.30; mercoledì, giovedì e venerdì ore 20.30; domenica ore 16.00. Lunedì riposo.
Durata: 2 ore e 20 minuti compreso intervallo
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